Il lato oscuro di un artista
napoletano
PIETRO LIGNOLA, MAGISTRATO,
GIORNALISTA, ATTORE, SCRITTORE, COMMEDIOGRAFO E CAMPIONE EUROPEO DI BRIDGE
di
Ferdinando Terlizzi
Pietro
Lignola è nato, da nobile famiglia napoletana di tradizione
borbonica, il ventinove novembre millenovecentotrentaquattro a Napoli. È
cavaliere dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio. Magistrato dal
millenovecentocinquantanove, ha presieduto
la Corte d'assise d'appello di Napoli ed è stato impegnato nei lavori della Commissione
ministeriale per la redazione del nuovo codice penale. Ha collaborato stabilmente,
da oltre sette anni, come opinionista, con il quotidiano “Roma” e con il mensile “Il monitore”. Ha
scritto articoli anche per i quotidiani
“Il Tempo”, “Libero”, “Il
Giornale”, e “L'Indipendente”.
Giocatore agonista di bridge,
ha vinto tre campionati italiani ed ha partecipato a numerose gare internazionali, conseguendo anche, nella
squadra rappresentativa italiana della categoria seniores, un titolo di
campione della Comunità Europea.
Ha scritto lavori teatrali in
lingua napoletana, fra cui la fiaba “Petrusinella”,
la commedia “Napule mo”, “Napulo tanno”,
“Napule sempe”, e una riduzione della commedia "La Rosa" di Giulio Cesare
Cortese.
Il suo capolavoro, però, è “A
zita ntussecosa e o massaro tuosto”, edito da Guida nel 2004. Una
traduzione in lingua napoletana direttamente dal testo inglese de “La bisbetica
domata” di William Shakespeare. Lignola,
pur mantenendosi sostanzialmente fedele all’opera originale vi ha apportato
tutti i ritocchi necessari per trasferire la vicenda nella Napoli del Seicento
e per inserirla nella tradizione del teatro napoletano.
Il Presidente Pietro Lignola – facendo la parte di un
presidente di Corte di Assise - ha partecipato al film “L’udienza è aperta” di Vincenzo Marra, presentato al Festival di Venezia nel 2006.
Nel film era anche impegnato come attore
il penalista Alfonso Martucci.
Il giudice Lignola a febbraio
2005 ha scritto la prefazione del libro “La
Seconda Guerra Napoletana alla Camorra” di Giuseppe Garofalo. “Una guerra
difficile – scrisse - La seconda guerra
napoletana alla camorra è un saggio di storia criminale e giudiziaria. Giuseppe
Garofalo, assai modestamente, precisa nella prima pagina di aver soltanto
riletto “un episodio di scontro fra società civile e società di malavita da
cui, per gli errori della prima, la seconda trasse, non a torto, il ruolo di
vittima”.
Il libro è certamente questo, ma
anche altro. L’autore agisce da storico, anche se dilettante: dilettante fu del
resto Heinrich Schliemann, cui la provenienza extraaccademica non impedì di
ritrovare le rovine di Troia.
Giuseppe
Garofalo conduce, infatti, un’indagine rigorosa su ogni possibile fonte
documentaria, dalla stampa d’epoca agli atti processuali, fornendone sempre, da
illustre penalista qual è, una congrua e spassionata valutazione.
Egli ha saputo trarre, -
scrive ancora Pietro Lignola - tuttavia,
da una ricerca che rischiava l’aridità delle scartoffie, un racconto avvincente,
nel quale la realtà non ha nulla da invidiare alla fantasia dei più accreditati
autori di thriller giudiziari.
Oggetto principale della
narrazione è il processo Cuocolo,
nato dalle indagini del capitano dei carabinieri Carlo Fabroni e dalle rivelazioni del “pentito” Gennaro Abbatemaggio, su un duplice omicidio,
consumato il 5 giugno del 1906: vittime n’erano stati Gennaro Cuocolo, ladro, basista e ricettatore, massacrato con quarantasette
coltellate in Torre del Greco, e la sua convivente Maria Cutinelli, uccisa nella loro abitazione napoletana in Via Nardones
95. Il processo Cuocolo, nonostante i grandi mutamenti della legge processuale,
non appare, al lettore contemporaneo, granché diverso dai maxiprocessi d’oggi.
Nessun commento:
Posta un commento