“CASERTA
in
CRONACA NERA”
Enigmi, processi,
retroscena, orrori e verità. Un viaggio
attraverso la morte, la passione, la vendetta e l’odio… Una scia di
sangue lunga 100 anni
Il
libro narra le vicende dei più efferati delitti compiuti nella Provincia di
“Terra di Lavoro” dal 1920 ai giorni nostri. Dopo una serie di considerazioni
sul che cos’è la “cronaca nera” ( è la narrazione fedele di un delitto) e come
è cambiata attraverso i media ( spettacolarizzazione, voyrismo tv etc. ) e dopo
una analisi dei rapporti sul “Femminicidi
in Italia”: il rapporto Eures / Ansa 2013 e “L’omicidio volontario”, in Italia Rapporto Eures/ Ansa – 2013, il
libro si snoda attraverso il racconto dei fatti più significativi.
“Secondo
una definizione da manuale – ha scritto Fabio
Dalmasso - la cronaca nera è
quella sezione del giornalismo che si occupa di assassini, furti e scandali,
tutti quegli episodi, cioè, che normalmente definiamo crimini. Un termine,
quest’ultimo, che non però ha riscontro nel Codice Penale dove invece si parla
di reati e si distingue tra delitti e contravvenzioni, a seconda della maggiore
o minore gravità. Nel linguaggio quotidiano e in quello giornalistico si è
invece soliti definire chi viola la legge un criminale, coinvolgendo
implicazioni critiche, reazioni emotive, di disapprovazione, componenti
affettive, veri e propri giudizi di valore: da una definizione giuridica si
passa, quindi, a un forte giudizio di sanzionamento e riprovazione, carico di
valore simbolico. Un valore che, dalla società, si ripercuote inevitabilmente
sul giornalismo e che nel tempo ha trasformato la cronaca nera da mero
resoconto di un fatto a vero e proprio genere a sé stante, che sempre più
spesso scavalca i limiti del giornalismo e dell’informazione e varca quelli del
genere letterario giallo tout court”.
Con l'Avv, Luigi D'Abrosca |
Dice
il criminologo Luca Steffenoni – “Oggi la cronaca nera si è fatta veloce,
aggressiva e rapace. Capire il presente è sempre più difficile. Oggi la cronaca
nera si nutre di voyerismo necrofilo”.
Si
pensi – per esempio - che nel 2002
l’omicidio di Cogne ha monopolizzato il 3% dell’intera informazione peninsulare
e se si confronta questo dato con il più comprensibile e tutto sommato sobrio
5,4% ottenuto nel 1997 in Gran Bretagna dalla morte della principessa Diana,
episodio indubbiamente più rilevante del delitto valdostano, si constata
immediatamente come il nostro paese viva i fatti di sangue in una dimensione
che va ben oltre la semplice curiosità.
Un
fatto è certo che processi e delitti insidiano passioni nazionali e che al
fianco dei quaranta milioni di commissari tecnici per il calcio si stiano
affermando altrettanti “anatomopatologi” legali e psichiatri forensi sembra un
dato di fatto.
Con l'Avv. Alfonso Quarto |
E
si domanda ancora Steffenoni: “Ma siamo autori del nostro destino mediatico o
ne siamo le incolpevoli vittime? E’ buona cronaca quella che aspira alla
semplice documentaristica e fedele al proprio scopo congela l’episodio
criminale mediante un imparziale racconto, consegnando intonso alla storia o,
al contrario, gli eventi vanno interpretati, scavando nel profiling di vittime
e carnefici, scandagliando gli elementi
psicologici e sociali con l’indubbio rischio di alterare la realtà e di
condizionare in qualche modo l’opinione pubblica?”.
