RINVIATA AL’16 SETTEMBRE L’UDIENZA PER IL PROCESSO
CONTRO
Mariano Maffei ex capo della Procura
sammaritana sotto processo a Roma per
calunnia e abuso di ufficio.
Una delle parti civile è il
procuratore di Isernia Paolo Albano. Maffei, anche per questo, è stato
sospeso dalle sue funzioni di presidente
della commissione tributaria di Napoli. -
Sentiti i testimoni dell’accusa e della difesa – Il Sen. Avv. Ferdinando Imposimato, parte civile :”No alla prescrizione”.
in piedi il dr. Paolo Albano seduto l'ex piemme Maffei |
Ferdinando
Terlizzi
Inviato
Roma – Si è svolta, l’altro giorno, presso la 2° Sez. penale del Tribunale di
Roma, un’altra udienza del processo a carico di Mariano Maffei, ex Procuratore della Repubblica del Tribunale
di S. Maria C.V., sotto processo per i
gravissimi reati di calunnia e abuso di ufficio, nei confronti del suo aggiunto ( oggi
Procuratore Capo di Isernia ) Dr. Paolo Albano e del Sostituto Procuratore, Dott.ssa Filomena Capasso in servizio alla
Procura di Napoli. Sono stati escussi i
testimoni di lista del piemme e quelli delle parti. Poi l’udienza è stata
levata ed aggiornata al prossimo settembre.
L’inchiesta di Roma, però, ha già travolto il Maffei, (privandolo della
carica di Magistrato Tributario) noto
in tutta Italia, non solo per la sua
“esilarante” intervista finita su youtube, ( Un procuratore da
strapaese: “Ma che state registrando? Spegnete tutto”), che ha fatto sbellicare di risate migliaia
di utenti web, in occasione dell’
arresto di “Nutella”, Sandra Mastella,
e della iscrizione dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, nel registro degli indagati, con le
conseguenti dimissioni e la caduta del Governo;
ma anche per essere stato oggetto di interrogazioni Parlamentari ( On. Mario Gazzilli, PDL,
ex piemme della Procura samaritana )
che lo additavano quale soggetto che aveva tentato di condizionare la “par condicio creditorum” del crac dei
fratelli De Asmundis, pretendendo la restituzione di quanto investito in
precedenza ( si parlò di 750 milioni delle vecchie lire ) in imminenza del fallimento della Finanziaria
Somme poi parzialmente recuperate grazie
ad azzeccate azioni giudiziarie che
hanno coinvolto la Consob.
Il processo, invece, di cui ci
occupiamo è nato in seguito ad un
esposto del Procuratore Aggiunto Dr. Paolo Albano, ( allora in servizio a S. Maria C.V., ed oggi Procuratore Capo presso la Procura di
Isernia), con il quale lamentava una
serie di abusi e di interferenze del Procuratore Capo nei suoi confronti e nei
confronti di alcuni colleghi. Dopo
vari anni di istruttoria,
il Gup Dr. Maurizio
Silvestri, su richiesta del Pubblico
Ministero di Roma, Dr. Giancarlo Amato,
rinviava a giudizio il Maffei. per abuso
di ufficio formulando il seguente capo di imputazione: “perché agendo
nell’esercizio delle sue funzioni di Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di S. Maria C.V. in violazione della disposizione contenuta nell’art.
335 C.P.P. ( che consente l’iscrizione nell’apposito registro soltanto di
effettive “notizie di reato” pervenute dalla polizia giudiziaria ovvero
acquisite di iniziativa dagli uffici di Procura ) cagionava intenzionalmente
ingiusto danno al Procuratore Aggiunto della Repubblica Paolo Albano, in
servizio presso il richiamato ufficio giudiziario, con le seguenti condotte:
In data coincidente o immediatamente
successiva al 7/6/2006 il Dottor Maffei veniva a conoscenza, attraverso il
Sostituto Procuratore della Repubblica Maria
Di Mauro ( in servizio presso l’ufficio da lui diretto e titolare del
procedimento penale 58/06 mod. 21 nell’ambito del quale erano svolte indagini
in merito a presunti illeciti ascrivibili al dottor Giuseppe Tatavitto, medico presso l’ospedale di S. Maria C.V. per
la predisposizione di falsi titoli professionali in occasione di un concorso da
lui vinto, bandito per il conferimento dell’incarico di Direttore Sanitario di
quel presidio, (per questo è stato recentemente condannato a nove anni di reclusione per
falso in atto pubblico, distruzione di atti, truffa, abuso d’ufficio e
minacce).
Come riportano le cronache del 2006,
Tatavitto avrebbe ottenuto, nel 2003, l'incarico quinquennale di dirigente
medico ingannando la commissione esaminatrice. di una situazione per la quale
relativamente ai medesimi fatti era pervenuto alcuni anni prima presso la
Procura della Repubblica di S. Maria C.V. un esposto anonimo. Esposto che era stato inizialmente trattato
dal Procuratore Paolo Albano con delega alle indagini ai carabinieri di S.
