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martedì 26 aprile 2016


CARO CARMELO,  MA QUESTO FERDINANDO CAMON CHI E?  MA SE TUTTI GLI ERGASTOLANI FOSSERO COME TE IL NOSTRO SAREBBE UN BELLISSIMO PAESE. QUALE SAREBBE ALLORA LA SOCIALIZZAZIONE E LA VOGLIA DI RISCATTO E DI PENTIMENTO SE NON LA CULTURA? COME CI SI REINSERISCE NELLA SOCIETA'. LA PENA DEVE ESSERE UNA RIEDUCAZIONE O UN OBBLIGO AL PENTIMENTO?

Fine pena: quando non è più necessaria.

di Carmelo Musumeci

Ristretti Orizzonti, 26 aprile 2016





- Lei non è abbastanza arrendevole, a quanto mi hanno detto. - Chi gliel'ha detto? - chiese K. (...) - Non mi chieda nomi, per favore, e corregga piuttosto il suo errore, non sia più così rigido, contro questo tribunale difendersi non si può, bisogna confessare. Faccia la sua confessione, appena può. Solo dopo se la potrà cavare, solo dopo. (Franz Kafka, Il processo)

Ho letto un articolo di Ferdinando Camon pubblicato su: "La Nuova Venezia" di mercoledì 13 aprile che mi ha fatto comprendere che sono un ergastolano senza scampo anche quando scrivo. L'autore di questo articolo mi rimprovera: "C'è un ergastolano a vita nel Veneto, Carmelo Musumeci, che scrive email, libri, e tempesta il mondo di messaggi: vuole uscire." Premesso che credo sia normale se un prigioniero cerca di uscire, in tutti i casi io lotto soprattutto per sapere quando finisce la mia pena. E penso di non far nulla di male se invio dalle sbarre della mia cella pensieri, emozioni e sogni. La cosa incredibile è che in questi venticinque anni di carcere in molti mi hanno chiesto di "farmi la galera" e di smettere di scrivere e di ululare alla luna. E me lo hanno chiesto sia le persone perbene sia molti uomini di Stato e anche alcuni mafiosi di spessore che mi hanno fatto sospettare che la pena dell'ergastolo serve anche a loro per non fare uscire dalle loro organizzazioni, fisicamente e culturalmente, i giovani ergastolani (perché lo dovrebbero fare se non hanno più nessun futuro).



Gentile Ferdinando Camon, Le confido che alcune sue parole mi hanno profondamente ferito e riportato indietro di molti anni. Mi hanno fatto capire che mi devo rassegnare perché nonostante tutti i miei sforzi per alcuni rimarrò per sempre l'uomo del reato e secondo Lei, se ho capito bene, non potrei scrivere se non iniziando a parlare dei miei reati. A parte che io ho sempre condannato le mie scelte del passato devianti e criminali nei miei libri, nelle mie tesi di laurea e in tutti i mie contributi scritti, ma non credo che quando si parla della "Pena di Morte Viva" (o "mascherata" come la chiama papa Francesco) sia essenziale parlare delle proprie vicende giudiziarie. In tutti i casi la mia storia giudiziaria è semplice, lo dice la motivazione della Corte d'Assise che mi ha condannato alla pena dell'ergastolo, che, nonostante la grande differenza fra verità vera e quella processuale, ha stabilito: "In un regolamento di conti il Musumeci Carmelo è stato colpito da sei pallottole a bruciapelo, salvatosi per miracolo, in seguito si è vendicato". In molti casi come il mio non ci sono né vittime, né carnefici, né innocenti, né colpevoli, perché sia i vivi che i morti si sentivano in guerra. E quando ci si sente in guerra, al processo non ci si difende, si sta zitti e ci si affida alla Dea bendata. Non si maledice la buona o la cattiva sorte, anche se si pensa spesso che i morti sono stati più fortunati dei vivi se i vivi sono stati condannati all'ergastolo.



Gentile Ferdinando Camon, Lei mi rimprovera anche di non avere mai collaborato e di non avere usato la giustizia per uscire dal carcere, ma io credo che un detenuto dovrebbe uscire dal carcere perché lo merita e non perché ci metta un altro al posto suo. E in tutti i casi non credo che sia una grave colpa accettare la propria condanna, giusta o sbagliata che sia. Poi dopo venticinque anni di carcere che cosa potrei dire o aggiungere a quello che i giudici hanno già stabilito nelle loro sentenze? Io penso che sia quasi impossibile rieducare una persona senza amarla, perdonarla e senza dirle quando finirà la sua pena. E tenere un uomo vivo dentro quattro mura, anche quando non è più necessario, senza neppure la compassione di ucciderlo è un assassinio peggio di quello per cui alcuni di noi siamo stati condannati. Mi creda l'ergastolo ostativo alla lunga ti mangia l'anima, il cuore e a volte anche l'amore, perché la vita senza una promessa di libertà non è una vita. Ci basterebbe un fine pena e poi potreste pure non farci più uscire perché che senso ha tenere in vita una persona se il suo ritorno alla società è impossibile? E come si fa a cambiare se non hai più futuro? Diciamoci la verità, la pena dell'ergastolo ostativo non è un deterrente, come non lo è la pena di morte negli Stati Uniti. Sono fortemente convinto che non ci sono ergastolani cattivi solo perché non collaborano con la giustizia, e mi creda in molti casi non lo fanno per omertà ma per motivi familiari (tutelare i propri figli) o personali. In tutti i casi penso che la pena dell'ergastolo non potrà mai essere giusta per nessuno, neppure per l'ergastolano che non s'è "convertito" ... se persino nella Francia rivoluzionaria l'assemblea Costituente mantenne la pena capitale ma vietò le pene perpetue: fu così che nel codice penale del 28 settembre 1791 la pena più grave dopo la morte fu la pena di ventiquattro anni.

Gentile Ferdinando Camon, credo che per non fare il male bisogna conoscere il bene e purtroppo molti di noi hanno conosciuto solo il male. Mi ricordo che da bambino quando la mia povera nonna mi portava nella piazzetta del paese e vedeva un uomo con la divisa, poteva essere anche un vigile, mi sussurrava "Stai attento ... quello è l'uomo nero." Come potevo non crederle? Con questo però non cerco attenuanti perché sì, è vero, sotto un certo punto di vista sono nato colpevole, ma poi ho deciso io di diventarlo. Adesso mi auguro solo un giorno di poter avere la possibilità di rimediare al male che ho fatto facendo del bene, perché la vera pena s'inizia a scontare fuori e quando sei cambiato. Sono anche convinto che non c'è migliore "vendetta" per la società che migliorare le persone, perché se si cambia ci si rende conto del male fatto, solo allora viene fuori il senso di colpa. E il senso di colpa è la più terribile delle pene, peggiore del carcere e dell'ergastolo senza scampo, per fortuna (o sfortuna) molti non lo sanno e preferiscono solo tenerci in carcere e buttare via le chiavi. Gentile Ferdinando Camon, le confido che le ho risposto non certo per farle cambiare idea, ma solo con lo scopo di metterle qualche dubbio. Buona vita. Un sorriso fra le sbarre.










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