Accadde a Marcianise il 28 dicembre 1953
Gaetano Delli Curti uccise la moglie, Antonietta Cirillo con la complicità dell’amante Angelina Delli Paoli.
Le Assisi d’appello
- dopo sette anni – il 22 maggio del 1960 - confermarono
la pena a lui, difeso dagli
avvocati Alberto Martucci e Prof.
Pasquale Di Gennaro
A
lei, assistita dal prof. Enrico
Altavilla,
furono inflitti solo
trent’anni.
Una perizia
psichiatrica, compiuta dal direttore del
Manicomio giudiziario di
Aversa, Prof. Giovanni Amati, aveva
riconosciuto pienamente sano di mente il Delli Curti.
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Un crimine mai
accaduto nelle cronache
giudiziarie italiane.
Una notte, durante le
feste di Natale, nella stanza
dove era
allestito il Presepe e dove
dormivano i
suoi
tre bambini, un agricoltore, fatta entrare a
piedi nudi l’amante, strangolò,
con la
complicità dell’amica, la
moglie che
attendeva a giorni un quarto figliolo
Marcianise – Le prime notizie
parlavano di una misteriosa morte di una giovane madre. Si ignoravano i particolari. In via Carbone, al
numero civico 23 di Marcianise, era
stata trovata morta, Maria Cirillo, casalinga, madre di tre figli ed in stato
interessante al nono mese di gravidanza. Era stato lo stesso marito della
donna, il 24enne Gaetano Delli Curti, autista a dare l’allarme. Ma agli inquirenti il conto non tornava. Il
cadavere presentava tracce di strangolamento e l’uomo – correva voce in paese –
aveva un’amante, l’operaia 26enne Angelina
Delli Paoli.
Il Prof. Domenico Tarsitano, psichiatra, dell’Università
di Sassari, chiamato dal magistrato inquirente per l’autopsia del cadavere,
in sede di esame, riscontrava evidenti segni di soffocamento e varie
escoriazioni al collo della donna. Intanto
il marito della vittima aveva invece dichiarato ai carabinieri che aveva, al
suo rientro a casa, trovato la moglie a
letto che sembrava dormire ma non rispondeva alla sua chiamata.
Nella stessa notte, per meglio avvalorare
la sua messinscena, il Delli Curti si recava alle tre di notte, dalle sorelle
della moglie, Rosa e Antonietta Cirillo, dicendo che Maria, sua moglie, aveva avvertito un malore. La circostanza,
però, apparve subito strana ed i carabinieri ipotizzarono l’uxoricidio anche
perché in caso di malore essendoci un ospedale l’uomo avrebbe dovuto per prima
cosa far ricoverare di urgenza la moglie. Lui - disse alle sorelle:”Nel frattempo vado a chiamare un…medico!”.
Le due donne, svegliate nel cuore della
notte, si recarono immediatamente a casa
della sorella ma la trovarono ( almeno così sembrava ) che dormiva placidamente
accanto ai suoi tre figlioletti, di 7, 5 e 2 anni. Non la volevano disturbare, per
farla riposare, perché a momenti avrebbe dovuto partorire il quarto figlio.
Poi la drammatica scoperta. Con grida strazianti le due donne
svegliarono tutto il vicinato. “Correte…correte,
Maria è stata uccisa”. I
vicini - perplessi e sconcertati –
dichiararono che la donna era stata benissimo fino alla mezzanotte ed aveva
addirittura giocato a ”tombola” con loro.
Intervennero i carabinieri – che nel frattempo avevano fermato il marito - il quale interrogato in proposito non dava
spiegazioni plausibili. Ma i vicini
confermarono che tra i due giovani coniugi vi erano continui litigi
specialmente per la tresca che l’uomo manteneva con Angelina Delli Paoli, una
avvenente e sensuale donna che fu subito accompagnata – per un confronto - in caserma.
Alla precisa contestazione che la moglie
era stata uccisa per soffocamento il Delli Curti continuava a protestarsi
innocente. Poi venne fuori la verità di un orrendo e macabro delitto, commesso in circostanze che fanno
rabbrividire ogni essere umano anche il tipo più spietato. I colpevoli dopo
pressanti interrogatori confessarono ma- come in circostanze analoghe –
incominciarono ad accusarsi a vicenda.
