"Svuota-carceri un flop, in cella solo
per i reati più gravi", la proposta del magistrato Catello Maresca
Ne è convinto
anche Catello Maresca, attuale sostituto alla Procura generale di Napoli dopo
una lunga esperienza da pm nella Direzione distrettuale antimafia, docente di
Diritto e procedura della legislazione antimafia all'università della Campania
Luigi Vanvitelli e corteggiato dalla politica come possibile candidato sindaco
della città.
Su questi ultimi
rumors Maresca preferisce glissare: "Li vivo da magistrato che fa il suo
lavoro tutti i giorni e prova a dare un contributo su temi che sono prossimi
alla sua professione e al suo impegno in questo momento. Se un domani il mio
impegno sarà in altri luoghi, risponderò ad altro tipo di istanze; per ora mi
fa piacere rispondere a queste".
Parliamo di
carcere, allora...
"Il Recovery
Fund potrebbe essere un'occasione formidabile per destinare al comparto della
reclusione risorse che possano tradursi in un carcere più umano, dove l'unica
privazione ammessa è quella della libertà e non, come accade ancora in alcune
strutture carcerarie, anche quella della dignità: ci sono condizioni che
riguardano le detenute, per esempio, che sono davvero al limite del trattamento
disumana e degradante. Dignità nell'esecuzione della pena, quindi, ed efficacia
nell'individuazione di percorsi di riabilitazione dei detenuti sono le linee
programmatiche che uno Stato serio deve essere capace di declinare e realizzare
in concreto".
A leggere le
statistiche, la realtà è ben diversa: in Campania ci sono 6.648 detenuti, un
terzo dei quali recluso per reati per cui sarebbero possibili le cosiddette
misure alternative, e circa la metà è in attesa di giudizio...
"È il momento
di fare una riflessione seria e profonda sull'attualità della funzione della
pena e sulla modalità di espiazione a partire dal carcere. Oggi il paradigma
ancora applicato è quello vecchio del carcere inteso come prima istanza, tant'è
che le altre misure vengono definite "alternative" come a dire che
c'è il carcere e poi ci sono le altre. Credo che invece bisognerebbe partire proprio
da questo valore: non esiste una misura primaria o, meglio, può esistere solo
per categorie di reati di particolare allarme sociale. Penso ai reati di
criminalità organizzata, ai delitti contro la persona, ai reati previsti dal
Codice rosso che sono reati che vanno trattati con la massima attenzione
possibile e rispetto ai quali il carcere è naturalmente il primo livello di
garanzia che deve essere assicurato, mentre per tutti gli altri reati
bisognerebbe cercare di contemperare misure diverse. Prima che dal Legislatore,
però, la riflessione profonda deve partire dalla dottrina che è più
avanguardista e capace di elaborare nuove modalità di espiazione della pena che
riescano a soddisfare adeguatamente l'esigenza di prevenzione generale e
speciale e l'esigenza di rieducazione. Perché spesso il carcere, in determinate
condizioni, diventa addirittura criminogeno, un luogo dove si cementano
alleanze tra clan e dove rancore e malanimo nei confronti dello Stato si
sviluppano e si traducono in un'ulteriore propensione a delinquere".
Pensa a un nuovo
modello di pena?
"Sì, occorre
costruire un nuovo modello nel nostro ordinamento che tenga conto anche di
un'esigenza di punizione che passi attraverso il risarcimento del danno, il
ristoro economico. Ho una mia idea per i reati contro la pubblica
amministrazione: la vera punizione dovrebbe essere il pagamento
dell'equivalente sottratto e la possibilità di non esercitare più le funzioni
rispetto alle quali il reato è avvenuto".
Intanto
l'emergenza Covid sta sollevando nuove criticità...
"Ci troviamo
in una situazione di assoluta emergenza, e come tutte le emergenze va trattata
con provvedimenti eccezionali. Da marzo ad oggi mi sarei aspettato grossi
interventi in termini trattamentali; i provvedimenti adottati finora sono
svuota-carceri solo sulla carta, i numeri sono implacabili e danno la
percezione immediata del fallimento dei provvedimenti normativi. Non si può
pensare che, in una regione con un alto numero di detenuti come la Campania, la
deflazione della platea carceraria sia rappresentata da meno di dieci soggetti
scarcerati. È chiaro che la norma ha fallito e bisogna pensare a nuove
soluzioni".
Si parla di 20mila
scarcerazioni per decongestionare le carceri italiane...
"È un numero
possibile, ma il vero problema è che ad oggi mancano i dati iniziali essenziali
sulla popolazione carceraria. L'ho detto anche alla Commissione Giustizia del
Senato che mi ha chiamato a esprimere un parere tecnico sull'ultimo
provvedimento svuota-carceri. Senza quei dati è impossibile avere un minimo di
prognosi di efficacia".
Fonte: di Viviana
Lanza/ Il Riformista, 3 dicembre 2020
Nessun commento:
Posta un commento