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mercoledì 16 gennaio 2013

 Nell’istituto di Contrada Capodimonte a Benevento, ad esempio, è scoppiato l’allarme tubercolosi quando quattro poliziotti penitenziari sono risultati positivi al test.


Valentina Ascione

Giustizia: chi mal comincia…

16-01-2013


Non si può dire che il 2013 delle carceri si sia aperto sotto i migliori auspici. Nell’istituto di Contrada Capodimonte a Benevento, ad esempio, è scoppiato l’allarme tubercolosi quando quattro poliziotti penitenziari sono risultati positivi al test.
Gli accertamenti sugli agenti erano stati disposti dopo che i sanitari avevano diagnosticato l’infezione a un detenuto: peraltro lavorante e dunque con maggiori possibilità di incontro e contatto con il personale di polizia e gli altri operatori penitenziari.
Come ha ricordato il sindacato di polizia penitenziaria Sappe, il tasso di diffusione della tubercolosi tra i detenuti rispetto alla popolazione comune è 23 volte più alto per quanto riguarda la forma conclamata e 26,4 volte maggiore per quella latente. E anche 1’8,5 per cento dei casi di contagio esterni sarebbero da attribuire a contatti con la popolazione carceraria. Ecco perché da tempo le organizzazioni sanitarie pongono l’accento sulla necessità di arrestare il contagio in questa fascia di persone particolarmente a rischio.
Ma non è tutto. A sole 48 ore dall’inizio dell’anno si è anche registrato il primo suicidio in cella, quello all’Ucciardone di un operaio edile imputato per omicidio e in attesa di essere giudicato con rito abbreviato.

Ufficio stampa di Rita Bernardini e dei Radicali. Scrive per il giornale "Gli Altri".

Un recente dossier dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere di “Ristretti Orizzonti” spiega che nel nostro Paese la frequenza dei suicidi nella popolazione reclusa è di 20 volte superiore alla media. Certo, in moltissimi casi alla base di questi gesti estremi ci sono ragioni personali, problemi familiari o comunque legati alla vita privata di chi li compie. Tuttavia, fa sapere “Ristretti Orizzonti”, un semplice studio comparativo farebbe ritenere che almeno i due terzi dei suicidi siano correlati al “fattore ambientale”. Intendendo, con ciò, non tanto l’ambiente carcerario in sé, quanto la condizione detentiva “al di fuori della legalità” dovuta al grave stato di sovraffollamento, a fronte di una carenza cronica di personale e di risorse per il lavoro e il trattamento dei detenuti.

E sebbene il suicidio non sia una malattia infettiva, sembra aver “contagiato” anche i poliziotti penitenziari che si tolgono la vita con una frequenza tre volte maggiore rispetto alla norma e anche rispetto agli altri corpi di polizia. E se ogni anno si uccidono in cella circa 60 detenuti, sono quasi cento i baschi blu suicidi negli ultimi dieci anni, sì legge ancora nel dossier.
Ad eccezione dei radicali, che promuovono la lista di scopo “amnistia, Giustizia, Libertà”, nel dibattito elettorale però non vi è quasi traccia della drammatica situazione delle carceri italiane. Dopo tutte le belle parole degli ultimi mesi, quindi, non solo non sono arrivati i fatti, ma neppure i tradizionali buoni propositi per il nuovo anno.
*da “Gli Altri”
 

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