Giudizio “mediatico” e contradditorio negato
L’Avvocato penalista Francesco Picca, del Foro di Napoli, difensore
di quella faccia da mariuolo di Lorenzo Diana si lagna di un articolo apparso
su Il Mattino con il quale si pubblicava la reiterazione dell’accusa nei
confronti dell’ex professionista dell’antimafia (da parte di Brancaccio) che
ribadiva la dazione di una bustarella consegnata all’immacolato fautore dell’antimafia
di Euro 25 mila. Processo mediatico senza contraddittorio. Leggi sotto lo
scritto di Picca. Bene. Fosse in lui ricorderei al cliente quante volte ha
usato il mezzo giornalistico per infangare avversari e personaggi che veramente
combattevano la camorra (non sotto copertura come lui); fossi in lui, terrei
ben presente le interrogazioni del sen, Emiddio Novi e quelle di Carlo Taormina
(rimaste nella storia) invece di screditare
la fonte di accusa (Brancaccio e Orsi sono stati arrestati); troverei argomenti
validi per il contraddittorio con i pubblici ministeri della Direzione Distrettuale
antimafia di Napoli; fosse in lui consiglierei al cliente di rinunciare la
scorta che rappresenta veramente uno spreco inutile ed uno schiaffo al buon
senso. Fossi in lui… sarebbe stato un buon momento per tacere. Lorenzo Diana ha
tre gravissimi processi penali a carico e come tutti dovrebbe avere la
presunzione di innocenza… ma lui, come tanti, pensa che questa presunzione
valga soltanto per alcuni e non per tutti.
Giudizio “mediatico” e contradditorio negato
|
di
Francesco Picca*
Il
Mattino, 2 marzo 2016
L'articolo
pubblicato sul Vostro quotidiano il 20 febbraio 2016 dal titolo
"Politica e clan. Brancaccio conferma le accuse: diedi a Diana 25mila
euro" induce ad alcune riflessioni di ordine generale. L'articolo traeva
spunto dalla pubblicazione "integrale" del verbale di interrogatorio
di Brancaccio Angelo, ex esponente politico casertano, accusatore di Lorenzo
Diana, in merito ai presunti rapporti intrattenuti da quest'ultimo con
l'imprenditore eco-mafioso Sergio Orsi. Il verbale di interrogatorio era
stato depositato dalla Procura di Napoli, nell'ambito dell'indagine a carico
del Diana, pochi giorni prima della pubblicazione sul Vostro quotidiano.
La prima riflessione che si impone è quella relativa all'anomalia che un atto di indagine, di cui "il difensore e l'indagato hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia", si trasformi da atto di indagine ad atto "di accusa pubblica", attraverso la sua pubblicazione integrale. È inevitabile che, in tal modo, l'atto finisca per travalicare "il suo specifico processuale" e si trasformi nell'ennesima tappa di un processo mediatico che non è regolato da alcuna norma processuale ma si alimenta attraverso la costante violazione delle stesse. L'episodio chiama in causa, in termini "drammatici", il rapporto tra i diritti di cronaca e di informazione (diritti il cui esercizio è, ormai, confinato in un circuito "autoreferenziale") e la tutela della dignità pubblica e privata dell'indagato. Che, ad esempio, nella vicenda giudiziaria oggetto dell'articolo c'entri poco o nulla il diritto di cronaca e di informazione è dimostrato dalla circostanza che nell'articolo non si dice (e, dunque, mai nessuno saprà) che: Angelo Brancaccio e lo stesso Sergio Orsi sono stati arrestati proprio (o anche) a seguito di dichiarazioni accusatorie rese da Lorenzo Diana, ritenute attendibili dalla Procura di Napoli; Lorenzo Diana, senza soluzione di continuità, dall'anno 2000 ad oggi, ha denunciato alle Autorità Giudiziarie, Politiche e di Polizia la contiguità dell'imprenditore Sergio Orsi con il sistema camorristico; entrambi, dunque, avevano più di un motivo per consumare, anche attraverso lo strumento giudiziario, una propria vendetta nei confronti del Diana. Ma non è sulle questioni di merito specifico che si intende intervenire in questa sede. Ciò che si vuole evidenziare è la circostanza che, nell'articolo, si riporta il contenuto integrale del verbale di interrogatorio del Brancaccio consegnando, in tal modo, all'opinione pubblica un atto di accusa, impietoso quanto unilaterale, nei confronti del Diana. L'episodio non è più confinabile nell'ambito della ormai superata dialettica sull'informazione (incompleta o parziale) a cui corrisponde il diritto del soggetto, chiamato in causa, di richiedere la integrazione della informazione parziale. L'episodio si ricollega ad un interrogativo oggi sempre più pressante: quali tutele possiede (ora e subito) la persona indagata (e, dunque, assistita dalla presunzione di innocenza) che veda la sua vicenda processuale già risolta davanti al Tribunale dell'opinione pubblica con la pubblicazione dell'interrogatorio del suo accusatore? Nessuna! Il giudizio sulla dignità, sull'onesta e sulla colpevolezza dell'indagato viene già definito, attraverso la pubblicazione di un solo atto del complesso processo giudiziario, senza filtri e senza possibilità di contraddittorio. Tutto ciò accade nel silenzio, più assordante che imbarazzante, di Giudici e Procuratori che, per dettato costituzionale, sono i garanti della legalità e del rispetto dei principi giuridici, anche nei confronti di persone che risultano solo indagate. È auspicabile un intervento risolutivo delle prassi degenerative. Ciò in quanto "l'anticipato giudizio mediatico" non conosce ragioni di opportunità. Per esso si può essere un tempo carnefici e, poi, diventarne vittime.
*Avvocato
difensore dell'ex senatore Lorenzo Diana
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