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sabato 2 febbraio 2013


Valter Vecellio

Ora anche i “big” sembrano accorgersi dell’emergenza carcere. Per meglio ignorarla

01-02-2013
Ora sembra che se ne accorgano anche i “big”. Cosa dice Silvio Berlusconi? Che le carceri italiane sono in condizioni “inaccettabili… Le carceri non sono soltanto vecchie e non in grado di accogliere quel terzo di posti in più rispetto ai 40mila posti letto che esistono…a un cittadino non viene tolta solo la libertà, ma anche la dignità, con celle con un solo servizio che dire igienico è un eufemismo, non si può consentire che oltre alla libertà sia tolta anche la dignità e la salute”. E cosa dice il leader del Partito Democratico che già si sente inquilino di Palazzo Chigi, Pierluigi Bersani? “Bisogna risolvere il vergognoso tema delle carceri in Italia”, a conclusione della sua visita nel carcere di Padova.
Molto bene, e molto giusto, naturalmente. Ma sorge spontanea la domanda: a chi lo dicono? Sono loro che guidano le due maggiori forze politiche rappresentate in Parlamento. Perché dicono quello che occorre fare, e non spiegano invece, perché finora non l’hanno fatto?
Intanto, come si è sottolineato nei giorni scorsi – ma a quanto pare non è “notizia”, dal momento che sembra interessare ben poco – il nostro paese continua a essere sul banco degli accusati. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ha accolto la denuncia di un detenuto italiano, Bruno Cirillo, recluso nel carcere di Foggia; Cirillo ha dichiarato di essere stato vittima della violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sul divieto di trattamenti degradanti e disumani. La denuncia si riferisce a un'insufficienza di cure ricevute per la paralisi parziale di cui soffre il detenuto. La Corte impone allo Stato di versare all'imputato, nei tre mesi successivi alla data in cui la sentenza sarà diventata definitiva, la somma di diecimila euro per danni morali più tremila per le spese. In sostanza, ritiene che "le autorità abbiano mancato al loro obbligo di assicurare al richiedente il trattamento medico adatto alla sua patologia"; considera quindi che "la prova che egli ha subito a causa di ciò ha superato il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e ha costituito un trattamento inumano o degradante", così come inteso dall'articolo 3 della Convenzione.
Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.

Condanne frequenti; se si esaminano le sentenze emesse dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la maggior parte di condanne riguarda inadempienze gravi consumate dal nostro paese; e se queste sentenze e condanne non sono molte di più, ciò probabilmente lo si deve al fatto che tanti non sanno che esiste questa possibilità di rivalersi quando un nostro diritto viene calpestato. Ma è da credere che se accadesse qualcosa di simile a quello che si vede nei telefilm e film americani, quando all’atto dell’arresto si viene avvertiti che quello che si dirà potrà essere utilizzato e si ricorda il diritto di tacere, e cioè ogni detenuto venisse informato dei suoi diritti, si verrebbe letteralmente travolti da ricorsi, sentenze, condanne di risarcimento. Lo ricorda Rita Bernardini: “Potrei elencare altri casi di detenuti che se presentassero ricorso alla Corte di Strasburgo otterrebbero un risarcimento per mancanza di cure. A Rebibbia un uomo ha le arterie femorali occluse, doveva essere operato un anno fa. Da quando è entrato in carcere è dimagrito di 35 chili, ha le gambe nere e rischia di morire da un momento all’altro perché non è curato a dovere. Un detenuto di Vicenza invece, ha gravi patologie all’orecchio. Deve sottoporsi continuamente all’asportazione di polipi che si formano. Non ha i denti e ha i canali aperti. Non può mangiare se non pane e acqua. Inoltre ha problemi all’anca. Addirittura la madre non riesce ad avere informazioni sul suo stato di salute, al punto che l’ultima volta ha dovuto chiamare i carabinieri per avere notizie del figlio. Questi sono solo gli ultimi due di migliaia di casi del genere. L’amministrazione penitenziaria scarica la responsabilità all’ASL che ora gestisce la sanità all’interno delle carceri e si finisce che i detenuti, oltre a essere privati della libertà vedono venir meno anche il diritto di ricevere cure…”.
Che la situazione sia giunta a livelli ben oltre il livello di guardia lo documentano “piccole” notizie che passano inosservate. Un giorno è il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati a raccomandare i suoi sostituti di “far un uso parsimonioso della custodia cautelare”; un altro è la corrente progressista dei magistrati, Magistratura Democratica a ipotizzare “un possibile rinvio dell’esecuzione della pena detentiva quando le condizioni non garantiscono la dignità dei condannati”. Mentre l’ex ministro della Giustizia e presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick suggerisce il carcere “solo per reati gravi e soggetti pericolosi. Oggi il carcere è una discarica sociale, la cui popolazione è composta per il 30 per cento da tossicodipendenti e un altro 30 per cento da extracomunitari. Tutto fa, tranne che favorire il recupero, il reinserimento, la riabilitazione”.
Un esame dei programmi dei maggiori partiti e coalizioni che chiedono agli elettori fiducia e voto per poter governare, al riguardo fa ben poco sperare. Le questioni relative al carcere e alla giustizia sono relegate in poche righe, generiche dichiarazioni d’intenti. Ma sono questioni che Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi, Mario Monti, Roberto Maroni, Antonio Igroia, Beppe Grillo, Nichi Vendola, potranno continuare a eludere e ignorare; come finora hanno fatto.
 

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