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martedì 16 febbraio 2016







L'arma del delitto fu comprata col sì dei Carabinieri, la Difesa deve risarcire le vittime


di Luigi Ferrarella

Corriere della Sera, 16 febbraio 2016

Ucciso dal vicino di casa nel 2002 dopo una lite per il volume della tv. Le denunce sulle minacce del killer mai trasmesse alla questura che acconsentì all'acquisto della pistola. Il giudice: "Comportamento colposo dei carabinieri". Uccise il vicino di casa "perché teneva troppo alto il volume della tv", e nel dicembre di 14 anni fa lo fece con una pistola calibro 7.65 acquistata qualche mese prima con il "nulla osta" della Questura di Milano, ma ora il Tribunale civile di Milano condanna il Ministero della Difesa (in solido con l'assassino) a risarcire quasi 2 milioni di euro alla vedova e ai figli per le omissioni colpose dei carabinieri della caserma di Pioltello proprio attorno a quel "nulla osta": rilasciato regolarmente nel giugno 2002 da una Questura resa però cieca dal fatto che i carabinieri di Pioltello non le avessero trasmesso le due denunce di minacce di morte che la famiglia della futura vittima aveva già presentato in caserma in marzo e maggio.
Ucciso dopo una lite per il volume della tv - Il 2 dicembre del 2002 a Pioltello, nell'hinterland milanese, un pensionato di 63 anni era salito al piano superiore dal vicino di casa: si lamentava per i rumori domestici e in particolare il volume della tv, e a colpi di pistola aveva ucciso il capofamiglia 43enne e ferito la moglie 37enne sotto gli occhi dei due figli, venendo condannato nel 2003 in primo grado a 15 anni (quasi 24 di pena base diminuita dello sconto di un terzo legato al rito abbreviato), ulteriormente ridotti nel 2005 in appello a 11 anni e 8 mesi. La condanna aveva anche stabilito una provvisionale di 100.000 euro, nei fatti però quasi del tutto teorica perché la vedova al più aveva potuto solo pignorare un quinto della modesta pensione dell'assassino.
L'acquisto della pistola e il nulla osta della questura - Soltanto nel dicembre 2011 i familiari della vittima, con l'avvocato Marco Veneruso, da un accesso agli atti disposto dal Tar avevano appreso la circostanza su cui poggia tutta la causa civile decisa adesso dalla decima sezione del Tribunale: il retroscena del "nulla osta".
All'epoca dei fatti, e cioè prima delle modifiche del 2006 e 2010, era la Questura all'esito di una istruttoria amministrativa a rilasciare i "nulla osta" (validi per un mese) all'acquisto di un'arma da detenere in casa senza poterla mai portare fuori, dunque cosa diversa dalla licenza al porto d'armi. Il futuro assassino aveva chiesto questo "nulla osta" il 31 gennaio 2002 alla stazione dei carabinieri di Pioltello, che il 29 marzo aveva attestato l'assenza di "elementi controindicativi" e inoltrato parere favorevole alla Questura, che a sua volta aveva interpellato la Procura di Milano e alcuni altri comandi dei carabinieri in Campania, sempre raccogliendo nessun avviso contrario. L'8 giugno 2002 la Questura aveva quindi rilasciato il "nulla osta" col quale l'uomo avrebbe successivamente comprato la pistola calibro 7.65 usata, sei mesi dopo, per uccidere il vicino di casa. Solo fatalità?
Le denunce mai comunicate dai carabinieri - Non del tutto. Perché esattamente in quel periodo, e cioè mentre la Questura svolgeva l'istruttoria amministrativa e chiedeva lumi ai carabinieri di Pioltello, proprio ai carabinieri di Pioltello la famiglia della futura vittima presentava due querele (il 10 marzo e il primo maggio 2002, seguite da una terza il 31 agosto) in cui denunciava le minacce di morte ricevute dal vicino di casa, che in dicembre le avrebbe poi sanguinosamente concretizzate: ma nessuna di queste denunce, in parte confermate all'epoca anche da alcuni testimoni, fu trasmessa dai carabinieri di Pioltello alla Questura di Milano o alla Procura. Accadde così che questi elementi - che, pur non costituendo precedenti penali, sarebbero però stati "rivelatori di una condotta sintomatica di una possibilità di abuso dell'arma" da parte di chi chiedeva di acquistarla - non poterono essere presi in considerazione dalla Questura, che in loro presenza non avrebbe rilasciato il "nulla osta".
Nel ragionamento della sentenza della giudice civile Annamaria Salerno si crea così una catena causale che dalla condotta dolosa dell'assassino (l'omicidio commesso con la pistola) risale all'acquisto dell'arma, legittimo in sé in forza del "nulla osta" della Questura, ma propiziato dall'omessa trasmissione delle denunce e cioè dai "comportamenti colposi dei carabinieri che hanno indotto la Questura a rilasciare l'autorizzazione".
E "il mancato riscontro di elementi ostativi ha avuto incidenza causale diretta e immediata rispetto al compimento dell'omicidio", perché il processo ebbe già modo di ricostruire come il delitto fosse stato determinato da "modalità impetuose e non premeditate" dall'assassino, "in preda a un contingente stato di ira irrefrenabile" che non avrebbe avuto sbocco letale se l'omicida non avesse avuto la disponibilità di una pistola: "Il possesso dell'arma ha determinato la volontà omicida repentinamente manifestatasi".
Ministero condannato al maxi-risarcimento - Per l'omissione dei carabinieri nel 2002 (coperta ormai dalla prescrizione penale, ma ancora non dalla prescrizione civile visto che i familiari ne ebbero conoscenza per la prima volta nel 2011) paga quindi ora il ministero della Difesa, con il quale l'Arma ha dipendenza organica: insieme all'assassino (ma in realtà essendo l'unico portafoglio capiente) il ministero dovrà dunque risarcire 666.000 euro alla moglie dell'ucciso, 575.000 a ciascuno dei due figli, più 40.000 euro di spese legali.
 

UNA SENTENZA CHE POTREBBE SPIEGARE LA SUA INFLUENZA IN DUE CLAMOROSI CASI DELLA NOSTRA PROVINCIA. IL DELITTO DEL FINANZIERE DI MONDRAGONE CHE UCCISE ABBATE E LA STRAGE DI DOMENICO CAVASSO NEL 1995 ALL’IPOTECA DI SANTA MARIA C.V. IN ENTRAMBI  CASI VI SONO GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ PER LE ARMI. SOTTO ACCUSA LA DIREZIONE  DEL CARCERE DI CARINOLA E I VERTICI DELLA GUARDIA DI FINANZA.



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