Per il
18 maggio Lombardi + 1
Fatto accaduto a Sant’ Angelo
d’Alife Il 23 settembre del 1954,
Andrea
Lombardi e Michele Ferrazzano furono
accusati di “omicidio preterintenzionale aggravato” per avere spinto
facendolo cadere in un crepaccio il giovane Giuseppe Petrucci
Sant’
Angelo d’Alife – Il 23
settembre del 1954, Andrea Lombardi,
di anni 29 e Michele Ferrazzano, di
anni 28 entrambi da Sant’ Angelo d’Alife, furono accusati di “omicidio
preterintenzionale aggravato per avere compiendo atti idonei (era scritto
nell’accusa) diretti a commettere il delitto di lesioni personali e ciò facendo
cadere a terra con una spintonata e sferrandogli un calcio al fianco sinistro,
cagionato per futili motivi derivanti dal fatto che la vittima frequentava la
scuola la morte di Giuseppe Petrucci,
di anni 15 per insufficienza renale causata dal rene sinistro con i traumi
riportati”. Di concorso in omicidio furono accusati: Pasquale Pezzullo, Enrico Paone,
Ernesto Pisaturo, Saverino Ricciardi, Antonio Palladino e
Luigi Pisaturo. Delitto avvenuto a
Sant’Angelo d’Alife il 23 settembre del 1954. Nel dettaglio Lombardi e
Ferrazzano erano accusati di omicidio preterintenzionale, gli altri di
concorso. Il dr. Mario Presta era
accusato di aver cagionato la morte di Giuseppe Petrucci procedendo ad
intervento chirurgico sul predetto; Antonio Palladino, invece, era accusato di
aver aiutato Michele Ferrazzano, colpito di mandato di cattura per omicidio
preterintenzionale a sottrarsi alle ricerche della polizia giudiziaria. Luigi
Pisaturo, inoltre, doveva rispondere di aver ritardato la propria assistenza a
Giuseppe Petrucci causandone la morte. Una vicenda che sconvolse letteralmente
la tranquilla comunità matesina. Il 23 settembre il giovane cessò di vivere nel
proprio domicilio dove era stato trasportato alcuni giorni prima. Ma prima che
il giovane morisse il comandante dei carabinieri di Alife si portò a casa del
Petruccio raccogliendo, presente il padre, una dichiarazione secondo la quale
il ragazzo era stato aggredito e percosso nei presi della casa colonica di tale
Michele Melenchi da un gruppo di
giovani e fece anche i nomi. I carabinieri svolsero nel frattempo indagini ed
appurarono che il giorno precedente al ricovero sulla via Comunale della
contrada “Melopiano” che mena a Sant’
Angelo d’Alife nel rincasare dal lavoro si era incontrato con alcuni giovani ed
era stato malmenato con spintoni e calci da due di essi. Detti giovani
identificati in Andrea Lombardi e Michele Ferrazzano. I due negarono di aver
percosso il ragazzo pur precisando di averlo incontrato. Precisarono che essi
procedevano in due gruppetti e scherzavano dandosi reciprocamente spintoni che
costui era caduto nella cunetta della strada e bestemmiando i morti si era
alzato ed afferrati dei sassi li aveva lanciati colpendo uno di loro, il Paone.
Indi il Ferrazzano si era fatto vicino al Petruccio ed afferratolo per le mani
lo aveva invitato a smetterla. Infine era intervenuto tale Ernesto Berti che aveva diviso i due ponendo fine alla lite. Il
Berti precisò che - uscito dalla sua casa per recarsi in paese – aveva notato
il Petrucci che piangendo e bestemmiando i morti lanciava sassi contro il
gruppo di giovani formato dal Ferrazzano e dai suoi amici e il Ferrazzano
staccatosi dai compagni e afferrato il Petrucci alle spalle per trattenerlo ed
impedirgli di continuare a tirare le pietre. Tra i due era avvenuta una
colluttazione al termine della quale il Pietrucci si era allontanato piangendo
verso casa sua. Maria Cristina Petruccio
riferì a sua volta di aver visto il Petruccio avviarsi verso casa e che aveva
appreso da lui che suoi coetanei lo avevano picchiato. Ma c’era una prova
inconfutabile: la parola del giovane – in fin di vita – che aveva riferito ai
carabinieri che quella sera era stato apostrofato dal Lombardi con la frase: “Questo cafone”…e poi gli aveva dato una
spinta facendolo precipitare nella cunetta sottostante che era piena di
cespugli. Egli si era poi alzato e piangendo e bestemmiando aveva lanciato un
sasso se non che il Ferrazzano gli si era avvicinato e gli aveva afferrato le
mai, per farlo desistere e poi lo aveva stretto alla gola e infine gli aveva
tirato un violento calcio al fianco sinistro facendolo cadere rovinosamente a
terra. Alzatosi nuovamente era riuscito a stento ad allontanarsi dato il forte
dolore che sentiva al fianco. Successivamente, ritornato a casa non aveva
raccontato l’accaduto ai familiari e si era diretto in paese (forse armato) per
vendicarsi personalmente contro Lombardi e Ferrazzano ma senza riuscire a
trovarli. La mattina seguente verso le
6,30 al ritorno dalla casa dello zio Mario
Natale dove aveva pernottato aveva sentito bisogno di urinare ma si era
accorto che urinava sangue. Impressionatosi aveva riferito la cosa al cognato Domenico Pisaturo, ma aveva taciuto
allo stesso e poi anche agli altri familiari la lite della sera prima ed aveva
spiegato il suo malessere raccontando – contrariamente al vero – di essere
caduto dalla giumenta.
