Cosentino sta subendo un'ingiustizia, da 1.000 giorni in
prigione senza processo
di Valter Vecellio
Il Dubbio, 30 aprile 2016
D'accordo: Nicola Cosentino, l'ex sottosegretario del Pdl,
deputato per quattro legislature consecutive, nato a Casal di Principe,
Campania, è un fior di mascalzone; un camorrista o para-camorrista; di più: non
un semplice "cumpariello", è un capo-camorra, o come diavolo si
chiamano e si gerarchizzano tra loro. È perfino colpevole di tutte le imputazioni
che gli vengono contestate. Va bene così? Si è sgomberato a sufficienza il
terreno, per fugare dubbi e si è ribadito con sufficiente fermezza che
Cosentino è parte di quel genere umano che quando lo si incontra si cambia
marciapiede?
Lo si deve dire meglio: allora, di Nicola Cosentino come
persona, come individuo, non ci importa un fico secco. Chiaro?
Allora, qualcuno lecitamente può obiettare: perché
occuparsene? Perché perdere tempo con lui. Per la semplice ed ottima ragione
che Cosentino, anche se è quello che si è appena scritto, e magari anche di
più, ci riguarda direttamente. Non per quello che è, o che ha fatto, ma per
quello che subisce, ha subito, e per come lo ha subito e lo subisce.
Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, prima sezione
collegio B, dinanzi al quale pende il processo cosiddetto
"Carburanti", che vede imputato Cosentino per estorsione e illecita
concorrenza con l'aggravante mafiosa, ha stabilito che deve restare in carcere.
Il collegio ha respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare in
carcere con quella degli arresti domiciliari, fuori regione, avanzata dai
difensori; una decisione che "neutralizza" altri verdetti, questa
volta favorevoli a Cosentino, emesse mesi fa da altri due collegi dello stesso
tribunale, per processi che vedono Cosentino imputato per concorso esterno in
associazione camorristica. Una corte di giustizia ritiene necessaria la
carcerazione per un individuo accusato di illeciti "con l'aggravante
mafiosa". Altre corti di giustizia dello stesso tribunale dicono che lo
stesso individuo, pur accusato di "concorso esterno" non nuoce se
invece di soggiornare in cella, è detenuto ai "domiciliari". Una
logica deve senz'altro esserci. A riuscire a trovarla, beninteso.
Ma al di là delle logiche giudiziarie, che spesso sono
qualcosa di inafferrabile come la famosa araba fenice (ricordate Pietro
Metastasio? Si riferiva all'infedeltà in amore, ma può valere anche per le cose
di giustizia: "È la fede degli amanti/come l'araba Fenice, / che vi sia
ciascun lo dice, / dove sia nessun lo sa").
Il fatto è che l'infame Cosentino (si ribadisce l'infamità,
a beneficio e usbergo per possibili fulmini alla Piercamillo Davigo), in cella
non ci sta da ieri, o da una settimana, o da un mese. "Nick
'mericano", come un tempo lo chiamavano, ci sta da un migliaio di giorni.
E sarà pure 'mericano, ma lo è tanto da essere una sorta di Al Capone o di John
Gotti per cui lo si sbatte in cella e si butta via la chiave, senza prima darsi
pena di condannarlo "in nome del popolo italiano"?
Da quello che si crede d'aver capito, Cosentino entra in
carcere il 15 marzo del 2013. Le inchieste che lo vedono coinvolto sono
quattro: "Eco4", concorso esterno in associazione camorristica: pe
l'accusa ha favorito il clan dei Casalesi; "Il principe e la scheda
ballerina", reimpiego di capitali illeciti per la realizzazione di un
centro commerciale; estorsione per agevolare la società dei fratelli Orsi nella
distribuzione di carburante; corruzione degli agenti penitenziari. Per
"Eco4" la misura cautelare è disposta nel 2009 (respinta dalla
Camera) ed eseguita il 15 marzo del 2013. Come si giustifica? Con il fatto,
dicono i magistrati dell'accusa che Cosentino, parlamentare, sottosegretario e
coordinatore del Pdl, esercita un enorme "potere politico". Però
quando viene eseguita, "Nick" non ricopre più cariche. Per questo la
Cassazione (giugno 2013), dispone la scarcerazione.
