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domenica 17 marzo 2019




LUNEDI' 18 MARZO 

IN CORTE DI ASSISE
  

interrogatorio 

DELL’UNICO ACCUSATO PER IL 

DELITTO DI KATIA TONDI, LA DONNA 

UCCISA IN CASA NEL 2013.


Un processo molto indiziario che vede alla sbarra il marito  imputato (a piede libero) della casalinga strangolata nella sua casa di San Tammaro




(Cronache Agenzia Giornalistica ) –18/03/19-  Santa Maria Capua Vetere – Viva attesa negli ambianti giudiziari per l’udienza di domani, in Corte di Assise, (presidente Giovanna Napoletano, giudice a latere Alessandro De Santis, pm Domenico Musto),  dove riprende il processo a carico di Emilio Lavoretano, il marito della donna uccisa nella sua abitazione a San Tammaro. Ma è un processo aperto a tutte le soluzioni e non c’è’ né la cosiddetta “prova regina”, né una schiacciante prova di accusa ed è quindi un processo altamente indiziario.


Se dovesse prevalere – come speriamo – il convincimento da parte dei magistrati che è meglio un colpevole fuori del carcere che un innocente in galera il giovane Lavoretano dovrebbe essere assolto.
Ma certi processi -e questo è uno di quelli – prendono una piega favorevole e poi approdano ad una di quelle sentenze che nel gergo tecnico giudiziale vengono definite “sentenze suicide”. Vale a dire tutta una istruttoria favorevole all’imputato – magari con qualche indiretto complimento – e poi i vede affibbiare una grave pena.
Non possiamo parlare neppure di grave pena perché a quanto pare l’accusato è incensurato.   

Un punto a favore dell’accusa sarebbe stato segnato dalla relazione presentata dal consulente della Procura Giovanni Garofalo, ex comandante del Ris di Parma, che tramite intercettazioni telefoniche e nuove analisi medico-scientifiche avrebbe individuato l'esatto orario della morte della Tondi riscontrando così la responsabilità del marito della donna, che secondo la Procura era presente in casa al momento dell'omicidio. La donna fu strangolata con un cordone sulla cui natura però non è stata mai fatta chiarezza.

Dal canto suo, sia negli interrogatori, che attraverso il suo difensore, l’avvocato Natalina Mastellone, il Lavoratino ha più volte ribadito la sua innocenza. La parte civile è invece rappresentata dall’avvocato Gianluca Giordano.
Intervistato, infatti, da Edoardo Lucarelli nel corso della puntata, Lavoretano proclamò la sua totale innocenza e si disse convinto che Katia sia stata uccisa durante un tentativo di rapina (alla vittima furono sottratti alcuni effetti personali), ipotesi che però non ha convinto gli inquirenti. Anche successivamente ed in varie altre occasioni il Lavoretano ha protestato con veemenza la sua innocenza
“L'ho trovata che era già morta” raccontò il 34enne Lavoretano agli investigatori della Squadra Mobile della Questura dopo averla trovata accasciata vicino alla porta di casa, affermando di essere uscito poco prima delle 19, quando la moglie era ancora viva, e di essere rincasato intorno alle 20; a conferma del suo alibi l'uomo consegnò anche uno scontrino della spesa, fu creduto ma dopo neanche due mesi fu iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario.

Il medico-legale incaricato dalla Procura affermò pochi giorni dopo nella sua perizia che la Tondi sarebbe stata uccisa tra la 14 e le 16, altro orario in cui Lavoretano non era presente in casa, mentre la 31enne in quell'arco temporale era in compagnia della madre.


Il nuovo pool di consulenti di cui si è circondato Garofalo, ha però analizzato nuovamente gli elementi raccolti stabilendo che la donna morì tra le 18 e le 19 del 20 luglio, in un orario in cui, dunque, Lavoretano sarebbe stato a casa. La morte della 31enne ha anche provocato una battaglia giudiziaria relativa al figlio di sette mesi della coppia, che era nella culla al momento del delitto e che è stato poi affidato al padre; i genitori della Tondi, nonni del bimbo, si sono infatti rivolti al tribunale dei minori di Napoli ottenendo di poter incontrare il piccolo seppur alla presenza del padre.

Come si ricorderà fu il  Gup, Sergio Enea del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a rinviare  a giudizio Emilio Lavoretano, facendo sua la ricostruzione del sostituto procuratore Domenico Musto che sia in sede di indagine che durante la discussione di qualche settimana fa ha sostenuto la tesi che solo il 35enne Lavoretano potesse aver ucciso la donna, che fu strangolata con un cordone sulla cui natura però non è stata mai fatta chiarezza.

