Incontro studio organizzato dal Consiglio dell’Ordine
LA MOTIVAZIONE DEI PROVVEDIMENTI
CAUTELARI E LA PRESUNZIONE DI ADEGUATEZZA
INTERESSANTE DIBATTITO CON LA PARTECIPAZIONE DEGLI AVVOCATI ALESSANDRO
DIANA, ANGELO RAUCCI, GIULIANO DOMINICI
E GIUSEPPE GAROFALO E DEI MAGISTRATI ALESSANDRO D’ALESSIO, RAFFAELE
PICCIRILLO E VALERIA BOVE
Santa Maria Capua Vetere ( di Ferdinando Terlizzi) - “La motivazione dei Provvedimenti Cautelari e
la presunzione di adeguatezza”, questo il titolo scelto per il convegno che si
è tenuto mercoledì pomeriggio presso l’Aula D’Antona di Palazzo Melzi,
organizzato dall’Ordine degli Avvocati e dalla Camera Penale del Foro di Santa
Maria Capua Vetere in collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza
della Seconda Università degli Studi di Napoli.
L’incontro, come ha spiegato
il moderatore Alessandro Diana,
presidente dell’Ordine degli Avvocati, è nato dalla volontà degli addetti ai
lavori di confrontarsi sul dovere e sul valore che assume la motivazione dei
provvedimenti limitativi della libertà della persona.
Nei saluti introduttivi Angelo Raucci, Presidente della Camera
Penale, ha ribadito che non va persa l’impostazione garantista che ha
contraddistinto il nuovo Codice di Procedura Penale fin dalla sua entrata in
vigore.
Spunto per il dibattito lo ha
fornito anche la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 29 Marzo, con
cui è stata dichiarata l’illegittimità dell'articolo 275 del Codice di
Procedura Penale nella parte in cui non rendeva possibile applicare una misura
diversa dalla custodia cautelare in carcere a coloro che erano gravemente indiziati
di delitti commessi avvalendosi della forza intimidatrice derivante
dall’associazionismo di tipo mafioso.
Pur riconoscendo le novità
scaturite da tale decisione, il sostituto procuratore della Direzione
Distrettuale Antimafia di Napoli, Alessandro
D’Alessio, ha evidenziato quegli elementi di contraddittorietà che, a suo
avviso, sono presenti nella sentenza della Corte Costituzionale, in particolare
il non aver distinto in maniera chiara i diversi gradi di partecipazione ad un
sodalizio mafioso.
Giuliano
Dominaci, avvocato e responsabile dell’Osservatorio sulla Corte di
Cassazione dell’Unione Camere Penali Italiane, ha invece evidenziato come
l’attuale sistema penale non riesca a tutelare appieno la presunzione di non
colpevolezza: “Ci possiamo permettere il carcere per una persona in attesa di
giudizio solo grazie alle garanzie introdotte dalla Carta Costituzionale, ma
c’è ancora da lavorare: la misura cautelare può essere necessaria, ma deve essere
il meno possibile ingiusta”.
Raffaele
Piccirillo, Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di
Napoli, ritiene che l’adozione di una misura cautelare deve fondarsi anche su
massime d’esperienza, strumento utile per distinguere una motivazione da un
semplice elenco delle fonti di prova. “La motivazione, infatti, deve essere
argomentata- ha precisato il GIP – per evitare ogni tipo di applicazione
analogica quando si interviene nella sfera della libertà personale”.
“La motivazione deve essere un
momento di piena cognizione. Le massime d’esperienza servono come indice
presuntivo” ha aggiunto la Dott.ssa Valeria
Bove, Giudice del Riesame presso il Tribunale di Napoli.
L’intervento conclusivo è
toccato all’Avvocato Giuseppe Garofalo,
Presidente emerito della Camera Penale. Il decano dei penalisti sammaritani ha
tracciato un excursus storico del ruolo della motivazione. Fu Bernardo Tanucci, segretario di Stato
della Giustizia sotto il regno di Carlo di Borbone e di suo figlio Ferdinando
IV, ad imporre l’obbligo di motivare gli atti adottati dai magistrati dell’allora
Regno di Napoli. «La motivazione era un conto che il magistrato doveva dare
allo Stato e ai cittadini – ha spiegato l’avvocato- e ciò vale ancor di più oggi”.
“Assistiamo continuamente
all’appiattimento dei giudici su quanto in precedenza già deciso dalla
Cassazione. La motivazione non può essere un semplice rimando, ma deve avere
carattere innovativo: il giudice può essere d’accordo con quanto stabilito in
precedenza, ma deve spiegare il perché». Soffermandosi su quelle che devono
essere le caratteristiche di una motivazione, l’avvocato Garofalo ha aggiunto
che: “vi si deve poter rintracciare l’onestà di esposizione e le modalità con
cui si motiva. Le massime d’esperienza sono sì utili, ma non va dimenticato che
esse vanno sempre rapportate alla personalità di colui che giudica” ha concluso
l’avvocato.
Nessun commento:
Posta un commento