con l'Avv. Gennaro Iannotti |
Bisogna considerare inoltre,
che la rappresentazione televisiva e
giornalistica non è, infatti, la foto del delitto, ma un prodotto
edulcorato, asettico, igienizzato al
quale vengono tolti, al fine di ampliarne lo share, gli elementi più urticanti,
fisici e maleodoranti. La cronaca nera moderna ha furbescamente capito che i
grandi numeri si fanno sì con l'occhio alla morbosità, ma in una forma che sia
accettabile al pubblico familiare, che è poi quello a cui sono indirizzati gli
spot che tengono in piedi il baraccone televisivo. Il delitto, per vendere,
deve essere celebrato nei modi adeguati rendendo felici perfino i genitori
delle tante associazioni di difesa della morale pubblica, ai cui iscritti, del
resto, basta non essere disturbati da un seno al vento per godersi lo spettacolo
tra bollini verdi, popcorn e bimbi gioiosi. Dunque nella cronaca nera, almeno
in quella che passa in Tv. la verità non esiste, né può esistere. Si può solo
parlare di verosimiglianza, il che ci costringe a scartare la prima delle
ipotesi che avevamo fatto, ovvero che possa esistere una cronaca oggettiva e
documentaristica del fatto.
Anni 70 con il commissario di P.S. e il comandante della Compagnia Carabinieri di S.- Maria C.V. |
E veniamo al mio lavoro ancora
in itinere. L’incipit del mio libro spetta
alle feroci gesta d’un brigante geloso, Salvatore
Boemio, con un racconto raccapricciante,
delle audaci rapine per vendetta, ai torbidi amori (1923) per seguire poi, con
il delitto di una contadina, che uccise il genero di cui era l’amante (Albanova: 13 giugno 1931).
L’atroce caso (1948) di un professore di
S. Maria C.V., Enrico Magliulo, figlio
di un notaio, che uccise la moglie, la figlia e ferì gravemente il cognato e
poi si tolse la vita. Era geloso della moglie incinta di sette mesi. Si giunge così nel 1952,
all’assassinio il Dr. Enrico Gallozzi
e del suo fattore. Una storia boccaccesca che si snodò tra amori saffici
e perversioni sessuali. Mentre non è da
tralasciare il delitto “di un uomo normale”, il dermatologo, che a
marzo del 1960, gettò dalla
Scafa del Ponte sul Fiume Volturno in agro di Caiazzo, il corpo della sua giovane
vittima: l’amante della sua… amante. E
l’anno “orribilis” il 1995: L’eccidio dell’agente di custodia Domenico Cavasso…
Otto persone uccise tra Macerata e Santa Maria. La strage dell’Ipoteca. Dunque
possiamo agevolmente dedurre che anche
Santa Maria, si presenta – al di là
delle apparenza come tranquilla e bigotta - una città ad alta intensità criminale; anche
tralasciando gli ultimi delitti del 2013 di KatiaTondi e di Elisabetta Afieri. Molti sono i delitti rimasti impuniti ( o delitti
perfetti?). Ho ricostruito l’impiccagione di Giacomo Panarella ( 1953) le
cui sorelle accusate furono assolte; il
barbaro omicidio di Maria la Capuana detta “Zazzà”, uccisa nella sua abitazione alla Via Dei Ramari, con
ventisette forbiciate. Nella circostanza sparì un cuscino imbottito di soldi.
E sul finire di quell’anno con l’ultimo delitto “d’onore”: il maresciallo Alfonso La Gala, che uccise la moglie, Anna Mauriello ( S. Maria C.V.) che gli confessò di averlo fatto becco. - Ed infine il tragico epilogo di una folle storia d’amore: Un padre di dieci figli che accoltellò l’amante e poi credendola morta, si fece maciullare dal treno…! Ma quello che ha destato enorme scalpore è stato anche un delitto-suicidio. Un uomo di 52 anni, Luigi Roberto, scapolo, che uccise ucciso la figlia di un suo nipote, una ragazza di quindici anni, e si è poi si tolse la vita piantandosi un coltello da cucina nel cuore. La giovanissima vittima era Alessandra Gravino, affrontata in strada dall'anziano parente e uccisa con sei colpi di pistola. Da qualche tempo l'assassino corteggiava la giovinetta. Ma la città di Santa Maria deve anche registrare il barbaro assassinio del giudice Nicola Giacumbi, assassinato nel 1980 a Salerno dalle Br. Nonché la morte dell’agente di P.S. Domenico Russo, ucciso assieme al generale Dalla Chiesa, mentre faceva parte della sua scorta; nonché l’assassinio di Alberto Contestabile, 60 anni, maresciallo degli agenti di custodia in pensione, a Santa Maria Capua Vetere padre del direttore del super carcere di Cuneo. Delitto di Br, ma si ipotizzò anche una vendetta di Raffaele Cutolo.