Il
giovane aveva un solo rene… la scomparsa dell’organo non fu chiarita ma per gli
inquirenti fu sottratta per depistare le indagini sulla morte
L’esame autoptico pose in
evidenza che il cadavere presentava escoriazioni e assenze sia del rene
sinistro che quello di destra. Il Procuratore della Repubblica procedette al
sequestro presso l’Ospedale della cartella clinica con 3 pellicole
radiografiche con relazione del radiologo Almerico
Radice. I perito affermarono che il giovane era deceduto “per coma
traumatico” dovuto ad insufficienza renale. L’asportazione dell’organo era
stata quindi inutile. Ma con sorpresa di tutti i periti precisarono che il rene
destro era assente per anomalie congenite o trovavasi fuori sede si che non era
stato rinvenuto né nel secondo intervento operatorio né in sede di autopsia. Il
mistero non fu mai chiarito. Successivamente venne accusato di omicidio colposo
il medico Mario Presta di Piedimonte
Matese. La
mattina del 14 settembre del 1954 il Dr. Luigi
Pisaturo presentò ai carabinieri di Alife un referto attestante che al
giovane Giuseppe Petrucci da Sant’Angelo d’Alife erano state riscontrate una
contusione alla regione renale con ematuria da sospetta lesione del rene e che
il ferito aveva affermato di aver ricevuto un colpo contundente alla regione
offesa. Nello stesso giorno il Petrucci venne ricoverato all’ospedale civile di
Piedimonte Matese che fece pervenire ai carabinieri un referto a firma del Dr.
Mario Presta uguale a quello del Dr. Pisaturo. Un successivo referto chiariva
che era stato necessario sottoporre il giovane ad intervento chirurgico di
esportazione del rene sinistro e che si era constatata che il rene presentava
rottura della midollare e lacerazioni a livello dei calici.
Nel
processo tenutosi innanzi la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere furono
condannati Ferrazzano ad anni 7, Presta a 6 mesi e Palladino ad 1 anno.
Santa
Maria Capua Vetere - Iniziatosi l’istruzione con il rito formale
veniva contestato con mandato di cattura al Lombardi e al Ferrazzano il delitto
di omicidio preterintenzionale aggravato dal futile motivo e con mandato di
comparizione a Pasquale Pezzullo, Enrico Paone, Severino Ricciardi e Ernesto
Pisaturo il concorso nel delitto. Il Lombardi tratto in arresto e gli altri
citati confermarono quanto dichiarato ai carabinieri. In effetti i giovani si
giustificarono adducendo il fatto che stavano giocando caracollandosi l’uno
sull’altro e che il Paone aveva dato una spinta al Ferrazzano e questi aveva
urtato il Lombardi che a sua volta aveva urtato il Petruccio che era così
scivolato nella cunetta sottostante. Veniva incriminato anche il Dr. Mario
Presta ed accusato di omicidio colposo. Veniva anche accusato il Dr. Luigi
Pisaturo per aver ritardato la presentazione del referto medico e Antonio
Palladino per aver aiutato il Ferrazzano trattenendolo presso la propria
masseria in Pignataro Maggiore per sottarlo al mandato di cattura. Ma la
sentenza istruttoria fece falcidia: ordinò la scarcerazione del Lombardi per
insufficienza di prove, del Dr. Luigi Pisaturo, Pasquale Pezzullo, Enrico
Paone, Ernesto Pisaturo e Severino Ricciardi per non aver commesso il fatto e
rinviò al giudizio della Corte di Assise per gli altri imputati. Si
costituivano parte civile: Giovanni
Petrucci (padre del giovane); Attilia
Gilardi, (la madre) ed i fratelli Gaetano
e Maria. Al termine dell’istruttoria
dibattimentale il pubblico ministero chiese per Lombardi e Ferrazzano 9 anni di
reclusione; sette mesi per il dr. Presta e un anno per Palladino. La sentenza
fu di 7 anni per Ferrazzano e Lombardi confermando le altre richieste della
pubblica accusa. La sentenza fu appellata i difensori chiesero l’assoluzione per
non aver commesso il fatto (già chiesta in prime cure e non accolta). Non era
emerso dalle indagini alcun serio elemento a carico degli accusati e pure
ammessa l’esistenza del calcio la lesione al rene e la conseguente morte del
Petrucci non possono farsi risalire al calcio stesso perciò – chiesero nei
motivi di appello – assoluzione con formula dubitativa ancora più in subordine
legittima difesa o quanto meno eccesso colposo e la provocazione. La tesi della
Corte è antigiuridica perché il gruppo non lo si può valutare come un’entità
inscindibile, tanto più che è nota l’attività di ciascun componente. Va
pertanto concessa la predetta attenuante con riduzione delle pene al minimo. Al
processo furono impegnati gli avvocati: Alberto
Martucci, Alfonso Raffone, Ciro Maffuccini, Guido del Basso, Vittorio e Michele
Verzillo, Antonio Giordano, Ettore Botti, Renato Orefice, Pasquale Di Gennaro e
Nicola Cariota Ferrara. Nel processo tenutosi innanzi la Corte di Assise di
Santa Maria Capua Vetere furono condannati Ferrazzano ad anni 7, Presta 6 mesi
e Palladino ad 1 anno.
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