Napoli: "all'ergastolo ho preso tre
lauree
e con la condizionale
giro l'Italia"
"La camorra si può sconfiggere
solo con la cultura. È paradossale ma i boss vogliono che ci sia l'ergastolo e
l'isolamento, vogliono che in carcere ci finiscano i killer perché per loro
sono solo carne da macello. I giovani quando finiscono in carcere si comportano
bene perché così gli è stato imposto. Loro non hanno paura del carcere a vita
ma del perdono perché crollano gli alibi".
Dopo 27 anni di carcere, molti dei
quali passati al 41bis nel bunker dell'Asinara, Carmelo Musumeci, mafioso
catanese condannato all'ergastolo ostativo, quello senza benefici, ha potuto
godere della libertà condizionale e da due mesi gira l'Italia per parlare della
sua vita. Durante la lunghissima detenzione ha preso la licenzia media, il
diploma, tre lauree e ha scritto due libri. Ieri era al Pan perché invitato
dalla Onlus "Il carcere possibile", presieduta dall'avvocato Anna
Ziccardi, che ha deciso di estendere l'invito anche agli studenti di
Giurisprudenza attentissimi durante le oltre due ore di relazioni.
"Con l'ergastolo è come se mi
avessero detto che la società che mi aveva giudicato colpevole non mi avrebbe mai
più perdonato - ha spiegato - Io sono convinto invece che il carcere debba
essere come un ospedale e curare chi commette un reato, non solo punirlo.
Dovrebbe essere la stessa persona a decidere quando la sua pena è
espiata".
Ha raccontato delle sue condizioni
di vita difficili, di una infanzia di fame e del collegio dove c'erano ragazzi
che invidiava e picchiava per vendetta. Poi i furti, le rapine e il primo
arresto. "Andai al carcere di Marassi da minorenne e quando uscii iniziai
a odiare tutto e tutti. Divenni capo di una banda che scatenò una guerra e fu
lì che uccisi un uomo e ne ferii altri due".
La condanna al carcere a vita
arrivò nel 1993, durante gli anni delle stragi e fu confinato da mafioso
all'Asinara. "Capii che non avevo più nulla da perdere e iniziai a
studiare per poter essere preparato a parlare a me stesso e agli altri".
E Musumeci non si è più fermato.
"Parlare di carcere fa ottenere pochi consensi ma se il fenomeno fosse
conosciuto bene potrebbe aumentare livelli di civiltà del nostro mondo - ha
detto Anna Ziccardi. La storia di Musumeci è importante perché riesce a
spiegare bene come alcuni magistrati hanno compreso che si poteva superare uno
sbarramento normativo e concedere permessi a un ergastolano con reati
ostativi".
La finalità rieducativa della pena
"è una nostra battaglia. Crediamo in un Stato di diritto, liberale e
democratico a cui sia consentito a tutti di nascere due volte. Tutti possono
sbagliare ma tutti devono avere possibilità di reinserirsi in una città difficile
come è Napoli", ha ben spiegato Attilio Belloni, presidente della Camera
Penale.
Della stessa idea anche Ilaria
Criscuolo in rappresentanza dell'Ordine degli Avvocati. "Le leggi non
bastano a mutare le sorti del carcere e le vite di chi è recluso - ha detto il
procuratore Capo Giovanni Melillo - Bisogna interrogarsi anche sulle scandalosa
sorte delle misure alternative. Al 30 settembre erano otto le persone in
semidetenzione".
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