Venne fuori in tutta la sua drammaticità
la complicità della “donna-amante”. Cacciata dai genitori dalla casa paterna
perché era diventata l’amante di un uomo sposato, Angelina Delli Paoli, viveva
in una lurida casa in via Traversa S. Michele. La donna – si appurò nel corso
delle indagini – aveva continuamente istigato il suo amante ad uccidere la moglie.
La scena si ripeteva spesso – tra un
amplesso e l’altro - e si discuteva
sempre delle modalità per ammazzare la rivale
– allorquando la Delli Paoli, che
coltivava la relazione da oltre due
anni, intimò un ultimatum al Delli
Curti: “Uccidi tua moglie perché mi devi
sposare”. Che follia, l’uomo, con un
modesto reddito e con tre figli, come avrebbe potuta sposarla anche se l’avesse
fatta franca con il delitto? Misteri delle menti perverse.
Il giorno 28 dicembre ( la notte del
delitto ) vi era stato un incontro amoroso tra i due amanti ed era emersa la
tesi secondo la quale bisognava – nella
stessa notte – mettere in atto ogni e qualsiasi azione pur di uccide la donna. Commettere,
cioè, qualsiasi disegno criminoso, pur di eliminare l’ignara mamma. “La uccidiamo mentre dorme – suggerì il marito alla sua amante - nel corso dell’amplesso natalizio – “ma tu mi devi aiutare”. L’amante
assenti: “Bene, stanotte l’uccidiamo, ci
vediamo più tardi”. Nessun risentimento di pietà per la rivale e per i tre
figlioletti.
Alle 22,30 di quella notte – i due amanti
assassini – si portarono nell’abitazione del Delli Curti e misere in atto il
loro orrendo crimine. Lui entrò per primo. Ad un segno convenuto entrò anche la
sua amante. Nel frangente una bambina di venti mesi che poco prima dormiva si
svegliò per fare la pipì e chiamò la madre che a sua volta si svegliò e
assistette la piccolina. La luce era guasta ( chissà se il criminale non aveva
manomesso il giorno prima l’impianto per preparare il crimine ) e la povera
donna accudì la bambina all’oscuro.
Avv. Prof. Alberto Martucci |
L’amante a quel punto – per non farsi
scoprire – si nascose accovacciata vicino al letto – trattenendo perfino il
respiro – aspettando che tutti riprendessero
il sonno. Il lasso di tempo fu di oltre due ore perché nel frattempo anche
un altro bimbo piccolo si era svegliato.
Poi lei si avvicinò al letto e afferrò la
povera donna per le gambe e per immobilizzarla lui, poggiò un ginocchio
sul ventre della moglie e con una mano le tappò la bocca per non farla gridare.
La poveretta invocò la mamma morta in cerca di aiuto: “Mamma, aiutami mi uccidono!”.
Ma non ci fu verso. Il marito stringeva il collo finché le sue forze
finirono…
Consumato il delitto la Delli Paoli
ritornò nel suo tugurio e fino alle sette del mattino successivo dormì un sonno
tranquillo ed alzatasi andò al lavoro. L’uomo, restato in casa col cadavere
della donna, dopo qualche ora, incominciò
il giro dei parenti per dare l’allarme. La mattina del 29 dicembre del
1953 un giovanotto di Marcianise, Domenico Cirillo, fratello di Maria la moglie del Delli Curti - andò dai carabinieri denunciando la morte
strana e improvvisa della sorella e informando l’autorità giudiziaria dei suoi
sospetti.
Per due giorno i due amanti resistettero
alle accuse rigettando ogni addebito. Poi la sagacia del maresciallo dei
carabinieri Vincenzo Vicariello che
aveva subodorato l’inganno fece crollare i due assassini.
Avv. Prof. Alfredo De Marsico |
“Voi
vi trovate innanzi a un crimine mai accaduto nelle cronache giudiziarie
italiane”. Queste le parole,
rivolte ai giurati della Corte di
Assise di Appello di Napoli, dal pubblico ministero che sostenne l’accusa
per il delitto commesso a Marcianise. E
continuò: ”Dove una notte, durante le
feste di Natale, nella stanza dove dormivano i suoi tre bambini, un agricoltore,
Gaetano Delli Curti, fatta entrare a piedi nudi l’amante, strangolò, con la complicità dell’amica, la moglie Maria, che attendeva a giorni un
quarto figliolo”.
