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martedì 26 maggio 2020


Governo imbelle, Paese confuso.




(di Stelio W. Venceslai)



            La questione fondamentale in Italia non è lo stucchevole contrasto fra la Destra e la Sinistra che domina la vita politica del Paese, contrasto nel quale, alla fine, si sono invertiti i valori: la Sinistra, da progressista, è diventata conservatrice, la Destra, da reazionaria si è trasformata in liberale vecchio stampo. Categorie ideali passate di moda da un pezzo, che non si ha il coraggio di abbandonare perché, comunque, in mancanza d’idee nuove o di una visione a medio raggio, servono a tener vivo una specie di dibattito politico estenuante e ripetitivo.
    Il Paese è alla ricerca di un modello da seguire perché è incapace di pensarne uno suo. Incultura e indifferenza interessano ampi strati del Paese e i risultati sono sempre più evidenti.
    La conseguenza finale di questa situazione è che il Paese, di cui è espressione la sua classe politica, eletta più in base a sollecitazioni emotive che razionali, da cinquant’anni è fermo su un binario morto. Ciò spiega la confusione totale in cui è immerso il Paese a proposito dell’epidemia.
    Nell’ipotesi della Fase 2 che stiamo vivendo, ci vorrebbe un governo dalla mano ferma. Non c’è e le Regioni vanno per conto loro.
    Il buon senso avrebbe suggerito di aprire cominciando dalle Regioni a ridotto tasso di contagio. Invece no: tutti uguali, anche la Lombardia dove il contagio continua. L’assurdità è che tre giorni prima della riapertura la Calabria è finita al Consiglio di Stato per aver anticipato l’apertura rispetto alle altri.  Una cosa cretina.
    La Fase 2 è piena d’incertezze: usate guanti e mascherine, evitate gli assembramenti. Belle parole: le mascherine continuano a scarseggiare, checché ne dica Arcuri e i guanti sono buoni per lessare le mani, dopo un certo tempo.
    La questione è che se le mascherine sono effettivamente utili. Il prof Montanari sostiene che, in realtà, costringono a respirare anidride carbonica emessa nella respirazione, con gravi effetti fisiologici, e scarta del tutto l’idea di munirne i bambini.
    Il dubbio è se la mascherina protegge chi la porta o gli altri, dubbio insoluto. Al mare si dovrebbe portare fino all’ombrellone, poi si può togliere. Ma se vuoi bagnarti, la devi rimettere fin quando non entri in acqua. Dopo, dove la lasci? Un’analisi dell’Istituto Superiore di Sanità ci dice che sul mare e sull’aria sovrastante il virus è inesistente.  Quindi, vive solo fino al bagnasciuga? Un miracolo.
    Dobbiamo essere distanziati l’uno dall’altro. Di quanto? L’indicazione è vaga: si va dai quattro metri  fra gli ombrelloni ai  due metri per i tavolini di un ristorante a 1,5/ 1 metro  tra le persone. Mi ricorda  un vecchio criterio: se passava un filo tra due corpi non c’era adulterio. A questo punto,  per i giovani, si profila il matrimonio combinato dalle famiglie.
    Parliamo dei morti la cui cifra continua a salire, almeno in Lombardia. Sono oltre trenta mila. Ma l’Istat ci dice che non è vero, perché le statistiche della Commissione ad hoc della Protezione Civile non sarebbero esatte. I morti sarebbero almeno tre volte di più. Il governo tace su questo punto e la sensazione crescente è che la mano destra non sappia quel che fa la mano sinistra.
    Sul contagio e sul suo possibile ritorno a vele spiegate, forse nell’autunno, tutti zitti o, meglio, tutti parlano e dicono cose contraddittorie. La gente è abbandonata a se stessa.
    Si polemizza sugli ospedali costruiti perché inutili! Sembra di sognare. Qui nessuno si rende conto che il contagio è in mezzo a noi e che ci dovremo, probabilmente, convivere a lungo. Meglio avere un ospedale vuoto che i malati stesi nei corridoi, com’è avvenuto. L’amor di polemica fa dimenticare la gravità del momento che stiamo vivendo, solo perché chi l’ha costruito in venti giorni (non deciso, attenzione!) è di destra e in Lombardia che ha un Presidente di Destra.
