I fossili ed il
linguaggio
B.Valentino
Evoluzione nell'uomo
I fossili ed il
linguaggio
di Bartolomeo Valentino*
E’ facile
comprendere che il linguaggio non fossilizza, ovvero la Paleontologia non ha
potuto studiare le parti molli che entrano nel funzionamento del linguaggio. Ma
gli studi in questo settore si sono soffermati sull’evoluzione del cervello, nonché
su quella della fonazione nel corso dei millenni.
Prima della
comparsa del genere Homo lo sviluppo della massa cerebrale è stato lento. Si parla
di milioni di anni fa. In particolare, un aumento di tale massa si ha con
l’apparizione del genere Neanderthaliensis in Europa e dell’Homo Sapiens in
Africa. L’accrescimento della massa cerebrale ha portato ad uno sviluppo delle
capacità cognitive dell’uomo, comprese quelle
del linguaggio articolato. La parte dell’encefalo che più è cresciuta è
stata il Neocortex, dove risiedono tutte le funzioni del nostro pensiero. E la
crescita si è avuta particolarmente a livello del lobo frontale. Già nel genere
Homo Abilis sarebbe stata trovata una impronta endocranica dei resti fossili, corrispondente
all’area di Broca,che è il centro del linguaggio articolato nell’uomo. Questa
area nei Primati esercitava solo funzioni motorie, mentre nell’uomo anche
quelle del linguaggio.
Si ritiene, inoltre,
che l’evoluzione del cervello non ha prodotto nuove funzioni ma migliore
organizzazione di esse. E’ quest’ultimo concetto sostenuto da Charles Darwin,
secondo cui l’evoluzione si serve di
parti antiche per adattarle a nuove funzioni. Dunque, l’evoluzione del
linguaggio non è dovuta ad aggiunta di nuove aree corticali, ma ad un loro migliore
coordinamento.
E’
interessante analizzare le differenze tra l’apparato della fonazione dell’Homo
Sapiens rispetto allo scimpanzè. Nel primo la laringe e l’epiglottide sono
basse rispetto alla lingua ed al palato molle. Pertanto, si è potuta formare
una grande camera d’aria faringea
superiormente alle corde vocali. Ciò ha consentito di emettere un grandissimo
numero di suoni, ma non di deglutire e respirare contemporaneamente. Nelle scimmie
questa doppia funzione può svolgersi nello stesso momento. Da qui la celebre frase:
quando si mangia non si deve parlare perché si combatte con la morte. La
combinazione laringe bassa e faringe alta si può individuare attraverso le
curvature delle ossa della base cranica. Così le ricerche di Paleontologia condotte
sulla specie del genere Australopithecus hanno dimostrato che la loro base
cranica non fosse molto flessa, così come nelle scimmie attuali e che
porterebbe ad una incapacità di modulare dei suoni articolari.
Comunque,
oggi gli studi sull’evoluzione del linguaggio articolato, si sono orientati
verso la Biologia molecolare,in particolare sull’analisi delle mutazioni
genetiche. Sono state studiate le differenze genetiche che esistono tra le
sequenze dei geni umani e quelli di Primati Superiori. Un gene particolarmente
importante per lo sviluppo del linguaggio nell’uomo è il FOXP2.La modificazione
di tale gene porta a disturbi motori del linguaggio che riguardano sia la
percezione che l’articolazione delle parole. Nell’Homo Sapiens sono state
notate due mutazioni genetiche che hanno avuto come conseguenza la possibilità
di perfezionamento della sintassi. Concludendo, siamo di fronte ad un riciclo
di elementi già presenti nel nostro organismo, secondo la teoria di Darwin, e non ad una struttura
biologica ex novo.
Già
Professore di Anatomia Umana II Università di Napoli-Morfopsicologo
Il gene del
linguaggio



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