Anni 60 con l'assessore Mario Palombi, il capitano Cinquegrani, il comandante dei vigili urbani e il capo della giudiziaria dei carabinieri |
E sul finire di quell’anno con l’ultimo delitto “d’onore”: il maresciallo Alfonso La Gala, che uccise la moglie, Anna Mauriello ( S. Maria C.V.) che gli confessò di averlo fatto becco. - Ed infine il tragico epilogo di una folle storia d’amore: Un padre di dieci figli che accoltellò l’amante e poi credendola morta, si fece maciullare dal treno…! Ma quello che ha destato enorme scalpore è stato anche un delitto-suicidio. Un uomo di 52 anni, Luigi Roberto, scapolo, che uccise ucciso la figlia di un suo nipote, una ragazza di quindici anni, e si è poi si tolse la vita piantandosi un coltello da cucina nel cuore. La giovanissima vittima era Alessandra Gravino, affrontata in strada dall'anziano parente e uccisa con sei colpi di pistola. Da qualche tempo l'assassino corteggiava la giovinetta. Ma la città di Santa Maria deve anche registrare il barbaro assassinio del giudice Nicola Giacumbi, assassinato nel 1980 a Salerno dalle Br. Nonché la morte dell’agente di P.S. Domenico Russo, ucciso assieme al generale Dalla Chiesa, mentre faceva parte della sua scorta; nonché l’assassinio di Alberto Contestabile, 60 anni, maresciallo degli agenti di custodia in pensione, a Santa Maria Capua Vetere padre del direttore del super carcere di Cuneo. Delitto di Br, ma si ipotizzò anche una vendetta di Raffaele Cutolo.
A questa cruenta scia va ad aggiungersi
l’immane tragedia di Curti, dove
Agostino Mercurio, di 49 anni, preso dallo sconforto per la recente morte della
moglie, in un momento di improvvisa follia, incendiò la sua abitazione, strozzò
l'ultimo dei suoi nove figli, Ivan, di 2 anni, con un coltello da cucina e poi
con la stessa arma si uccise. L'uomo
aveva perduto la moglie. Evelina Volpe, di 35 anni, per un procurato aborto. La
donna, infatti, non si sentiva di aumentare ancora il numero dei figli. Poiché
suo marito era rimasto senza lavoro, lei portava avanti la famiglia lavorando
nello stabilimento « Siemens » di Santa Maria Capua Vetere. Le pratiche
abortive cui si era sottoposta le erano state fatali: ricoverata in ospedale,
le sue condizioni si erano aggravate per una emorragia; era così morta
lasciando l’uomo sconvolto.
Processo al boia Domenico Ragozzino |
Marcianise, per certi versi, si presenta come la città più spietata e
crudele. Un parricidio, un matricidio e poi l’orrendo crimine di un uomo che fece
entrare in casa l’amante che l’aiutò ad uccidere la moglie incinta del quarto
figlio. Il delitto, in piena notte, il 28 dicembre del 1953,
avvenne nella stanza dove era stato
allestito il presepe e dove dormivano
anche i tre bimbi… Mentre la complice
teneva ferme le gambe della vittima, l’uomo la soffocava…
Non è meno appassionante il dramma di
gelosia, di una suora che divenne l’amante di un medico che uccise la moglie con un veleno (
1948). Il parricidio: Tremate: qui c'è un parricidio, il delitto per
eccellenza, come il tradimento alla patria, che mette l'esecutore al bando
della convivenza sociale. Bene. cento e cento cittadini di Marcianise si sono
stretti in un vincola solidarietà con il parricida, e chi più chi meno, hanno
offerto spontaneamente il loro obolo per rendere meno duro il castigo di questo
figlio che ha avuto la sventura di
essere stato generato da un simile padre.
