La fuga da manicomio Aversa del boss Raffaele Cutolo – Processo al Tribunale di S. Maria
C.V. - Arrestati 2 agenti -
Santa Maria Capua Vetere - Come “infermo di mente”, Raffaele
Cutolo, viene subito internato in
manicomio giudiziario. Una vera “pacchia”: a S. Efremo l'istituto di Napoli che per primo ospita il “boss”,
accade di tutto. Il padrino di Ottaviano, naturalmente, vi si trova a suo agio: gode di rispetto e connivenze, fa
e riceve telefonate, organizza i suoi molteplici traffici, tira le fila della propria
organizzazione. E come a tutti i boss, gli viene garantito un ”trattamento” speciale:
cella di lusso, cortesia e cordialità, più o meno come a casa propria... “. Il
direttore, prof. Giuseppe Rosapepe,
fa finta di non vedere. Tenterà di impiccarsi, perché condannato a 4 anni di
reclusione per il modo in cui dirigeva il manicomio. A Napoli c'è anche il boss
mafioso calabrese Umberto Egidio Muraca,
pluricondannato: Cutolo vi si allea immediatamente. E con i due, fanno
cerchio altri pregiudicati anch’essi ritenuti “malati di mente”. Carmelo Marotta, ad esempio, un
'”guaglione” della consorteria salernitana, originario di Roccagloriosa.
Secondo l'autorità giudiziaria, che
scoprirà la ”congiura” che insieme costoro architettavano, si erano associati
allo scopo di commettere più delitti, fra i quali organizzare l'evasione di Michele Dattilo ( mafioso calabrese )
dal penitenziario di Porto Azzurro; un
attentato al Commissario di P.S. dì Lamezia Terme, Antonino Surace, il contrabbando
di sigarette estere, la coercizione di testi e coimputati di altri procedimenti
penali”. Cutolo, poi, comunicava via cavo col Perù, e trattava indisturbato
partite di cocaina.
Tutto ciò dall'interno dell'istituto di
pena: con la complicità, fuori, di pregiudicati vari, fra i quali anche due
latitanti, che accedevano comodamente all'istituto senza alcun permesso o
autorizzazione dell’Autorità giudiziaria. La '”congiura” finisce in Tribunale:
Cutolo, Muraca, Marotta, e con loro Antonino
Mazzeo e Luciano Cortese ( compaesani di Muraca ) oltre a Giovanni De Biase, ( nipote del boss
calabrese ), vengono imputati di associazione per delinquere e corruzione continuata.
Corruzione nei confronti di Salvatore
Greco, originario di Lamezia Terme, maresciallo degli agenti di custodia del Manicomio di
Sant'Efremo, che riceveva “donativi
vari” ( olio, salumi,
vini ) ed altre utilità per
consentire ai “comparielli” di entrare e
uscire indisturbati. Il Mar. Greco
viene pure accusato di peculato continuato: col telefono del manicomio, ed a
spese dello Stato, faceva comunicazioni per conto suo e di Muraca. Il giudice
istruttore Giuseppe Cozzolino, “ritenuto
che tutto questo non era una prova sufficiente per l’accusa di associazione per
delinquere'”, emette una sentenza
“estiva” di assoluzione, ordinando il rinvio a giudizio di Greco e
compagni davanti al Pretore per concorso in abuso innominato di ufficio. Ma il
pubblico ministero, Francesco Serpico,
ricorre in appello contro tale decisione del magistrato: il processo si farà in
Tribunale. I fatti risalgono al 1974: la prima sentenza arriva nel dicembre del
1977.
Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere,
assolverà Cutolo per insufficienza di prove. Il 27 ottobre 1981, il boss verrà
poi definitivamente prosciolto perché il ''fatto non sussiste". Il 27 ottobre
è la data delle sentenze clamorose:
nella stessa giornata, la Prima sezione della Corte d'Appello di Napoli (
presidente Andrea Fenizia ) ha pure
assolto Cutolo per la rocambolesca evasione dal Manicomio giudiziario di
Aversa. SÌ, perché dopo la “congiura” sventata di S. Efremo, Cutolo venne trasferito
ad Aversa, ospite dell’8 Reparto del
Nosocomio. Direttore dell'istituto il prof. Domenico Ragozzino, che interpellato in passato dalla Corte
d'Assise d'appello per il tentato omicidio di Palma Campania, l’aveva
dichiarato l’infermità di mente del boss. Ragozzino, condannato a 4 anni di
reclusione per maltrattamenti ai ricoverati del manicomio, si impiccherà poco dopo tempo.
