Coronavirus,
prof. Marco Eramo: “ECDC ha indicato tre possibili evoluzioni dell’epidemia”
ROMA. Il coronavirus segue il suo percorso e gli esperti del settore
infettivo stanno cercando di delineare il divenirne. Gli studiosi dell’European Centre for diseases
prevention and control (Ecdc), basandosi
sulle attuali conoscenze epidemiologiche, sui punti di forza e di debolezza dei
Paesi membri dell’Unione europea e sulle maggiori
criticità che potrebbero insorgere, hanno caratterizzato la possibile
evoluzione dell’epidemia di Covid-19, identificando
tre scenari sequenziali nella sua diffusione.
“Il
primo scenario
- spiega il docente di scienze umane, Marco Eramo -
riguarda catene di trasmissione corte e sporadiche. E’, praticamente, ciò
che è accaduto in Francia e Germania, con i primi casi di persone positive in
Europa. Il focolaio epidemico è contenuto. Ci sono pochi casi che sono stati
posto in isolamento e di cui è possibile ricostruire l’anamnesi e tracciare i
contatti. In questa fase va presa in considerazione la possibilità di procedere
con tamponi di individui asintomatici e di adattare i sistemi di sorveglianza
previsti per l’influenza stagionale. I Paesi devono rivedere il loro piano di
preparazione alla pandemia, facendo un’attenta analisi della capacità del
proprio sistema sanitario per predisporre azioni di potenziamento, qualora
fosse necessario. È bene identificare catene di approvvigionamento alternative
e fare scorta di dispositivi di protezione individuale e altri materiali di
consumo sanitario. A livello di comunicazione ai cittadini le parole chiavi
sono trasparenza e coerenza con l’evolversi della situazione: bisogna
comunicare le misure adottate e riconoscere l’incertezza del momento”.
Il secondo scenario, invece, concerne la
trasmissione sostenuta limitata del coronavirus: “Il questa ipotesi, il virus si
diffonderebbe rapidamente. Crescerebbe il numero di casi, ma sarebbe ancora
possibile effettuare un’anamnesi e recuperare l’elenco dei contatti, nonché
effettuare test diagnostici. Tutte le informazioni ottenute servirebbero a
valutare la situazione e a fare previsioni sulla sua evoluzione - afferma Eramo
-. Dal momento che i contagi sarebbero
ancora limitati a gruppi di persone in precise aree geografiche, sarebbe opportuno
predisporre il trasferimento di risorse e di personale sanitari da altre
località. I piani di emergenza dovrebbero essere rivisti e aggiornati. In base
alla valutazione del rischio dovrebbero essere prese misure di prevenzione
coerenti, per evitare di amplificare la diffusione del virus. Sul fronte della
comunicazione del rischio, gli esperti sottolineano di nuovo l’importanza della
chiarezza e della trasparenza dei messaggi per arginare la preoccupazione della
popolazione. Qualora venissero attuate modifiche alle predisposizioni
precedenti, queste andranno giustificate così come andrà specificata
l’importanza di aderire alle disposizioni, soprattutto se le misure prevedono
la limitazione della libertà personale (quarantena, autoisolamento). La percezione
del rischio nei cittadini va monitorata così da rispondere alle esigenze di
informazione”.
Il terzo scenario, invece, si divide in
trasmissione “sostenuta e diffusa con crescente pressione sul sistema
sanitario” e “trasmissione diffusa con sistema sanitario sovraccarico”: “Con
l’aumentare dei casi di Covid-19, a un certo punto non potrebbe essere più
possibile, o efficace, rintracciare tutti i contatti dei casi confermati. La
ricerca delle persone positive, dunque, si potrebbe interrompere - spiega il
docente -. L’obiettivo passerebbe dal contenimento alla mitigazione
dell’epidemia; un passaggio che dovrebbe essere comunicato alla popolazione,
che andrebbe formata sul modo più corretto di agire in caso di sospetta
infezione. In questa fase andrebbero prese in considerazione misure di
isolamento sociale (cancellazione di fiere, meeting, manifestazioni sportive e
culturali che coinvolgono un gran numero di persone, telelavoro, chiusura delle
scuole, etc) al fine di ritardare e/o ridurre il picco dell’epidemia.
Convertire i sistemi di sorveglianze dell’influenza e sfruttarli per la
segnalazione di casi sintomatici sospetti consentirebbe, inoltre, di descrivere
diffusione, intensità e gravità del virus. I cittadini dovrebbero essere
informati su cosa possono fare per ridurre la pressione sul sistema sanitario.
Nel secondo caso, invece, potrebbero totalmente cambiare le statistiche
attuali. I dati sulla letalità di Covid-19 sono provvisori, anche se al momento
sembra che siano gli anziani e le persone affette da altre patologie a correre
il rischio più elevato. Tuttavia
-
ci tiene a precisare - è comunque possibile dire che se
Sars-Cov-2 si diffondesse velocemente, coinvolgendo una larga fetta della
popolazione, anche la piccola percentuale di casi gravi sarebbe sufficiente a
mettere in crisi l’assistenza sanitaria. Si verrebbe così a delineare un nuovo
scenario, che potrebbe essere ulteriormente aggravato dal persistere
dell’influenza stagionale”.
“Nel
caso in cui ospedali, pronto soccorso e reparti di terapia intensiva non siano
in grado di accogliere i pazienti a causa di un numero insufficiente di posti
letto o personale –
si legge nel documento – i
Paesi dovrebbero essere pronti ad attuare piani di emergenza (ad esempio
adattando i letti ospedalieri standard per il trattamento di casi gravi).
Potrebbe essere necessario riprogrammare le operazioni non essenziali e
valutare se postazioni alternative potrebbero essere utilizzate per fornire
assistenza sanitaria. Si potrebbe prendere in considerazione la ridistribuzione
delle risorse in tutta l’Ue“. Questi scenari potrebbero essersi già
verificati nei Paesi membri o presentarsi in qualsiasi momento. L’evoluzione
dell’epidemia potrebbe non essere lineare e saltare uno scenario. Data la
grande incertezza, l’Ecdc suggerisce calorosamente agli
organismi di sanità pubblica e agli istituti di ricerca di continuare a
lavorare insieme per accumulare informazioni sul nuovo coronavirus e anche
sull’efficacia delle misure messe in atto per il contenimento e la mitigazione,
di condividere le conoscenze e gli esiti delle terapie sperimentali. “Gli sforzi - conclude Eramo - devono essere rafforzati e
coordinati, anche in tema di comunicazione del rischio”.

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