Ritengo che nella fosca cronistoria del parricidio non esista un grido giustizia e di pietà uguale a questo dei cittadini di Marcianise. Perchè, porre la propria firma su un foglio di carta e versare il proprio denaro per concorrere alla difesa di un figlio che ha ucciso il genitore con sette colpi di martello, non è la stessa facile, banale ed irresponsabile cosa che sottoscrivere contro l'uso della bomba atomica americana. Ma la Corte, più giusta e più umana, accordò le attenuanti generiche, la provocazione al 100 per 100 ed il motivo particolare valore morale per giunta e condannò l'infelice a dieci anni reclusione di cui tre condonati. Ed ora il matricida: Una madre ha vissuto per anni irritando con la sua stessa irascibilità il figlio; questo giunge a cinquant'anni, saturo della convinzione di esserne odiato, e un giorno, avuto dalla madre il rifiuto di far collocare sotto un arco del suo cortile un mucchio di paglia, lascia d'improvviso i capezzale di una figlia che si dibatte fra i pericoli della polmonite, scende nel cortile e vibra due colpi d'una pesante affilata mannaia nella nuca della vecchia, poi chiama la figlia Maria, le consegna l'arma, le grida il truce comando: “Finisci di ucciderla tu”, assiste all'eccidio che la diciottenne consuma con altri tre colpi che maciullano il cranio dell'ava. Basta la narrazione di questo delitto per comunicare il brivido più raccapricciante nell'animo di chi legge! La Corte d'Assise di S. Maria Capua Vetere condannò il matricida all’ergastolo e a 18 anni di reclusione la figlia Maria, che poco dopo la sentenza si uccise gettandosi dalle scale della prigione. In seguito all'accoglimento del ricorso per cassazione, il processo rinviato alla l Sezione della Corte d'Assise di Napoli, che concesse al matricida il vizio parziale di mente e lo condannò a ventun anni di reclusione.
con il sen. Avv. Pompeo Rendina |
Ritengo che nella fosca cronistoria del parricidio non esista un grido giustizia e di pietà uguale a questo dei cittadini di Marcianise. Perchè, porre la propria firma su un foglio di carta e versare il proprio denaro per concorrere alla difesa di un figlio che ha ucciso il genitore con sette colpi di martello, non è la stessa facile, banale ed irresponsabile cosa che sottoscrivere contro l'uso della bomba atomica americana. Ma la Corte, più giusta e più umana, accordò le attenuanti generiche, la provocazione al 100 per 100 ed il motivo particolare valore morale per giunta e condannò l'infelice a dieci anni reclusione di cui tre condonati. Ed ora il matricida: Una madre ha vissuto per anni irritando con la sua stessa irascibilità il figlio; questo giunge a cinquant'anni, saturo della convinzione di esserne odiato, e un giorno, avuto dalla madre il rifiuto di far collocare sotto un arco del suo cortile un mucchio di paglia, lascia d'improvviso i capezzale di una figlia che si dibatte fra i pericoli della polmonite, scende nel cortile e vibra due colpi d'una pesante affilata mannaia nella nuca della vecchia, poi chiama la figlia Maria, le consegna l'arma, le grida il truce comando: “Finisci di ucciderla tu”, assiste all'eccidio che la diciottenne consuma con altri tre colpi che maciullano il cranio dell'ava. Basta la narrazione di questo delitto per comunicare il brivido più raccapricciante nell'animo di chi legge! La Corte d'Assise di S. Maria Capua Vetere condannò il matricida all’ergastolo e a 18 anni di reclusione la figlia Maria, che poco dopo la sentenza si uccise gettandosi dalle scale della prigione. In seguito all'accoglimento del ricorso per cassazione, il processo rinviato alla l Sezione della Corte d'Assise di Napoli, che concesse al matricida il vizio parziale di mente e lo condannò a ventun anni di reclusione.
Conferenza stampa con i magistrati Di Nossde, Ceniccola e Menditto |
E poi l’insensato gesto di un giovane
di Francolise (1954), che redarguito
dalla moglie e dalla suocera, le uccise
entrambe. Ma il classico delitto passionale
si verificò allorquando una maestra elementare uccise il suo seduttore e ferì
mortalmente tre passanti nel giorno della festa Patronale. Il triplice delitto
avvenne a S. Andrea del Pizzone nell’agosto del 1961. La donna era in stato interessante. Riconosciuta l’attenuante della provocazione.
Sparando contro il fidanzato, un giovane di Capua, che l’aveva sedotta e abbandonata uccise anche altre due persone. Fu condannata
a 24 anni. Nel carcere di Pozzuoli era
capo cuciniera. Fu liberata dopo 15 anni. Vive nel suo paese ed ha quasi 80
anni.