Maria C.V., accompagnata peraltro nel corso dell’attività investigativa da
alcuni biglietti manoscritti con i quali il medesimo magistrato aveva precisato
gli adempimenti da svolgere in maniera più analitica dall’ufficiale di polizia
giudiziaria incarico della trattazione ( maresciallo Enrico Giordano, all’epoca comandante della locale stazione
dell’Arma ); la delega era stata poi riscontrata da informativa a firma del
richiamato sottufficiale, presentata in visione una prima volta al dr. Albano
ma non depositata né registrata presso la Procura di S. Maria C.V., a seguito
di rilievi meramente formali da parte del Procuratore Aggiunto contenendo un
giudizio dell’operante in ordine alla ritenuta assenza di fatti costituenti
reato ( di spettanza più propriamente dell’Autorità Giudiziaria ) e
successivamente riproposta senza il predetto giudizio”.
Il Dottor Albano nonostante l’esito
oggettivamente negativo delle indagini svolte, ritenendo la vicenda meritevole
di approfondimento ulteriore, aveva disposto una nuova iscrizione degli atti
dal modello 46 al modello 21 (sia pure contro “persona da identificare” e non
nei confronti di una specifica persona indagata) con assegnazione automatica
nell’ambito del gruppo specializzato competente al Sostituto Procuratore Dott.ssa Patrizia
Dongiacomo, continuando a seguire gli sviluppi pi ù significativi
dell’indagine ed infine vistando al richiesta dio archiviazione ( dopo che
anche una consulenza grafica non aveva consentito di accertare la falsità
dell’unico documento segnalato come sospetto dal maresciallo Giordano ). Le
successive indagini condotte dalla dottoressa Di Mauro, peraltro, avevano
portato a risultati ben diversi sulla base di una verifica assai più completa
operata dalla polizia giudiziaria da costei delegata ( Comando Provinciale
Carabinieri di Caserta, Nucleo Operativo ) che aveva preso in considerazione
anche altri documenti prodotti dall’aspirante Direttore Sanitario Tatavitto ed
aveva approfondito il tema relativo alla falsità del numero di protocollo del
solo atto sul quale si era concentrato ( peraltro con esito finale negativo )
l’attenzione del Maresciallo Giordano, evidenziandosi in definitiva una
inadeguatezza attività investigativa svolta a suo tempo da quest’ultimo (
ritenuta dolosa dai Carabinieri del richiamato comando Provinciale i quali con
informativa 5/7/2006 denunciavano il solo Maresciallo Enrico Giordano quale autore dei delitti previsti dagli artt. 323
-328 e 479 C.P. ).
Preso atto di quanto sopra il Dr. Mariano Maffei, disponeva per la trasmissione degli atti
contenenti le precedenti investigazioni sfociate in una richiesta di
archiviazione del Sostituto Dongiacomo vistata dal Procuratore Aggiunto Albano, alla Procura della Repubblica di Roma, per competenza funzionale ( ai sensi
dell’art. 11 del C.P.P. ) segnalando eventuali responsabilità del maresciallo
Giordano e “di magistrati di questo ufficio” ed iscrivendo nei confronti del
medesimo Giordano le fattispecie previste dagli artt. 323- 328 e 479 C.P. “In realtà siffatta iniziativa – continua la
richiesta della Procura di Roma - “era stata assunta in totale assenza di
qualsiasi elemento accusatorio, oltre che verso il maresciallo Giordano, nei
confronti del Dottor Albano, di fatto a quel punto prontamente e doverosamente
iscritto quale indagato dalla Procura della Repubblica di Roma all’arrivo degli
atti provenienti dal corrispondenti ufficio sammaritano atteso che egli
appariva quale unico possibile magistrato della Procura della Repubblica di S.
Maria C.V. coinvolto nelle condotte illecite ascritte al maresciallo Giordano
in quanto solo quel Procuratore Aggiunto aveva tenuto i rapporti ed impartito
direttive operative al sottufficiale dei Carabinieri nella conduzione delle
fasi dell’indagine che si assumeva da parte di quest’ultimo intenzionalmente
lacunose; iniziativa del Dottor Maffei che trovava semmai giustificazioni in
precedenti dissidi personali e o professionali con il precedente collega ( che
nessun sospetto di compiacente collusione a vantaggio di un indagato aveva mai
potuto indurre attesa l’assenza di qualsiasi elemento che rilevasse una diretta
conoscenza della persona che sarebbe stata favorita. La iniziale delega di
indagine che era stata disposta, la successiva indicazione di espungere da una
informativa il riferimento all’assenza di reati accertati, la nuova iscrizione
degli atti a modello 21 con assegnazione ad un Sostituto Procuratore che aveva
poi svolto ulteriori indagini anche tecniche )”.
Ed inoltre il Maffei veniva anche rinviato
a giudizio per calunnia aggravata nei
con fronti di dei Sostituti Dr.
