Il primo fatto di sangue accadde a Gricignano
il 9 luglio del 1950.
La vendetta con il duplice omicidio in Aversa
il 2 giugno del 1952
Nel primo episodio: “Finiscilo questo
disgraziato che non è ancora morto”. Nel duplice omicidio il latitante scrisse
una lettera sul movente. Catturato in S. Maria C.V. nello studio dell’avv.
Giuseppe Marrocco.
ANDREA E RAFFAELE RUSSO TENTARONO DI UCCIDERE CON
COLPI DI PISTOLA E PUGNALATE CRISPINO DE LUISE. QUESTI ASSIEME AL FRATELLO
ANDREA UCCISE (PER VENDETTA) MICHELE RUSSO E MARIA COLELLA
(GENITORI DEI DUE AVVERSARI).
Nel primo episodio: “Finiscilo questo
disgraziato che non è ancora morto”. Nel duplice omicidio il latitante scrisse
una lettera sul movente. Catturato in S. Maria C.V. nello studio dell’avv.
Giuseppe Marrocco.
Gricignano
D’Aversa – I fratelli Andrea
Russo e Raffaele Russo, furono
accusati di tentato omicidio in persona
di Crispino De Luise per aver esploso con l’intenzione di ucciderlo
alcuni colpi di pistola causandogli invece lesione al ginocchio destro con l’indebolimento
permanente. Entrambi furono accusati inoltre di violenza privata aggravata e
omessa denuncia di pistola. Il Raffaele Russo, in concorso con il primo, per essere intervenuti dopo che il primo
scaricava i colpi della pistola sul già
ferito ed avere inferto allo stesso pugnalate cagionandogli lesione alla fronte,
alla regione occipitale, all’emitorace destro.
Fatto accaduto in Gricignano d’Aversa il 9 luglio del 1950. A questo gravissimo
fatto di sangue fece la eco una vendetta con la quale il Crispino De Luise uccise entrambi i genitori del Russo. Occupiamoci
ora del primo delitto. La sera del 7 luglio del 1950, alla periferia di
Gricignano di Aversa, tale Crispino De Luise,
rientrava in paese in compagnia di Luigi
Dello Margio, suo compagno di lavoro. I due procedevano in bicicletta.
Incontrarono dapprima Raffaele Russo,
che procedeva in senso inverso, il quale rispose al loro saluto. A distanza di
pochi metri venne incontro al De Luise e al Dello Margio, Andrea Russo, fratello
del Raffaele. Improvvisamente l’Andrea,
estrasse l’arma ed esplose all’indirizzo del De Luise numerosi colpi di pistola
che riuscì a schivare destreggiandosi e facendosi scudo del Dello Margio.
Colpito alla fine al ginocchio e alla coscia destra, il De Luise, fece l’atto
di avventarsi contro l’avversario che aveva esaurito le munizioni. A questo
punto intervenne il Raffaele Russo che era stato ad osservare la scena a
distanze e vibrò alle spalle del De Luise un colpo di coltello che si infisse
nella regione interscapolare ledendo pleura e polmone ed altri colpi alla
fronte ed all’occipite. I due si allontanarono quindi in bicicletta dopo aver
minacciato di morte lo smarrito Dello Margio al quale ingiunsero di tacere a
chicchessia di quanto era accaduto sotto i suoi occhi altrimenti avrebbe fatto
la stessa fine. I carabinieri informati del delitto procedevano ad una
immediata indagine interrogando coloro che assistettero allo svolgimento dell’azione
Luigi Dello Margio, Giuseppe Fiorillo e Raffaele Russo i quali esponevano i
fatti del nel tenore predetto: azione improvvisa di Andrea Russo, intervento di Raffaele
Russo dopo l’esaurimento dei colpi esplosi dal primo. Andrea Russo, mentre il fratello vibrava i colpi di coltello
esclamava: “Finiscilo questo disgraziato
che non è ancora morto”. In ordine alla causale i carabinieri accertavano
che tempo prima il De Luise aveva affidato una propria pistola ad Andrea Russo
dandogli l’incarico di venderla e di versare l’importo ricavato. Il Russo
nonostante le ripetute richieste dell’altro alla fine si era difeso dicendo di
averla smarrita.