Dalla ricostruzione di molti misfatti ho potuto anche
considerare che – a differenza di altre città – Aversa e dintorni rappresenta
una zona ad alta vocazione “ venefica” ed ho anche constatato – che non è vero
sempre – che il “veleno è donna”. Un contadino di Parete (3 Aprile 1955) avvelenò la moglie, ( che aspettava una bambina ) il figlio piccolo e uccise a fucilate il fidanzato della cognata… perché voleva
sposarsela. E ancora nel 1960, la titolare di una nota trattoria a Teverola, servì un piatto all’arsenico al marito per
amore di un cugino 20 anni più giovane. E poi l’unico serial killer delle
nostre zone: Carlo Panfilla, il “mostro” di Lusciano, che uccise 7 persone
perché lo avevano guardato storto. Fu arrestato nel
cimitero del suo paese, dove aveva trovato rifugio in una nicchia. Quando fu
catturato, vi dormiva nudo. Ritenuto
incapace di intendere e di volere, fu rinchiuso nel manicomio giudiziario di
Aversa. Condannato prima all’ergastolo e poi 30 anni.
Con Tontoli, De Simone, Ceniccla, Iannotti e Centore alla poresentazione del mio libro al Settembre al Borgo
Con Tontoli, De Simone, Ceniccla, Iannotti e Centore alla poresentazione del mio libro al Settembre al Borgo
Ma di fatti cruenti, insensati, assurdi,
inusitati ve ne sono ovunque. Mondragone non si sottrae alla statistica: un
avvocato bruciato nell’auto; un assessore crivellato di colpi e gettato in un
pozzo; un padre che violenta la figlia di 11 anni, e poi la uccide con la
complicità della moglie; una donna ( la Circe) che mediante prestazioni
sessuali orali coinvolge i fidanzati delle figlie ed istiga ad uccidere il
marito. Poi il delitto del Preside Prof.
Stefanelli. E ancora un finanziere, Mario Beatrice che uccide l' ex fidanzata di 19 anni con un
colpo di pistola alla testa, presumibilmente dopo una lite avvenuta nella sua
auto. Così è morta, Veronica Abbate, diciannove anni. L’assurda vendetta: Gennaro Ferrante,
colpito da cinque colpi di pistola a
Mondragone, da Adelina Miraglia di 23 anni, vedova di Giovanni Sorrentino, ucciso
in un conflitto a fuoco con i carabinieri dopo una rapina. Ma Il giorno 11 luglio 1990 è brutalmente
assassinato il vicesindaco Dc di Mondragone Antonio Nugnes. Il clan dei "Chiuovi",
cosca che aderisce al cartello dei "casalesi", ha intenzione di
gestire i suoi appalti ed in particolare intende divenire socio in una sua
clinica, allora in costruzione all'"Incaldana" nei pressi di
Mondragone.
con il criminologo Carmelo Lavorino alla Mondadori di Caserta per la prima edizione del mio libro
Presentazione del Roll-App per il convegno dei magistrati tributari da me organizzato |
Era stata per un bel pezzo sposa, amante e complice di un boss che si chiamava Alberto Beneduce. Lui si occupava di racket e infiltrazioni nelle imprese edili, gli era stata assegnata la competenza lungo il litorale domizio: era un leader della cosca, pezzo da novanta in una organizzazione che si è sempre ispirata ai modelli mafiosi. Poi passiamo, dopo Mondragone, a Cancello Arnone, Castelvolturno, Villa Literno e dintorni. A giugno del 1956, una ragazza di campagna, sedotta da un ingegnere, per vendicarsi sparò all’impazzata sul suo seduttore e uccise invece un ignaro dipendente dell’uomo. Ferito, invece, al volto il fidanzato. A Castelvolturno, nel dicembre del 1958, venne assassinato Arturo Noviello sindaco Dc. Alla base del delitto una questione di eredità. E sempre a Castelvolturno, il 12 Maggio 1959, un contadino fece credere che la giovane sposa era stata trucidata dai banditi, invece l’aveva uccisa lui, perché voleva sposare un’altra. E a Castelvolturno restiamo ancora per raccontare il raccapricciante delitto della moglie bruciata nel forno e l’assurdo e incomprensibile caso Belmonte e quello del barone Gesmundo, il cognato dell’olimpionico Scalzone. La sedicenne sedotta non uccise il barone. L'assassino è il padre della giovane che prima del delitto aveva tentato di ricattare la vittima. E' una vicenda di onore e di ricatti l'assassinio del barone Roberto Gesmundo, ...