Paolo Albano e Dott.ssa Filomena Capasso, “perché ricoprendo l’incarico indicato al
capo precedente incolpava il Procuratore Aggiunto Paolo Albano, pur conoscendone le innocenza, di concorso
nella consumazione dei reati previsti dagli artt. 323 - 328 e 479 C.P.
denunciandolo ( in forma indiretta ma inequivoca ) con le modalità specificate
al capo 1) all’A.G. di Roma ( ai sensi dell’art. 11 C.P.P. pur in assenza di
alcuna effettiva notizia di reato a carico di costui”.
Ed
inoltre il Maffei risponde anche di abuso di ufficio nei confronti oltre che
del Procuratore Aggiunto Albano anche nei confronti del Sostituto Filomena
Capasso per altri fatti. Nel novembre del 2006 il Dottor Maffei veniva a
conoscenza – anche attraverso audizioni testimoniali condotte in prima persona
unitamente ai Sostituti Procuratori Dr. Alessandro
Cimmino e Dr. Luigi Landolfi
(contitolari del procedimento penale 9171/06/ mod. 21 nell’ambito del quale
erano svolte indagini in merito a presunti illeciti ascrivibili a dipendenti
dell’ufficio tecnico Comunale di Orta di Atella ma anche in ordine a possibili
condotte compiacenti da parte di appartenenti alle Forze dell’Ordine), di una
situazione per la quale relativamente ad analoghi episodi di abusi edilizi resi
possibili da connivenze o complicità di tecnici comunali di Orta di Atella era
stato presentato alcuni anni prima, presso la Procura della Repubblica da parte
dei carabinieri di S. Arpino, un esposto anonimo pervenuto a tale Comando;
esposto che i militari avevano in un primo tempo portato presso l’ufficio del
sostituto Procuratore della Repubblica Filomena Capasso, ravvisando un collegamento con altro
procedimento iscritto a mod. 21 assegnato a quel magistrato, ma che subito dopo
era stato portato presso l’ufficio dal Procuratore Aggiunto Paolo Albano,
atteso che la dottoressa Capasso non aveva ravvisato alcuna ragione di
collegamento. Il Dr. Albano aveva dato a sua volta indicazione ai carabinieri
di S. Arpino ( in persona dei marescialli Vincenzo
Franco e Salvatore Ragozzino) di
modificare la missiva di trasmissione dell’esposto anonimo, prima di
depositarla ufficialmente in Procura, nel senso di togliere il riferimento
quale destinatario del Sostituto Procuratore Capasso ( sostituendolo con il suo
nominativo ) ed altresì di eliminare un riferimento al Sostituto
Procuratore Dr. Donato Ceglie, inizialmente indicato quale soggetto nei cui
confronti l’esposto anonimo era stato proposto ( in quanto fratello di un revisore
dei conti presso il Comune di Orta di Atella).
Preso atto di quanto sopra il Dr. Mariano
Maffei disponeva per l’iscrizione dei due più volte citati magistrati nel
registro degli indagati della Procura della Repubblica da lui diretta, quali
autori dei delitti previsti dagli artt. 110 – 490 – 61 n°2 e 11 ( non
disponendo analogamente nei confronti dei marescialli Franco e Ragozzino)
nonché art. 323 C.P. inviando subito dopo gli atti per competenza funzionale
alla Procura di Roma. “In realtà – scrive il piemme romano nell’atto di accusa
a Maffei – “siffatta iniziativa era stata assunta in totale assenza di
qualsiasi elemento accusatorio nei confronti dei dottori Albano e Capasso
trovando semmai giustificazione in precedenti dissidi personali e professionali
con i predetti ( il primo magistrato, infatti, pur avendo ritenuto necessario
di formulare rilievi di natura formale ai carabinieri di S. Arpino, circa la citata missiva di trasmissione
iniziale aveva poi regolarmente accettato il deposito dell’esposto anonimo,
disponendo con riferimento ai fatti ivi rappresentati una tempestiva delega di
indagine ai carabinieri di Aversa, laddove altra identica copia dello stesso
atto direttamente pervenuta in Procura nei mesi precedenti, era stata
archiviata senza svolgimento di indagine da altro Procuratore Aggiunto dello
stesso ufficio; quanto al mancato inoltro della prima nota di accompagnamento (
e conseguente sua cestinazione ) nessuna soppressione di penale rilevanza era
ipotizzabile essendosi limitati i carabinieri di S. Arpino ad accettare il
suggerimento di apporre modeste correzioni formali ad un atto di mera
trasmissione, in epoca precedente rispetto al suo deposito e registrazione
presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. come dimostrato dalla
stessa mancata incriminazione dei marescialli Franco e Ragozzino.
In merito alla dottoressa Capasso, infine,
essa si era limitata conformemente alle regole del codice di procedura penale
ed a quelle tabellari esistenti presso la sede di servizio, a dare indicazione
affinché un determinato esposto anonimo
venisse depositato presso il suo ufficio, per essere acquisito all’interno di
un procedimento iscritto al modello 21 ma presso l’apposita struttura centralizzata
preposta alla ricezione degli atti.
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