BLOCCHI STRADALI - INCENDI DEI PULMANN DI PETTERUTI – IL
PROCESSO - LE CONDANNE – Il discorso del sindaco
Antonio Consales –
I reati contestati andavano dal
danneggiamento all'interruzione del pubblico servizio, dalla violenza privata
al blocco ferroviario e stradale, dall'istigazione a delinquere alla
incitazione alla rivolta, dall’oltraggio a pubblico ufficiale alle lesioni
volontarie.
Nella serata del 20 aprile 1970 si riuniva, in
Sessa Aurunca, il consiglio comuna]e per
discutere,
fra l’altro, della separazione ed erezione a comune autonomo della frazione di
Cellole.
La questione era vivamente sentita dagli abitanti della predetta frazione i quali,
ritenendo
che i loro interessi non fossero stati esaminati con quella solerzia e serietà
che
il
problema richiedeva, cominciarono a dare, nella notte sul 21 aprile, i primi
segni di irrequietezza costituendo un blocco stradale sul corso principale di
Cellole, all'altezza del
quadrivio
di piazza Chiesa Nuova.
Con
il passare del tempo si intensificavano le manifestazioni di protesta cui
partecipava una folla sempre più citta e numerosa. Si moltiplicavano i blocchi
stradali e gli episodi di intolleranza verso la forza pubblica, Pubblica
Sicurezza e Carabinieri, accorsa anche da Sessa Aurunca, si che si rese,
necessario l'intervento di rinforzi costituiti da contingenti del X'
battaglione mobile dei Carabinieri di Napoli. Ai blocchi stradali si
aggiungevano quelli ferroviari che interessavano la linea di grande comunicazione
Roma-Napoli via Formia e interrompevano, pertanto, il transito dei convogli. I manifestanti,
inoltre, circondavano un'autocorriera della ditta Petteruti di Sessa Aurunca, la quale stava eseguendo la manovra,
essendo giunta al capolinea, per tornare indietro: essi svitavano i coperchietti
delle valvole dei pneumatici facendone uscire l’aria immobilizzando, cosi, il mezzo
che bloccavano, anche con due grosse travi di legno.
Le
agitazioni e i moti si protrassero per tutto il 21 aprile, sin verso le 23.30,
allorquando
si
diffuse in Cellole la notizia che il consiglio comunale di Sessa Aurunca aveva approvato
una delibera che rispondeva in modo più soddisfacente ai desiderata dagli abitanti
della frazione i quali, quindi, desistevano dal loro comportamento oltranzista
e si
decidevano,
finalmente, a rientrare alle rispettive case.
Per
i numerosissimi individui che presero parte alle manifestazioni sopra narrate venivano
individuate dalle forze dell'ordine i responsabili dei disordini nei confronti
dei
quali
si emetteva, per la gravità dei reati, ordine di cattura. I reati contestati
andavano dal danneggiamento all'interruzione del pubblico servizio, dalla
violenza privata al blocco ferroviario e stradale, dall'istigazione a
delinquere alla incitazione alla rivolta, dall’oltraggio a pubblico ufficiale
alle lesioni volontarie. Reati gravissimi per i quali il Tribunale di S. ilaria
C.V. con una sentenza emessa il l0 novembre del 1 970 condannò a vari anni di
reclusione i rivoltosi di Cellole.
Molti
di quei personaggi sono scomparsi, altri vivono quei momenti: Giovanni Verrengia, Michele Fusciello,
Ersilio Di Paolo, Costantino Martucci, Vincenzo Martucci, Franco Freda, Luigi
Fusciallo, Benmedetto Di Gasparro, Mario Quaranta, Guido Belardo, Vito Simeone,
Pasquale Mezzo, Pasquale Memori, Ferdinando Ponticelli, Ines Verrengia, Alessandro
Conte, Pasquale Balzano, Benito Martucci, Virgilio Di Florio, Ciro Di Lorenzo,
Carmine Tedesco, Vittorio Vitale, Giacomino Serao, Cornelio Leone, Michele Fusciello ed Adelmo Iacobucci. Ricordo
un mio articolo pubblicato su “Il Roma”. Dopo la rivolta e dopo lasentenza scrissi - ''i pesci piccoli sono fìniti
nella rete della giustizia - e i maggiorenti politici che hanno fomentato i disordini e che gioveranno dell'autonomia, per
gestire fette cospicue di potere sono rimasti alla finestra delle loro
case. E feci anche i nomi...”.