Nella stessa zona dobbiamo registrare nel
1082 il rapimento del giovane
studente universitario Francesco Coppola, 20 anni, erede di una ingente
fortuna, rapito il 21 aprile scorso sulla Domiziana dall'”Anonima sequestri”.
Il padre del giovane, il costruttore
edile Vincenzo Coppola, comproprietario del villaggio turistico “Pineta Mare”,
è stato fermato da una pattuglia della Polizia Stradale, sull'Autostrada del
Sole, nei pressi dello svincolo per Cassino. Era in possesso di un'ingente
somma (tre miliardi e 600 milioni più 110 mila dollari in banconote di grosso
taglio) che si suppone possa costituire una prima quota del riscatto preteso
dai banditi. Il denaro, racchiuso in due grosse valigie di pelle marrone, è
stato posto sotto sequestro e a disposizione del procuratore capo del tribunale
di Cassino, dottor Cerino, che subito ha interrogato a lungo il costruttore
casertano. Vincenzo Coppola, dopo il colloquio col magistrato, cui ha assistito
anche il suo legale, Giuseppe Garofalo è rientrato al «villaggio» sul litorale
di Castel Volturno. La telefonata minatoria era stata firmata “Volpe Rossa”.
Poi la vendetta di quella sposina di Cancello
Arnone che, per dissapori con i suoceri, fece una strage uccidendo gli stessi e
un cognata E ancora a Villa Literno, nel Luglio del 1960,
per questioni di interesse ereditarie,
un uomo uccise il cognato, sindaco Dc,
con quattro colpi di pistola. E arriviamo così alla “Belva di Vico di
Pantano”, un uomo che, per la rivalità con il fratello che si contendeva la
stessa donna uccise 4 persone. Fu arrestato nello studio del suo difensore avv.
Giuseppe Garofalo. La lunga scia di sangue della famiglia Capoluongo: il padre
uccise un figlio e un fratello uccise il padre per vendetta…
Non meno cruento l’entroterra. A Capua, nel Settembre del 1956, venne assassinato per una rapina, un noto professionista di Vitulazio, il prof.
Scialdone. A Valle di Maddaloni il 19 Novembre 1958 un pazzo dichiarato guarito, uccise un farmacista con trenta colpi di
pugnale. Mentre a Casagiove il 18 Maggio
1958, un diciottenne uccise a pugnalate
la madre che sorprese con l’amante. 1987: Il delitto di Rita Squeglia, la maestrina di Recale che uccise l’imprenditore Nicola Acconcia, in
quel di Positano. Dalla vicenda è stato tratto il film: Senza Movente. E poi il
delitto mafioso pèer eccellenza, la vendetta trasversale: Francesco
Imposimato, ucciso a Maddaloni per
intimidire il fratello magistrato a Roma, Ferdinando. – E ancora, il raccapriccio, per quella mamma, Anna Pendolino, una donna fragile di 36 anni,
in crisi depressiva. Un piano meticoloso per togliersi la vita e portare con sé
le sue bambine, Miriam, di 6 anni, Nadine, di 3 e la più piccola, Ginevra, 1
anno da compiere.
Infine fatti singolari, incredibili:
Quello di Sessa Aurunca (5 Novembre
1959), con un “mènage a trois”, con botte in famiglia e processo in Tribunale. Lei non voleva perdere un ospite giovane e
molto generoso che poteva anche
sostituire il marito e… altri episodi boccacceschi… Come quello di Casal di
Principe ( 21 Agosto 1958). Fece la riga
dei capelli in testa ad un cliente con un colpo di pistola… ma… uccise un
passante. Il tiro al bersaglio tra la folla. L’assassino,
che lavorava come barbiere, è
passato alla storia…non solo criminale!
E per finire – ma non ultimi – (1986) Il tentativo di rapimento del figlio di
Nicola Di Muro e quel tizio (1989) che vendeva miracoli a tre milioni cadauno…
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