Il successivo 5 luglio, nel corso di una ulteriore contestazione,
il De Luise prese a pugni il Russo che si diede alla fuga esclamando: “Ce la vedremo”. Dopo questo episodio il
De Luise - evidentemente preoccupato dalle conseguenze che il suo gesto non
avrebbe tardato a produrre - in funzione
del temperamento vendicativo della famiglia Russo - che in era particolarmente
temuta, tentò le vie della pacificazione, interponendo certo Vincenzo Gallucci che in effetti
conferì con Andrea Russo. Le
ricerche operate dei carabinieri per l’arresto di colpevoli non sortivano
effetto, essendosi costoro resi irreperibili. Qualche giorno dopo il delitto si
presentava nella caserma dei carabinieri di Gricignano tale Giovanni Pellegrino il quale denunciava
di essere stato avvicinato dei fratelli Russo i quali gli avevano dato
l’incarico di riferire al Dello Margio di assumere nel suo interrogatorio
dinanzi ai carabinieri che il De Luise aveva sparato per primo contro Andrea Russo con l’avvertenza che se
non avesse aderito a tale loro suggerimento avrebbe subito sorta peggiore di
quella toccata al De Luise medesimo. Il
mattino del 2 giugno del 1952, verso le 7:30 - e questo è il secondo episodio
del duplice omicidio - i carabinieri della
stazione di Aversa vennero avvertiti da confidenti che in contrada “Starza”
erano stati rinvenuti due cadaveri crivellati di colpi di arma da fuoco.
Recatisi immediatamente sul posto identificarono i due cadaveri in quello dei
coniugi Michele Russo e Maria
Colella che, come poi si seppe, erano stati uccisi mentre da Gricignano si recavano alla stazione di Aversa per
portarsi a Napoli. A circa 2 mt. dai
cadaveri i carabinieri rinvennero una
pistola a rotazione completamente carica dalla quale non era stata esploso alcun
colpo. Fu accertato che la pistola era di proprietà di una delle vittime
Michele Russo. I carabinieri dettero atto anche che i due cadaveri erano stati
rimossi con la disinvoltura propria
degli aversani ancora
prima dell’arrivo della polizia sconvolgendo così la scena del crimine. Circa
le lesioni riportate si accertò che la donna era stata investita da proiettili
da sinistra verso destra; mentre l’uomo
invece da destra verso sinistra e colpito con ben cinque proiettili. Sul posto
non fu possibile rinvenire alcun bossolo eppure avrebbero dovuto trovarsi. Ma
certamente con la stessa inqualificabili disinvoltura con la quale si erano
rimossi i cadaveri, si erano anche raccolti, dalla gente sopraggiunta, i
bossoli per terra. Tanto è vero che il quarantenne Paolo Cesaro dopo vari giorni, preso forse da tardiva resipiscenza,
consegnò alla polizia, uno dei bossoli
che aveva raccolto da terra. È superfluo dire che all’inizio delle indagini i
carabinieri cozzarono contro il muro dell’omertà che distingue quelle zone
dell’Aversano, omertà sempre pronta a deviare le indagini e a fraternizzare col
delinquente. Si sparse la voce che quel feroce delitto fosse stato originato da
motivi politici dato che il Russo era un fervente sostenitore del sindaco,
quale nuovo eletto. Ma tale ipotesi fu scartata. Il brigadiere Aniello
Romanucci, opportunamente ricordò al maresciallo comandante che circa due anni
prima nel luglio del 1950, Crispino De Luise aveva patito una
feroce aggressione a colpi di arma da fuoco e di pugnale tanto da rimanere
menomato in modo permanente, ad opera dei due figli delle vittime Andrea e Raffaele Russo. Costoro, infatti, ancora detenuti, erano stati
incriminati per tentato omicidio, aveva eccepito, come di consueto, di aver
agito per legittima difesa e attendevano la prossima celebrazione del processo che
era stata fissata per il 26 giugno cioè 20 giorni dopo il delitto. Si profilò
dunque la ipotesi di una vendetta trasversale tipica dell’agro Aversano, come
la definisce il maresciallo nel suo verbale. Risultò, nell’approfondire le
indagini, che il giovane Crispino De
Luise, debilitato per le ferite ricevute due anni prima, in quegli ultimi
tempi aveva consultato uno specialista di malattie polmonari ed era rimasto scosso
molto per la prognosi sfavorevole, ritenendo tale malattia conseguenza delle
lesioni riportate al petto.
