Prosegue la rievocazione dei delitti più efferati
della terra di lavoro. Per lunedì 13
ottobre sarà rievocata la triste e aberrante vicenda del mostro di
Vico di Pantano che in una vampata
d’odio uccise 4 persone. Il terribile fatto di sangue accadde a Villa Literno
nel maggio del 1953. Subito dopo
l’eccidio nella zona, attanagliata dal
terrore, non si circolava più. La voce che il pazzo omicida si nascondeva nelle campagne, carico di armi e di follia,
fece sbarrare fattorie e casolari, ed i pochi contadini usciti per il lavoro si
guardano intorno, trepidanti, pronti a gettarsi giù ai primi spari in questa
tragica ed affannosa caccia all’uomo. Occorre però aggiungere che, mentre,
com’è naturale, la popolazione chiedeva l’aiuto dei carabinieri, d’altra parte
essa fa ben poco, per aiutarli, in parte paralizzata dalla paura, in parte
dall’omertà, abituale in questa plaga. Infatti
è raro che contadini, mandriani, butterai del Basso Volturno si rivolgano
all’autorità giudiziaria: in genere sistemano da soli i propri conti… così fece
il “mostro”. Perché compi la strage il
criminale di Villa Literno? Si costituì
ai carabinieri sotto lo studio del suo Avvocato: Giuseppe Garofalo. Sparò al fratello ed altre 3 persone per le offese
fatte alla sua amante. Salvatore
Capoluongo fu riconosciuto infermo di mente e condannato a pochi anni di
manicomio criminale.
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