LUNEDI' 18 MARZO
IN CORTE DI ASSISE
interrogatorio
DELL’UNICO ACCUSATO PER IL
DELITTO DI KATIA TONDI, LA DONNA
UCCISA IN CASA NEL 2013.
Un
processo molto indiziario che vede alla sbarra il marito imputato (a piede libero) della casalinga strangolata
nella sua casa di San Tammaro
(Cronache
Agenzia Giornalistica ) –18/03/19- Santa Maria Capua Vetere – Viva attesa negli
ambianti giudiziari per l’udienza di domani, in Corte di Assise, (presidente
Giovanna Napoletano, giudice a
latere Alessandro De Santis, pm Domenico Musto), dove riprende il processo a carico di Emilio Lavoretano, il marito della
donna uccisa nella sua abitazione a San Tammaro. Ma è un processo aperto a
tutte le soluzioni e non c’è’ né la cosiddetta “prova regina”, né una
schiacciante prova di accusa ed è quindi un processo altamente indiziario.
Se dovesse prevalere –
come speriamo – il convincimento da parte dei magistrati che è meglio un
colpevole fuori del carcere che un innocente in galera il giovane Lavoretano
dovrebbe essere assolto.
Ma certi processi -e
questo è uno di quelli – prendono una piega favorevole e poi approdano ad una
di quelle sentenze che nel gergo tecnico giudiziale vengono definite “sentenze
suicide”. Vale a dire tutta una istruttoria favorevole all’imputato – magari
con qualche indiretto complimento – e poi i vede affibbiare una grave pena.
Non possiamo parlare
neppure di grave pena perché a quanto pare l’accusato è incensurato.
Un punto a favore
dell’accusa sarebbe stato segnato dalla relazione presentata dal consulente
della Procura Giovanni Garofalo, ex
comandante del Ris di Parma, che tramite intercettazioni telefoniche e nuove
analisi medico-scientifiche avrebbe individuato l'esatto orario della morte
della Tondi riscontrando così la responsabilità del marito della donna, che
secondo la Procura era presente in casa al momento dell'omicidio. La donna fu
strangolata con un cordone sulla cui natura però non è stata mai fatta
chiarezza.
Dal canto suo, sia
negli interrogatori, che attraverso il suo difensore, l’avvocato Natalina Mastellone, il Lavoratino ha
più volte ribadito la sua innocenza. La parte civile è invece rappresentata
dall’avvocato Gianluca Giordano.
Intervistato, infatti, da
Edoardo Lucarelli nel corso della
puntata, Lavoretano proclamò la sua totale innocenza e si disse convinto che
Katia sia stata uccisa durante un tentativo di rapina (alla vittima furono
sottratti alcuni effetti personali), ipotesi che però non ha convinto gli
inquirenti. Anche successivamente ed in varie altre occasioni il Lavoretano ha
protestato con veemenza la sua innocenza
“L'ho
trovata che era già morta” raccontò il 34enne Lavoretano agli
investigatori della Squadra Mobile della Questura dopo averla trovata
accasciata vicino alla porta di casa, affermando di essere uscito poco prima
delle 19, quando la moglie era ancora viva, e di essere rincasato intorno alle
20; a conferma del suo alibi l'uomo consegnò anche uno scontrino della spesa,
fu creduto ma dopo neanche due mesi fu iscritto nel registro degli indagati per
omicidio volontario.
Il medico-legale
incaricato dalla Procura affermò pochi giorni dopo nella sua perizia che la
Tondi sarebbe stata uccisa tra la 14 e le 16, altro orario in cui Lavoretano
non era presente in casa, mentre la 31enne in quell'arco temporale era in
compagnia della madre.
Il nuovo pool di
consulenti di cui si è circondato Garofalo, ha però analizzato nuovamente gli
elementi raccolti stabilendo che la donna morì tra le 18 e le 19 del 20 luglio,
in un orario in cui, dunque, Lavoretano sarebbe stato a casa. La morte della
31enne ha anche provocato una battaglia giudiziaria relativa al figlio di sette
mesi della coppia, che era nella culla al momento del delitto e che è stato poi
affidato al padre; i genitori della Tondi, nonni del bimbo, si sono infatti
rivolti al tribunale dei minori di Napoli ottenendo di poter incontrare il
piccolo seppur alla presenza del padre.
Come si ricorderà fu il
Gup, Sergio Enea del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a rinviare a giudizio Emilio Lavoretano, facendo sua la
ricostruzione del sostituto procuratore Domenico
Musto che sia in sede di indagine che durante la discussione di qualche
settimana fa ha sostenuto la tesi che solo il 35enne Lavoretano potesse aver
ucciso la donna, che fu strangolata con un cordone sulla cui natura però non è
stata mai fatta chiarezza.
Ancora più determinante per l’accusa è stata
però la relazione presentata da un secondo consulente nominato dalla Procura, Luciano Garofano, ex comandante del Ris
di Parma, che tramite intercettazioni telefoniche e nuove analisi
medico-scientifiche stabilì che la Katia
Tondi sarebbe morta tra le 18 e le 19 del 20 luglio, in un orario in cui,
dunque, Lavoretano sarebbe stato a casa.