Senza frapporre indugio i carabinieri si recarono
quello stesso giorno nella casa del Crispino De Luise e trovarono ivi solo il
fratello Andrea e la madre. Il loro comportamento fu rivelatore. Andrea rese
una dichiarazione che i carabinieri ritennero poco convincente. Procedettero al
suo fermo che poi fu tramutato nel corso delle indagini in arresto.
Constatarono che il Crispino si era dato alla latitanza. Continuando con
solerzia e abilità delle indagini, riuscirono a rintracciare i testimoni Luigi Della Gatta e Caterina Petruoloi quali, stando sulla
rotabile nei pressi del cavalcavia ferroviario dal lato di Aversa, quindi
avevano udito i colpi ed avevano visto un giovane, identificato poi per
Crispino De Luise uscire dalla scorciatoia in bicicletta da quel lato e
proseguire per la rotabile tornando indietro verso Gricignano. I carabinieri si
dettero a tutt’uomo per procedere alla cattura dell’omicida, questa subito apparve
impresa estremamente difficile. Il delitto era stato compiuto in un’epoca
favorevole agli agguati, alla latitanza; la canapa, alta e rigogliosa, era
impenetrabile copriva per larghi spazi le campagne circostanti. Si seppe che il
latitante batteva nelle campagne armato tutto punto. Era fornito di bombe,
mitra e pistola; deciso a vendere cara la pelle
a non farsi arrestare. Ciò fu
confermato dall’omonimo cugino dell’imputato il quale preoccupato riferiva del tremendo
armamentario del Crispino incontrato per caso in campagna. In tale occasione lo
aveva consigliato di costituirsi, ma lui gli aveva risposto che non intendeva
presentarsi in quanto era sicuro di “pigliare
l’ergastolo”. In quel periodo gli inquirenti intercettarono, tra l’altro, una
lettera scritta dal latitante allo zio. In questa lettera che alcuni brani
sembravano scritti da un esaltato ed altri con lo stile del fuorilegge. Il Crispino
cominciava con l’esprimere il timore che il figlio quattordicenne degli
assassinati potesse compiere una vendetta contro i propri parenti. Rifletteva poi pessimisticamente sul fatto
che finché rimaneva libero tutti erano buoni e non appena egli sarebbe finito gli
avversari avrebbero potuto agire liberamente.
Fonte:
Archivio di Stato di Caserta
Andrea Russo per il tentato omicidio
venne condannato ad 8 anni di reclusione. Per Raffaele Russo anni 7. Per Crispino De Luise, per duplice omicidio in
appello gli venne riconosciuta la seminfermità mentale e la condanna fu di anni
27. Mentre Andrea De Luise fu assolto
dal concorso in omicidio per insufficienza di prove.
