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mercoledì 17 dicembre 2014

Carceri, radicali in sciopero della fame. L’avvocato Iannotti: ecco perché digiuno anche io


dGenny Iannotti (Il Casertano)

Ognuno di noi non deve perdere l’occasione per testimoniare le cose in cui crede. Ecco perché ho subito aderito all’iniziativa della Satyagraha (teoria etica e politica elaborata e praticata da Gandhi, Martin Luther King e Aung San Suu Kyi che consiste essenzialmente in una lotta nonviolenta) dell’associazione Radicale “Legalità e Trasparenza” di Caserta sicché, il 16 dicembre, inizierò un simbolico sciopero della fame di ventiquattr’ore per protestare contro il degrado delle carceri e contro l’assoluta inerzia del mondo politico rispetto al tema.

Siamo in molti, in questo periodo, a non toccare simbolicamente cibo per un giorno per ricordare a tutti lo stato di degrado nel quale versano le carceri in Italia; lo stiamo facendo insieme ai leader radicali Marco Pannella e Rita Berardini i quali ciclicamente avviano scioperi della fame e della sete per denunciare quella che hanno definito “una vera e propria shoah da parte dei mezzi di informazione italiani”, a partire dal servizio pubblico radiotelevisivo, nei confronti dell’emergenza carceri.
Anche ad agosto 2011 “scioperai” simbolicamente per una giornata, partecipando ad una staffetta deliberata dall’Unione delle Camere Penali Italiane. Fu una staffetta straordinaria, iniziata il primo giugno 2011 con l’allora Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane Valerio Spigarelli per essere seguito da tutti i membri della Giunta e dell’Osservatorio carceri e poi, ancora, da numerosissimi iscritti alle Camere Penali locali.
In tre anni, nonostante le pesantissime e umilianti condanne che la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha inflitto all’Italia, poco è stato fatto contro la drammatica situazione in cui versano le carceri italiane.


In questo contesto, L’Unione delle Camere Penali denuncia, da molto tempo, i gravissimi problemi delle carceri, il sovraffollamento che le riempie fino all’inverosimile e i frequenti suicidi, segnale drammatico delle condizioni di gravissimo disagio fisico e psichico in cui vivono i detenuti.
E dopo tre anni …noi siamo ancora qua (…eh, già) a protestare, ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su un problema gravissimo, sperando di smuovere il mondo della politica che, sul problema carceri, sembra essere del tutto indifferente nonostante le promesse e nonostante il problema investa non solo la dignità e la salute dei reclusi ma anche, in definitiva, tutto il sistema delle sanzioni del codice penale, l’uso della custodia cautelare ed anche il funzionamento stesso della giustizia.
Per riportare le condizioni delle carceri nelle caratteristiche imposte dall’art.27 della Costituzione, che vieta trattamenti detentivi contrari al senso di umanità ed impone la finalità rieducativa della pena, bisogna necessariamente rimodulare il “vitello d’oro” dell’obbligatorietà dell’azione penale e disporre quanto prima l’amnistia.
Contro questi due necessari provvedimenti, la politica (e parte della magistratura politicamente impegnata) contrappone il diritto alla sicurezza del cittadino in quanto la discrezionalità dell’azione penale e l’amnistia creerebbero sacche di impunità che “farebbero sentire insicuri” i cittadini.
E io digiuno anche contro questa tautologia (modo elegante per definire le cazzate) perché se è vero che la sicurezza è un predicato del soggetto civiltà è ancora più vero che il sovraffollamento è il fratello gemello della inciviltà di un Paese.
Durante questa giornata di sciopero della fame leggero’ un libro: L’uomo che guarda, il libro con cui il grande Alberto Moravia vinse la sua guerra letteraria contro tutti i tabù della società italiana del dopoguerra.
Io, invece, vorrei che in Italia fosse introdotto un tabù: quello della tortura.


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