I consulenti della
difesa, Carmelo Lavorino e Giuseppe
De Rosa, dal canto loro hanno
invece sempre contestato le modalità con cui sono state svolte le indagini
affermando che nell'immediatezza del delitto non furono prelevate né la
temperatura del corpo della Tondi, né quella dell'abitazione e dell'esterno,
rendendo di fatto molto difficile se non impossibile stabilire con precisione
l'orario del decesso.
Il delitto aveva
rappresentato subito un rompicapo per gli inquirenti, dal momento che nessun
testimone aveva visto il presunto assassino entrare nell'abitazione della
Tondi, nonostante il delitto fosse avvenuto in un giorno di piena estate ad un
orario in cui c'è parecchia gente per strada.
L'esito del processo –
come detto - è tutt'altro che scontato. Alcuni giornalisti e criminologi
ritengono che, nella fase iniziale delle indagini, gli errori giudiziari siano
stati troppi e compromettenti, sia per quanto riguarda l'autopsia che la
raccolta delle prove.
Neppure con le prove
testimoniali si è aperto uno spiraglio a favore dell’accusa, come per esempio
con la teste-chiave, vicina di casa, Maria
Rosaria Rossi creduta una svolta e rivelatasi un flop. O la lunga
testimonianza dei genitori della vittima, Assunta
Giordano e il suo ex marito Carlo
Tondi oltre che quella di un fabbro che era stato chiamato a deporre su
alcuni segni rilevati sulla porta d’ingresso: l’artigiano, nel confermare che
quella serratura poteva aprirsi anche con la classica «lastra» ha riferito alla Corte che non ha rilevato particolari
segni d’effrazione e che i segni potevano essere precedenti.
«Il
pomeriggio in cui fu uccisa Katia Tondi vidi il marito Emilio Lavoretano uscire
in auto con il padre». Quanto ha affermato il testimone Marco Pascale, titolare insieme al
fratello Crescenzo - anch'egli
sentito - di un negozio di ortofrutta ubicato a San Tammaro, nei pressi dell'abitazione di Katia Tondi.
È durata, invece, ben cinque ore la
deposizione della madre di Katia che ha ripercorso la storia della coppia
inasprendo, rispetto alle dichiarazioni dei primi tempi, la descrizione del
genero-imputato definito molto geloso e anche possibile traditore, con
riferimento ad un paio di episodi emersi prima del matrimonio.
Molto importanti anche le
deposizioni dei “tecnici” i quali, in
qualche circostanza, hanno fornito diverse versioni sul loro sopralluogo medico
in particolare quella dell’ex vice capo della Mobile, Mario Vola. In questo caso, è stata confermata la circostanza che
la scena del crimine era «affollata»
di almeno cinquanta persone e addirittura della presenza di un uomo in bermuda
che svolgeva dei rilievi, non riconosciuto dal teste.
Nei giorni scorsi è poi
emersa anche una denuncia che i genitori dell’imputato hanno presentato ai
carabinieri circa un anno fa per chiedere a un diverso organo investigativo la
regolarità delle operazioni di sopralluogo giudiziario svolte nell’appartamento
sequestrato solo in un secondo momento.
Un omicidio commesso
nel più totale silenzio, senza essere accompagnato da liti, tanto da non
destare l’attenzione di due cani Pincher
di proprietà di una vicina di casa (anche lei sentita in aula) che solitamente
abbaiavano al minimo rumore.
Per il Pm, invece, sarebbe
una prova contro il Lavoretano il quale chiamò il padre dopo il delitto. Per la
difesa, si tratterebbe di un particolare «non
rilevante, tanto più che il papà di Lavoretano ha chiesto il confronto con
Pascale che però l'accusa non ha disposto».
E’ un processo, insomma
che si trascina tra mille contraddizioni e tantissime sfaccettature. Chi segue
il dibattimento ricorderà i momenti di tensione in aula con la deposizione
della madre della vittima, infatti, in un momento di comprensibile nervosismo, la
stessa è andata in escandescenza inveendo contro la consuocera Assunta Bracciale (madre dell’imputato) mentre quest'ultima rendeva una
lunga dichiarazione al banco dei testimoni. Sono state proprio le risposte –
fornite all’avvocato difensore di Lavoretano, Natalina Mastellone – incentrate sui rapporti familiari che aveva
la vittima con la sua famiglia (e in particolare con il padre), a scatenare
l’ira della madre di Katia Tondi. Il
presidente della Corte di Assise, Giovanna
Napoletano, è stata costretta ad
interrompere l’udienza e a riprenderla successivamente. Strana la circostanza
anche del fatto che il padre dell’imputato ha preferito avvalersi della facoltà
di non rispondere.
UN PROCESSO APERTO:
ASSOLUZIONE O CONDANNA?
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