Negli anni Settanta, quando
ero cronista giudiziario de “Il Roma”,
un giorno che seguivo il processo contro i rivoltosi di Cellole, quelli che
lottarono in concreto, per l’autonomia di Cellole, che auspicavano il distacco
dal Comune di Sessa Aurunca e che incendiarono i pullman della ditta Petteruti,
mettendo a soqquadro la Domiziana, con blocchi stradali e devastazioni e per
questo furono accusati di gravi reati. Tra l’altro, per quei resoconti, mi
beccai anche una scomunica da parte del Vescovo di Sessa di allora, perché io
sostenni - giustamente - che era logico che la casa comunale di Cellole fosse
costruita su di un terreno di proprietà della Chiesa. Stavamo citando l’esempio
del protagonismo dei pubblici ministeri. Ecco, dicevo, il pubblico ministero
d’udienza” (preferisco non fare il nome, perché ha un figlio attualmente
magistrato, e come è noto i “soggetti”
sono vendicativi e spesso usano il loro ufficio per fini personalissimi) dopo
aver chiesto circa 100 anni di reclusione per i 67 imputati, scendendo dal suo
palchetto si avvicinò a me, che ero seduto sugli scranni degli avvocati, e
disse: “Non sapevo della presenza della
stampa, altrimenti avrei chiesto qualche anno in più”.
In proposito calza a pennello un brano che
ho letto nel “Diario di un giudice”, di Dante
Troisi: “La semplicità con cui in
genere il pubblico ministero si alza a reclamare la condanna degli imputati
deriva e dall’obbligo di rispettare la parte di accusatore che si ritiene
assegnata e dal privilegio di non partecipare in concreto a infliggerla. Questo
spiega la disinvoltura nel manipolare le pene e come, fuori udienza, egli si
dichiari d’accordo su tante assoluzioni e giudichi perfino ingiusta una
decisione conforme alla sua richiesta”. Un
atteggiamento, quello del pubblico ministero del processo ai rivoltosi di
Cellole, vergognoso, puerile. Del resto, va detto, per dovere di cronaca, che
il “nostro” non era il solo e non era neppure nuovo a protagonismi del genere,
fino al punto di arrivare al ridicolo, emettendo addirittura un “ordine di
cattura contro ignoti!”. Ma non è un
caso isolato.
Il
sindaco di Sessa Aurunca, Antonio Consales, ha spiegato, all'udienza del 29
ottobre,
quali
sono state le cause che hanno determinato i fatti delittuosi per i quali si è
poi svolto
il
processo. Il consiglio comunale di Sessa Aurunca aveva approvato - ha detto -
la sera
del
20 aprile, una delibera che esprimeva parere favorevole per la erezione a
comune autonomo della frazione Cellole; la delibera, però, non aveva
soddisfatto le aspettative,
invero
risalenti a molti anni addietro, dei cittadini delle frazioni 14 i quali erano
convenuti numerosi alla seduta consiliare. Anzi la gente accorsa a seguire i
lavori del consiglio era rimasta, per la non sufficiente capienza della sala
delle adunanze, sulla piazza antistante l'edificio del municipio, di guisa che,
per dar modo a tutti di seguire i lavori, erano stati approntati degli
altoparlanti che, per un guasto, ad un certo momento non funzionarono più. La
concomitanza delle due circostanze, delibera poco aderente alle aspettative dei
cellolesi e guasto dagli altoparlanti, aveva ingenerato malumore e sospetto in coloro
che avevano atteso fuori dell'aula consiliare, si che, una volta rientrati in
Cellole, l'agitazione che già cominciava a diffondersi fra gli abitanti della frazione
assunse proporzioni più vaste sfociando in una vera e propria protesta di
massa. Soltanto nella serata de1 21
aprile, quando fu votata dal consiglio comunale, riunitosi d’urgenza, un'altra
delibera ove, confermandosi il parere favorevole per l'erezione a comune della
frazione di Cellole, meglio venivano esposti i motivi e i precedenti che a
tale
parere avevano portato, i cittadini della frazione, ormai paghi per aver
raggiunto il loro scopo, desistettero dalle agitazioni rientrando nelle loro
abitazioni.
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