“L’ergastolo ostativo è una pena disumana”
“In questo momento storico siamo un Paese in grosso affanno”
Qualcuno, probabilmente, troverà l’intervista a Enrico Ruggeri atipica e fuori da quelli che sono i canoni delle interviste fatte a un artista.
Nella lunga e simpatica chiacchierata-intervista con il cantautore milanese per una volta non si è parlato di musica, appena qualche riferimento storico e qualche critica piuttosto soft, ma di Giustizia. Un problema molto sentito dal cantautore, da sempre in prima linea per impegno sociale, che non ha mai disdegnato di sottolinearlo nei suoi brani e nelle sue trasmissioni televisive. Anche stavolta ha parlato a cuore aperto, senza peli sulla lingua e senza timori reverenziali. Nelle sue parole non c’è stata alcuna “strategia di auto promozione” ma un leale confronto e una leale esposizione del suo pensiero.
Enrico, intanto grazie per avere accettato un’intervista nella quale l’argomento principale non è la musica ma la Giustizia. Dallo scontro infinito magistratura-politica ai numerosi errori giudiziari, dai processi infiniti ai diritti dei cittadini troppo spesso banalmente violati fino alle continue sanzioni dell’Unione Europea, il sistema giudiziario è in pieno caos. Enrico, cosa succede…
La Giustizia è un tema al quale tengo molto e quindi è un piacere per me rispondere alle tue domande. Credo che il sistema giudiziario sia in grosso affanno e questo dipende da tanti fattori. Uno potrebbe essere il fatto che in Italia ci sono tre poteri-legislativo, esecutivo e giudiziario- e tutti questi tre poteri in qualche modo cercano di prevaricarsi e quindi il potere esecutivo con i decreti legge diventa legislativo, il potere legislativo cambia in continuazione e il potere giudiziario, inutile nascondersi dietro a un dito, troppo spesso non è in linea con il potere legislativo e cerca di prevaricarlo.
Questo è da sempre sotto gli occhi di tutti. A questo aggiungi un ordinamento della Giustizia molto simile a quello della Sanità: se ti ammali e hai i soldi sei molto più avvantaggiato di chi i soldi non li ha e si deve affidare alle strutture pubbliche. Nella Giustizia accade lo stesso. Se hai delle grane e hai i soldi allora hai anche la possibilità di avere ottimi avvocati, tirare le cause a lungo e quindi avere dei vantaggi che la maggior parte dei cittadini non può avere. Non è certo questa la Giustizia che volevano i padri costituenti.
Nel 2003 con la canzone dal titolo Nessuno Tocchi Caino, hai affrontato il tema della pena di morte. In Italia, non abbiamo la pena di morte, ma per alcuni reati dove non ci sia stato il “pentimento” e la conseguente delazione e denuncia dei propri complici,è stato introdotto l’ergastolo ostativo, una specie di pena di morte senza esecuzione. A circa duemila detenuti è stata negata anche la speranza del ravvedimento, del reinserimento nel mondo che si tramuta in una vera e propria condanna a morte che viola e stravolge la nostra costituzione…
L’ergastolo ostativo non solo è disumano ma soprattutto crea una serie di discrepanze clamorose. Mi viene in mente tutta la fase post anni di piombo nella quale sono rimasti in galera per 15 anni dei soggetti che magari avevano fatto degli espropri o resistenza alla forza pubblica e poi hanno fatto tre anni di carcere persone che hanno sparato e ucciso. Ricordo i casi di alcuni terroristi che si erano macchiati di diversi omicidi ma dopo qualche anno di galera sono stati rimessi in libertà mentre alcuni dei loro compagni denunciati da loro stessi, per reati infinitamente minori, si sono scontati dieci, quindici anni.
Che significa tutto questo?
Significa che lo Stato è debole. Solo uno Stato debole fa leggi sui pentiti come quelle che abbiamo noi, uno Stato che non riesce a fare fronte a fenomeni criminali, guarda tutti i casi di mafia, ‘ndrangheta, camorra eccetera, e quindi non riesce a fare sentire la sua presenza. Le conseguenze, purtroppo, sono queste.