 Ancora più determinante per l’accusa è stata però la relazione presentata da un secondo consulente nominato dalla Procura, Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, che tramite intercettazioni telefoniche e nuove analisi medico-scientifiche stabilì che la Katia Tondi sarebbe morta tra le 18 e le 19 del 20 luglio, in un orario in cui, dunque, Lavoretano sarebbe stato a casa.

I consulenti della difesa,  Carmelo Lavorino e Giuseppe De Rosa, dal canto loro hanno invece sempre contestato le modalità con cui sono state svolte le indagini affermando che nell'immediatezza del delitto non furono prelevate né la temperatura del corpo della Tondi, né quella dell'abitazione e dell'esterno, rendendo di fatto molto difficile se non impossibile stabilire con precisione l'orario del decesso.
Il delitto aveva rappresentato subito un rompicapo per gli inquirenti, dal momento che nessun testimone aveva visto il presunto assassino entrare nell'abitazione della Tondi, nonostante il delitto fosse avvenuto in un giorno di piena estate ad un orario in cui c'è parecchia gente per strada.
L'esito del processo – come detto - è tutt'altro che scontato. Alcuni giornalisti e criminologi ritengono che, nella fase iniziale delle indagini, gli errori giudiziari siano stati troppi e compromettenti, sia per quanto riguarda l'autopsia che la raccolta delle prove.  
Neppure con le prove testimoniali si è aperto uno spiraglio a favore dell’accusa, come per esempio con la teste-chiave, vicina di casa, Maria Rosaria Rossi creduta una svolta e rivelatasi un flop. O la lunga testimonianza dei genitori della vittima, Assunta Giordano e il suo ex marito Carlo Tondi oltre che quella di un fabbro che era stato chiamato a deporre su alcuni segni rilevati sulla porta d’ingresso: l’artigiano, nel confermare che quella serratura poteva aprirsi anche con la classica «lastra» ha riferito alla Corte che non ha rilevato particolari segni d’effrazione e che i segni potevano essere precedenti.
«Il pomeriggio in cui fu uccisa Katia Tondi vidi il marito Emilio Lavoretano uscire in auto con il padre». Quanto ha affermato il testimone Marco Pascale, titolare insieme al fratello Crescenzo - anch'egli sentito - di un negozio di ortofrutta ubicato a San Tammaro,  nei pressi dell'abitazione di Katia Tondi.
 È durata, invece, ben cinque ore la deposizione della madre di Katia che ha ripercorso la storia della coppia inasprendo, rispetto alle dichiarazioni dei primi tempi, la descrizione del genero-imputato definito molto geloso e anche possibile traditore, con riferimento ad un paio di episodi emersi prima del matrimonio.
Molto importanti anche le deposizioni dei “tecnici” i quali, in qualche circostanza, hanno fornito diverse versioni sul loro sopralluogo medico in particolare quella dell’ex vice capo della Mobile, Mario Vola. In questo caso, è stata confermata la circostanza che la scena del crimine era «affollata» di almeno cinquanta persone e addirittura della presenza di un uomo in bermuda che svolgeva dei rilievi, non riconosciuto dal teste.
Nei giorni scorsi è poi emersa anche una denuncia che i genitori dell’imputato hanno presentato ai carabinieri circa un anno fa per chiedere a un diverso organo investigativo la regolarità delle operazioni di sopralluogo giudiziario svolte nell’appartamento sequestrato solo in un secondo momento.
Un omicidio commesso nel più totale silenzio, senza essere accompagnato da liti, tanto da non destare l’attenzione di due cani Pincher di proprietà di una vicina di casa (anche lei sentita in aula) che solitamente abbaiavano al minimo rumore.  







Per il Pm, invece, sarebbe una prova contro il Lavoretano il quale chiamò il padre dopo il delitto. Per la difesa, si tratterebbe di un particolare «non rilevante, tanto più che il papà di Lavoretano ha chiesto il confronto con Pascale che però l'accusa non ha disposto».
E’ un processo, insomma che si trascina tra mille contraddizioni e tantissime sfaccettature. Chi segue il dibattimento ricorderà i momenti di tensione in aula con la deposizione della madre della vittima, infatti, in un momento di comprensibile nervosismo, la stessa è andata in escandescenza inveendo contro la consuocera Assunta Bracciale (madre dell’imputato) mentre quest'ultima rendeva una lunga dichiarazione al banco dei testimoni. Sono state proprio le risposte – fornite all’avvocato difensore di Lavoretano, Natalina Mastellone – incentrate sui rapporti familiari che aveva la vittima con la sua famiglia (e in particolare con il padre), a scatenare l’ira della madre di Katia Tondi. Il presidente della Corte di Assise, Giovanna Napoletano, è stata costretta ad interrompere l’udienza e a riprenderla successivamente. Strana la circostanza anche del fatto che il padre dell’imputato ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere.


UN PROCESSO APERTO:

ASSOLUZIONE O CONDANNA?



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