Puntuale ricorso, la pubblica accusa sostiene che il
"potere relazionale" è intatto. La Cassazione questa volta è
d'accordo, ma è un esser d'accordo inutile, che Cosentino è comunque tornato in
carcere per l'inchiesta relativa al carburante. Un via vai: in carcere dal 15
marzo 2013, per 131 giorni; poi ai "domiciliari", per 105 giorni.
Libero dall'8 novembre fino al 3 aprile 2014, e di nuovo arrestato.
Da allora in cella: quasi mille giorni di preventiva galera.
Gli avvocati difensori sottolineano che nei confronti di Cosentino non c'è
nulla di concreto, niente che processualmente possa reggere; e si dirà: cosa
volete che dicano i difensori? E infatti non perdiamo tempo ad ascoltarli. Lo
si ripete per l'ennesima e ultima volta: hanno assunto la difesa di un
"infame". Ma la domanda, la questione è questa: è giusto che un
"infame", fosse pure "Nick 'mericano" debba subire e patire
un migliaio di giorni di preventiva carcerazione (che non è comunque finita)
prima che si stabilisca e si sappia se è davvero l'"infame" che si
dice e si sospetta sia? Quando lo si potrà sapere con certezza che siamo stati
rappresentati e "governati" da un "infame"?
Quando, finalmente si celebrerà il processo, e Nick
'mericano sarà condannato, e noi tutti potremmo serenamente lasciare che sconti
fino all'ultima ora la sua pena? Come si vede, a chi scrive non importa un fico
secco se sia vero o no che Cosentino abbia corrotto, se abbia favorito clan
camorristi in cambio di voti, se sia vero o no che nessun collaboratore di
giustizia abbia fato il suo nome, se alla conta dei voti abbia ottenuto un
exploit elettorale o no, se la camorra è stata "grata" a "Nick",
che a sua volta ha ricambiato.
Tutto questo è interessantissimo, utilissimo da sapere; ma
non ora. Ora c'è solo da sapere: fino a quando Cosentino resterà in questo
limbo, "tra color che son sospesi"? Il caso Cosentino va ben al di là
del caso Cosentino in sé, di cui poco o nulla importa. È il caso di una
carcerazione preventiva che dura da un migliaio di giorni.
Se poi è vera la "fotografia" scattata da
Antigone, che ci racconta di 53mila detenuti, incarcerati spesso in condizioni
inumane, con 43 suicidi e oltre settemila atti di autolesionismo nel solo 2015,
che i detenuti in attesa di sentenza definitiva sono quasi il 35 per cento, che
la maggior parte delle prescrizioni si verifica quando il procedimento è ancora
nella sua fase preliminare, dal GIP o dal GUP? Ecco, se tutto questo è vero, si
può sommessamente esprimere un po' di inquietudine e di preoccupazione senza
essere accusati da una parte di para-mafiosità o di connivenza con Cosentino?
Inquietudine e preoccupazione che aumenta di fronte al pressoché silenzio dei
tanti che pure qualcosa potrebbero dirla, e unirsi alle silenziate voci di un
Marco Pannella, di una Rita Bernardini, di un Maurizio Turco, di pochi altri,
"soliti" radicali.
Chissà se si risentiranno i non pochi Davigo in servizio
permanente effettivo: perché sarà pur vero (ma vero non è) che in Italia ci si
divide tra colpevoli e quelli che ancora non si sono scoperti; ma ci
sommergeranno coi loro fulmini se si dice che non si può, non si deve comunque
restare in carcere per un migliaio di giorni in attesa di processo e sentenza,
anche se si è "infami" come si dice sia Cosentino? Sappiano,
comunque, che i loro fulmini e i loro furori ci lasciano assolutamente e
perfettamente indifferenti.
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