    Ancora: l’apertura di negozi e ristoranti. I proprietari e i gestori, pieni di buona volontà, hanno introdotto le modifiche necessarie, a spese loro. Non hanno ancora ricevuto una lira degli aiuti promessi. Forse arriveranno, ma la speranza è che la gente riprenda le sue abitudini: mangiare al ristorante e comprare. A che prezzi? Non si è immaginato nessun tipo di controllo dei prezzi, non un calmiere, ma almeno un controllo. E poi, chi ha il denaro, in questo momento, da spendere? Molti non ne hanno, e sono milioni. Molti se lo conservano gelosamente, perché non si sa mai cosa potrebbe accadere. Mai come in questo periodo sono aumentati i risparmi nelle banche. Se la gente non compra, in questo periodo, è una tragedia per i commercianti e per i ristoratori.
Era giustificata tanta fretta?
    Anche sul turismo c’è qualcosa da capire. A giugno si aprono le frontiere tra le Regioni. Chi si sposterà dalla Lombardia o da altre zone del Paese dove è ancora il contagio, andrà in quarantena quando arriva al posto di destinazione o no? I Presidenti delle Regioni (vedi Sicilia) sono arbitri o no della salute delle loro popolazioni?
    Che senso ha, sempre a giugno, aprire le frontiere all’esterno del Paese se quest’apertura non è coordinata almeno con i nostri Paesi confinanti? Aspettiamo turisti che vengano d’oltreoceano. Con quali voli, se tutto è bloccato e il settore aereo è al collasso? Il fallimento della Hertz non dice a qualcuno come stanno le cose realmente?
    Sulla scuola, poi, che è il nerbo delle generazioni future, nebbia fittissima. Li assumiamo o no i precari? O servono o non servono. Se servono, in un momento come questo, a che serve discutere se per merito per concorso?  Se senza concorso andavano bene, com’è stato in passato, perché ora no? La soluzione all’italiana pare che sia: li assumiamo e dopo facciamo i concorsi. Se qualcuno non li vince, pazienza, torna precario. Ricordo un tale che in Sardegna andò in pensione dopo una cassa integrazione per tutta la vita, tranne tre giorni di lavoro.
    L’epidemia ha fatto dimenticare altre gravi questioni che incombono sul Paese. Accetteremo o no il possibile aiuto franco-tedesco cui si oppongono, tra l’altro, diversi paesi membri del Nord? Non si sa. Qual è la nostra posizione? Intanto, a Marcianise gli investitori stranieri se ne vanno e lasciano sul lastrico centinaia di lavoratori. E il caso Whirpool? Silenzio governativo o qualche lamentazione sulla violazione dei diritti. A Taranto si perdono, pare, 300 milioni al giorno. Nessuno dice nulla.
    Poi, c’è la questione della magistratura, gravissima, perché scandalosamente politicizzata. Palamara docet.
    Riemerge la questione Atlantia, quella del Ponte Morandi. Soni passati due anni.e da due anni si dice: revochiamo la concessione. Perché non s’è fatto? Adesso l’Atlantia ricatta il governo: o ci date i contributi previsti o sospendiamo la manutenzione! Non c’è che dire, questo è un governo di maramaldi.
    In Libia si continua a sparare, e gli emigranti continuano a sbarcare, ma a noi che c’importa?
    La politica estera italiana, a voler essere buoni, è ambigua. In realtà, non esiste e rientra in quell’ampio vuoto culturale per cui non ci si accorge che il Paese è incolto, non adeguato all’evoluzione della tecnologia e della vita moderna, e che è un Paese fermo a cinquant’anni fa e arranca, malamente, per stare dietro al progresso.
    Nelle condizioni attuali, dove la crisi dell’economia italiana s’innesta su quella europea e quella europea su quella mondiale, tutte poi, all’improvviso, pericolosamente aggravate dalla pandemia, nell’ambito della geopolitica internazionale l’Italia resta relegata in un ruolo di second’ordine, schiacciata dall’intesa franco-tedesca, inutilmente alla ricerca di alleati minori che, invece preferiscono un partner più forte o, almeno, dotato d’idee.
    Gli Italiani, in genere, sono considerati vivaci, socievoli, intelligenti e pieni di fantasia. In politica invece, sono fra loro rissosi e vuoti d’idee.
    In politica interna, si vede tutti giorni quanto il loro individualismo finisca nella confusione. In politica estera, invece, dove non è l’individuo che conta, ma il Paese, sembra che regnino solo l’approssimazione o l’incapacità di generare interesse.


Roma, 24/05/2020.

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