“La
relazione fra il Delli Curti e una
procace contadina, Angela Delli Paoli, - proseguì il pubblico ministero
nella sua requisitoria - era nota a tutti nel paese. Da tempo la ragazza
- per il suo comportamento
libertino - era stata scacciata di casa dai genitori. Il suo amante Gaetano Delli Curti, le aveva affittato alcune stanze e di fatto aveva messo su due famiglie, dividendosi fra la casa della
bella Angela e la sua, dove viveva con
la moglie e tre figli. Per
convincerlo - disse il pubblico
ministero - ella gli pose una condizione:
o liberarsi della moglie per poi vivere insieme o non vederla mai più”.
Nel
corso del dibattimento si erano
appurati altri particolari. “Il tempo - dirà ai giudici
l’uxoricida - non passava mai. Udii nel silenzio della notte anche suonare le ore all’orologio del
campanile. Erano le quattro. Quando sentii che lei non si dibatteva più e anzi
a poco a poco i suoi muscoli si rilassavano, mi levai”.
Si apprese anche che Maria Cirillo, qualche giorno prima del
delitto aveva affrontata la rivale,
coprendola di insulti e di percosse.
Questo episodio evidentemente accese di
furore Angela Delli Paoli, spingendola
ad attuare il piano che trovò il consenso dell’uomo.
“L’assassino – spiegò ancora il pubblico ministero - infatti, subito dopo il delitto, non si preoccupò minimamente di
costruirsi un alibi, anzi, si diede ai
bagordi con la sua amante, lasciando il
cadavere della donna uccisa nella stanza
mentre i tre figli dormivano”.
Una perizia accertò che la
donna era stata uccisa per soffocamento. Dopo di ciò vennero arrestati il
marito della vittima, e la sua amante. I due in un primo tempo tentarono di
negare, poi non solo confessarono, ma volendo diminuire ognuno la propria responsabilità, rivelarono
numerosi particolari agghiaccianti del terrificante omicidio accusandosi reciprocamente.
La ricostruzione dell’agghiacciante uxoricidio fu minuziosa – da parte della pubblica accusa
– che trattenne il pubblico con il fiato sospeso per oltre tre ore. “Agli inquirenti, però, il delitto di
Marcianise apparve chiaro in ogni suo
aspetto. La donna rimase in attesa sulla via aspettando il segnale visibile da
un’imposta lasciata socchiusa. Come segno avrebbe fatto scattare l’accendisigari.
Quando nel buio apparve la fiammella, lei avanzò passando da un vano terraneo
lasciato abitualmente aperto dall’inquilino che si ritirava all’alba dopo il
lavoro notturno”.
“Di
là attraverso il cortile comune e la porta rimasta socchiusa dal complice, fu
in pochi secondi nella casa ove la donna e i tre bimbi dormivano ignari.
Avanzando carponi, giunse vicino al letto dalla parte dove giaceva lui.
Senonché a questo punto accadde un fatto imprevisto: un bambino si mise a
piangere nel sonno. La madre lo udì e si levò prendendolo in braccio e
cullandolo. Quando lo vide riaddormentato si coricò anche lei. Ma per ucciderla
doveva essere ben immersa nel sonno. Un sospetto, un grido - ragionavano i due
assassini - avrebbe fatto fallire ogni cosa”.
“E
nell’attesa lei rimase raggomitolata per terra in ginocchio, pronta a balzare.
Due ore durò l’agguato. E quando il respiro della moglie fu calmo e sereno,
allora, dopo un sussurro, i due le balzarono addosso. Lei le immobilizzò le
gambe, lui dopo averle stretto con la mano sinistra il naso, le pose il palmo
dell’altra sulla bocca e stette così venti minuti”.
La Corte di Assise del Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere condannò entrambi
all’ergastolo. Le Assisi d’appello -
dopo sette anni – il 22 maggio del 1960 -
confermarono la pena a lui, difeso dagli avvocati Alberto
Martucci e Prof. Pasquale Di Gennaro,
che una perizia psichiatrica, compiuta dal direttore del Manicomio giudiziario di Aversa,
Prof. Giovanni Amati, aveva
riconosciuto pienamente sano di mente. A lei,
assistita dal prof. Enrico
Altavilla, furono inflitti solo
trent’anni.
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