Continua il nostro viaggio
attraverso i racconti brevi dei più
efferati delitti di “Terra di
Lavoro”. Per lunedì 5 gennaio 2015, tratteremo un delitto di Marcianise che accadde nell’estate del
1938 e il conseguente clamoroso processo
a Giuseppe Conte, un contadino di 50
anni che fu condannato all’ ergastolo per il matricida e che ordinò alla figlia Maria finisci di ucciderla tu.
La giovane 18enne fu condannata ad otto anni di reclusione, che poco dopo la
sentenza si uccise gettandosi dalle scale del quarto piano della prigione di
Pozzuoli. Si disse di lei di una ragazza bruciata nel suo destino da una
nonna megera ed un padre assassino.
Il fatto in breve. Il contadino Giuseppe Conte, avuto dalla madre il rifiuto di
far collocare sotto un arco del suo cortile un mucchio di paglia, scende nel cortile, vibra due colpi d’una
pesante affilata mannaia nella nuca della
vecchia, chiama la figlia Maria, le consegna l’arma, le grida il truce comando.
Dopo la prima e seconda condanna con la conferma dell’ergastolo, in seguito all’accoglimento del ricorso per
Cassazione, il processo fu rinviato alla
Prima Sezione della Corte d’Assise di Napoli, Presieduta dal
magistrato Nicola Cedrangolo, pubblico
ministero Vincenzo Prisco, la quale, dopo aver sottoposto, nel frattempo, a diverse perizie psichiatriche
l’imputato, al termine del processo, con
la valida difesa del Prof. Avv. Alfredo
De Marsico, e dell’Avv. Vittorio
Verzillo, con la concessione
del vizio
parziale di mente condannò il
matricida Giuseppe Conte, a ventun anni
di reclusione.
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