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martedì 8 marzo 2016


OSPEDALE S. ROCCO DI SESSA AURUNCA


 DOPO 5 ANNI  LA  MAGISTRATURA DA’  RAGIONE ALL'OSTETRICA  
LOREDANA  SORVILLO 
E CONDANNA L’ASL/CE


Sessa Aurunca –  La Magistratura del Lavoro, con sentenza 338/2016, ha annullato, per illegittimità, il provvedimento disciplinare assunto contro l’ostetrica Loredana Sorvillo ed ha condannato l’ASL/CE : “a cancellarlo dal suo fascicolo personale, a pagare alla dipendente la retribuzione  pari a 5 giorni, con interessi fino al soddisfo, a risarcire le spese di lite per complessivi euro 2.309,00.” L’ostetrica è stata difesa dall’Avv. Gianluca Sasso e l’Ospedale dall’Avvocatura dello Stato. Della vicenda coi occupammo all’eèoca del provvedimento da queste colonne e
nessuna meraviglia o stupore, per noi osservatori, perchè, avendo, a suo tempo, approfondito l’evento, ricordiamo bene di aver previsto e preannunciato che il provvedimento di sospensione era cosparso di “anomalie” ed “omissioni” e che la Magistratura avrebbe potuto emettere , come ha emesso, una “Decisione” dai risvolti imprevedibili ed inaspettati. Una sentenza che, comunque, pesa come un macigno anche sulla capacità dirigenziale di chi ha costruito il provvedimento. L’Ordine del Magistrato di cancellare il provvedimento come  “evento giuridico”, perchè posto in essere violando la legge e di ritenere le motivazioni a sostegno apparenti e vacue, cioè prive di fondamento, fa percepire il provvedimento disciplinare in modo tale che definirlo cattivo,  e senza alcun rispetto della dignità dell’altro è già un atto di clemenza. Tanto perchè è stato costruito col supporto di ben quattro relazioni a firma del Referente, di tre Medici di ruolo, della coordinatrice e di una sua sottoposta, tutte convergenti contro la Sorvillo. Una vera e propria   associazione tra Dirigenti, Medici e paramedici per dipingere la Sorvillo con epiteti irripetibili che, anche se giudicati infondati dalla Magistratura, comunque sono penetrati, come coltellate, nell’animo della dipendente, lasciando ancora aperte le ferite procurate da quelle più sprezzanti come malevola, farneticante, sabotatrice, e da parte di tutti i Medici: distorce l’interpretazione dei fatti, manifesta vittimismo e se ne chiede l’allontanamento ad  “horas” ad altra sede.



Offese e denigrazioni che manifestano; più che l’esigenza di irrogare la sanzione, una forte voglia di presentare una immagine falsa e distorta della dipendente, vivendola come una gratificazione. Se si considera, poi, che tutto quanto fin qui riportato, costruito violando la legge e senza alcun fondamento di verità, come da sentenza, è diretto contro la Sorvillo, stimata e rispettata , nella struttura, tra le più corrette e professionali, mai destinataria di rilievi, richiami o ritardi di sorta anche se costretta a convivere da sola con la propria madre rimasta vedova e senza la presenza di una figura maschile, allora il provvedimento, senza alcun dubbio, è macchiato anche da una buona dose di cinismo.
Plausi ed elogi, infatti, sono stati espressi alla dipendente, dentro e fuori dell’ospedale. per aver avuto la capacità e la determinazione di sottoporsi a notevoli sacrifici economici pur di avere giustizia e rispetto della persona, dimostrando un incredibile spirito di sopportazione nel convivere in un contesto lavorativo difficile e con uno stato d’animo di facile immaginazione.
E’ fuor di dubbio, poi, che la sentenza, come sopra riportata, indipendentemente dai risvolti economici, ha generato nella dipendente , orgogliosa e piacevolmente soddisfatta, anche amarezza e rabbia.
Amarezza perchè umiliata, offesa e denigrata è stata costretta ad attendere 5 anni per vedere annullata dalla Magistratura un provvedimento disciplinare  costruito contro la sua persona, violando la legge e rubando la verità.
Rabbia perchè costretta a convivere in un reparto come un’appestata. L’esperienza insegna, comunque, che i comportamenti, come quelli fin quì riportati, lasciano profonde ferite anche sulla situazione psicologica delle vittime che prendono, quasi sempre, la strada per il riconoscimento di mobbing sul lavoro, a maggior ragione in presenza di una sentenza come quella appena descritta. Essendo a conoscenza della voluminosa casistica, certificata e documentata, in possesso della Sorvillo e, vista la spinta decisiva della sentenza a suo favore, riteniamo che la strada per il riconoscimento del mobbing sul lavoro sarà, certamente, imboccata dalla dipendente, convinta che basta saper attendere perché la giustizia arriva sempre a debellare soprusi e sopraffazioni.

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