Crispino De Luise, di anni 27 e Andrea De Luise, di anni 28 da Gricignano d’Aversa furono rinviati
a giudizio per duplice omicidio in danno
di Michele Russo e Maria Colella. Comparsi in sede di
appello – dopo la condanna della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere
(ad anni trenta di reclusione e la richiesta dell’ergastolo da parte del pubblico ministero) – innanzi la III° Sezione
della Corte di Assise di Appello di Napoli (Presidente, Nicola Mancini; giudice a latere, Alberto Corduas; pubblico ministero, procuratore generale, Angelo Peluso) si videro, con la
esclusione della provocazione e la concessione delle attenuanti generiche e con
la concessione della “semi-infermità” mentale
ed eliminata l’aggravante della premeditazione con la condanna per il Crispino De Luise, per duplice omicidio
premeditato con provocazione, alla pena di anni 24 ed in considerazione delle
aggravanti in totale ad anni 27. Inoltre fu comminata una pena di tre anni di
manicomio a pena espiata. Mentre Andrea De Luise fu invece assolto dal concorso
in omicidio per insufficienza di prove. Il delitto era stato commesso il 2
giugno del 1952 in tenimento “Starza” in agro di Aversa. Il movente era da ricercarsi nella vendetta
per le lesioni subite due anni prima ad opera dei fratelli Andrea e Raffaele
Russo. Uccisero a tradimento con numerosi colpi di pistola i genitori dei due
fratelli Michele Russo e Maria Colella. La Corte di Assise di Santa Maria Capua
Vetere (al completo) effettuò un sopralluogo sulla “scena del crimine” e si
recò, pertanto, alla contrada “Starza” dove era avvenuto il duplice delitto. Il
cancelliere Domenico Aniello annotò:
“La Corte portatasi in località “La
Starza”, in agro di Aversa, dà atto che appena dopo il sottopassaggio della
linea Ferroviaria Aversa-Gricignano-Caserta – e di fronte a tale passaggio vi è un una estensione di fondi
pianeggiante al cui lato opposto si intravedono le prime case di Gricignano. Il
teste Alberto Russo che si trova sul
luogo, riferisce che i cadaveri dei coniugi Russo si trovavano sul terreno
quasi di fronte al cavalcavia ferroviario e che oggi appare verso questo lato
recintato da fili di ferro. Il posto ove erano i cadaveri e segnato attualmente
da un viottolo, che è quasi parallelo alla linea ferroviaria, quasi
all’incrocio di un viottolo, oggi appena visibile. La Corte dà inoltre atto che questo secondo viottolo oggi
quasi non visibile, data la diversa
coltivazione del fondo, e della direzione del cavalcavia ferroviario si
presenta come una scorciatoia per chi dal cavalcavia voglia raggiungere l’altro
lato della strada, evitando la curva che fa intorno l’appezzamento di terreno
quasi come una corda di un arco”.
Prof. Alfredo De Marsico |
Tra l’altro, Crispino De Luise, durante la sua detenzione presso il
Carcere di Santa Maria Capua Vetere (o forse appena iniziò a pensare di passare
per pazzo) fu protagonista di un increscioso episodio che gli costò una
condanna a mesi 8 di reclusione. Il 2 settembre del 1952 aggredì con calci e
pugni il sanitario del carcere dr. Enrico
Cangiano, alla presenza delle guardie Michele
Ocone e Ludovico Cellini perché
questi gli aveva rifiutato un esame radiografico. Rinviato per questo episodio
in osservazione al manicomio criminale di Napoli fu riconosciuto – al momento
di commettere il fatto – affetto da vizio parziale di mente e per questo
condannato con la diminuente scriminante e ricoverato in Manicomio. La perizia
sulla capacità di intendere e volere sulla persona di Crispino De Luise, fu redatta dal Prof. Eustachio Zara, docente dell’Università di Napoli, direttore della
clinica delle malattie mentali e nervose.
Mentre le risultanze degli esami di autopsia sui cadaveri delle vittime
vennero redatte dal Dott. Domenico Quarto, da Villa di Briano e dal Dott. Andrea Ronza, da Gricignano d’Aversa.
Nel processo furono impegnati gli Avv.ti Enrico
Altavilla, Michele Grimaldi, Alberto Narni Mancinelli, Bernardo Giannuzzi
Savelli, Alfredo De Marsico e Giuseppe Marrocco.
Fonte: Archivio di Stato di Caserta
AVV. GIUSEPPE MARROCCO |
Andrea Russo per il tentato omicidio venne condannato ad 8 anni di reclusione. Per Raffaele Russo anni 7. Per Crispino De Luise, per duplice omicidio in appello gli venne riconosciuta la seminfermità mentale e la condanna fu di anni 27. Mentre Andrea De Luise fu assolto dal concorso in omicidio per insufficienza di prove.
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