Anche da qui costui riusciva a controllare
l'andamento dell'attività della propria banda: a fare da ''trait d'union'' con
l'esterno, era la sorella Rosetta, allora latitante perché considerata la "mente''
criminale dell'organizzazione. ''MI allontanai rumorosamente..." dice il boss,
parlando della sua fuga, avvenuta il 3 febbraio del 1978. Alcuni suoi gregari, con una carica di dinamite,
fecero infatti saltare il muro perimetrale dell'ospedale psichiatrico
giudiziario, permettendo così la fuga del ''compare". Il ''commando'' agì
certamente con molte complicità: il sostituto procuratore Ettore Maresca, della Procura di Santa Maria Capua Vetere emise infatti
ordine di cattura nei confronti di due agenti di custodia, l'appuntato Pasquale Mallardo e la guardia Salvatore Stabile, perché ritenuti
responsabili di favoreggiamento personale.
Nel prosieguo delle indagini, vennero pure
identificati alcuni componenti del
gruppo che riuscì a far evadere Cutolo; Giuseppe
Pucci, detto "'o Giappone'' per i suoi occhi a mandorla, arrestato di
recente dopo una lunga latitanza, e Vincenzo
Simonetti. Scattarono le manette anche per Rosetta Cutolo, e per Franco Caronna, nipote del boss, poi
successivamente scarcerate.
E dire che don Raffaele
passava per un detenuto “modello”. La
fuga, proprio, non se l'aspettavano. "Era dedito alla preghiera e alla
poesia" - dichiarò il direttore Ragozzino. Aveva perfino vinto un premio
ad un concorso di Poesia Domenico Ragazzino, psichiatra di un certo spessore,
direttore del manicomio di Aversa, autore di pregevoli opere nel campo della
psichiatria, fu condannato a 4 anni di reclusione dalla Corte di Assise di S.
Maria C.V ( fu difeso all’epoca da Giuseppe
Garofalo ) per una serie di abusi
nei confronti degli internati. Dopo qualche tempo si impiccò per lo smacco
subito in seguito alla condanna.
Quella di Cutolo fu un’evasione clamorosa, per la quale, il 23 ottobre del
1979, la 3' Sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere inflisse a don Raffaele 4 anni di
reclusione, nonché sei mesi di casa di cura, a pena scontata, e mezzo milione
di multa. Il tutto con l'attenuante della seminfermità mentale, compensata però
dall'aggravante della continuazione. Poi, il 27 ottobre dello stesso anno, la
sentenza della Corte d'Appello: condanna a due anni e mezzo per il
danneggiamento alle strutture manicomiale e per la detenzione del materiale
esplodente, ma assoluzione ( perché il fatto non costituisce reato ) per
l'evasione.
Una decisione destinata a lasciare un
segno nella storia della giustizia dl Castelcapuano: come dire che chi scappa
dal manicomio non può essere condannato per evasione. “Cutolo – ha sostenuto la
Corte, accogliendo la tesi della difesa - era solo, un internato per una misura
di sicurezza. Nei suoi confronti era intervenuto il proscioglimento della Corte
d'Assise, che lo aveva dichiarato totalmente infermo di mente. Ancora una
volta, la “pazzia” funziona.
Raffaele Cutolo - scrive Gigi Di Fiore nel libro “La Camorra e le sue storie”- non aveva
mai voluto diventare un collaboratore della
giustizia. Difese il suo diritto di essere detenuto, in passato capo camorra,
che non voleva trasformarsi in “infame”. A 57 anni spiegò - di voler conservare
la sua dignità. Accennando anche ai tanti magistrati che in cerca di gloria,
erano corsi da lui, in carcere, per tentare di farlo diventare un collaboratore
di giustizia scrisse: “Mi hanno persino
fatto capire che, se li avessi aiutati, avrei potuto subito recarmi in una villetta,
con mia moglie in una località sicura e godermi
il resto dei miei giorni. Non ho voluto”.
Oggi Raffaele Cutolo – recentemente
trasferito da Carinola in Sardegna - ha 73 anni. Su facebook è aperta una
finestra con la quale si chiede la sua “scarcerazione” perché sarebbe un uomo
vecchio e debilitato. Ma ci si domanda il carcere lo ha rieducato? Così come è
previsto nella nostra carta costituzionale? Il dibattito è aperto.
Contro la sua scarcerazione si sono
espressi in molti: Federico Cafiero De
Raho, procuratore aggiunto della DdA di Napoli ( e ora Procuratore blindato
di Reggio Calabria ) e Giuseppe
Garofalo, avvocato penalista e storico difensore del boss. Cutolo sarebbe
un pericolo per tutti e non è escluso che abbia la capacità organizzativa di
ricostruire la Nuova Camorra Organizzata.
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