Eppure, nonostante tutto, parlare di Giustizia nel nostro Paese è un tabù inviolabile…
In questo momento siamo un Paese smarrito in cui ci sono temi, ahimè, che vengono sentiti di più dalla gente. Almeno fino a quando non vengono toccati direttamente. Già, perché spesso se le cose non ti toccano da vicino non le avverti come un pericolo o un problema. Questo è un errore che la gente non deve commettere.
Un tabù che si trasforma in paura…
Il problema nasce dal fatto che i temi vengono trattati, o non trattati, a seconda degli schieramenti politici di appartenenza e su questo siamo incredibilmente ottusi. L’ala giustizialista è un po’ becera, per esempio, non ne parla e quando questo accade è perché è successo qualcosa a qualcuno. Solo allora trova lo spazio per iniziare con i proclami del prendiamoli tutti, delle leggi speciali, ecc. L’area libertaria, che poi diventa l’area buonista e cattocomunista, non ne parla perché crea imbarazzo anche a loro. Questo perché ogni cosa, in questo Paese, è subordinata al dibattito politico: non c’è nessuno che dice quello che pensa ma solo quello che pensa il suo schieramento.
In più ci si mettono certe trasmissioni televisive che, invece di analizzare i fenomeni criminali, mettono alla gogna mediatica il malcapitato di turno solo perché fa audience e quindi business…
Queste trasmissioni sono business, sono solo puro intrattenimento e non guardano in faccia a nessuno per cui chi capita… capita. Spesso il primo poveretto che capita viene messo sulla gogna mediatica, processato prima in televisione e solo dopo in tribunale. L’unica cosa, non proprio negativa, è che certe trasmissioni valgono quanto uno spot pubblicitario o l’esibizione di un cantante e, quindi, spesso passa tutto così velocemente da essere dimenticato relativamente in fretta.
Anche tutti quegli artisti che fino agli anni ’80 hanno cantato la protesta oggi hanno ammainato la bandiera dell’impegno sociale progressista. Cosa è successo?
L’artista teme l’impopolarità e quindi fa solo quello che non lo rende impopolare. Ne ho parlato in una canzone che si chiama L’onda.
La gente non esprime giudizi per quello che pensa come facevano Pasolini, Flaiano, Gaber, Guareschi o De André. Oggi quelli che hanno la possibilità di parlare cercano di dire delle cose che possano avere il massimo seguito e scontentare meno persone possibili. Sono solo strategie di auto promozione per cui è impensabile che in uno scenario del genere arrivi uno che sparigli il mazzo e dica cose impegnative. Tutti dicono quello che immaginano possa essere di gradimento generale.
Fabrizio De André, in una celebre frase, disse: “Ho sempre avuto due chiodi fissi: l’ansia di giustizia e la convinzione presuntuosa di poter cambiare il mondo. Oggi quest’ultima è caduta”. Enrico per te la convinzione di poter cambiare il mondo è caduta o è sempre viva?
I viaggi, piccoli o lunghi che siano, iniziano sempre con un primo passo. Io credo ancora che una canzone possa smuovere le coscienze. Cambiare il mondo è una parola grossa e molto spettacolare però dal punto di vista oggettivo il mondo cambia anche in una piccola cosa pertanto dico sì, la voglia di cambiare è sempre viva.
Il futuro è un’ipotesi ma…?
Il futuro è sempre un’ipotesi sulla quale siamo in grado di intervenire e credo che almeno singolarmente lo si possa fare. Io sono e resto abbastanza ottimista.
Come vedi il progetto di DELITTI & MISTERI, e la sua voglia di aprire un dibattito sulla Giustizia allargato a tutti i cittadini e non solo agli addetti ai lavori?
Credo che qualunque progetto, e ci metto naturalmente anche DELITTI & MISTERI, se portato avanti con onestà intellettuale potrà essere sempre molto utile. Pertanto spero che il vostro progetto vada avanti e faccio a tutti voi un grosso in bocca al lupo.
Intervista di Francesco Mura
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