PRIMA UDIENZA PER IL DELITTO TONDI
IN CORTE DI APPELLO
Tutto rinviato
a febbraio per nuovi interrogatori e nuovi riscontri
La sorte dell’ex
gommista Emilio Lavoretano, accusato di uxoricidio, a quanto sembra, è legata ad
una intercettazione telefonica della madre che lo consigliava di conservare gli
scontrini della spesa per costruirsi un alibi dopo quanto accaduto. Ma non solo. Da più parti si ipotizza anche un errore da
parte del Lavoretano il quale non avrebbe detto la verità “intera” onde
consentire al suo avvocato di impostare una difesa adeguata o un eventuale
patteggiamento o rito abbreviato. Pensava di averla fatta franca con un suo
alibi costruito per la bisogna ma l’accusa pubblica è stata precisa, metodica,
martellante. Ora lui spera che con il cambio dell’avvocato difensore in appello
tutto possa essere annullato. Noi glielo auguriamo. Di seguito riportiamo un
più dettagliato articolo de “Il Mattino” sulla prima udienza.
Iniziato e subito rinviato a
febbraio, dopo la costituzione delle parti in aula, il processo davanti alla
Corte di Assise di appello di Napoli, che vede imputato Emilio Lavoretano, l'ex
gommista accusato del delitto della moglie Katia Tondi la giovane mamma di 31
anni trovata strangolata nell'appartamento coniugale di San Tammaro il 20
luglio del 2013. La difesa, infatti, ha impugnato la sentenza di condanna a 27
anni di reclusione che sta scontando l'uomo nel carcere di Santa Maria Capua
Vetere, oramai già da un anno dopo il verdetto della Corte di Santa Maria Capua
Vetere emesso nel dicembre del 2019. In particolare è stato chiesto di nominare
una nuova terna di periti e di sentire nuovamente il consulente della difesa,
il professor Vittorio Fineschi. Nella prossima udienza, in attesa della
duplicazione di alcuni atti ancora non consegnati alla difesa, si procederà la
relazione e le richieste istruttorie di rinnovazione. Lavoretano fu condannato
dopo 71 udienze in Corte di Assise e a distanza di sei anni e mezzo dal
delitto. Dopo qualche giorno per lui si aprirono anche le porte del carcere.
Quello di Katia Tondi è stato un omicidio commesso nel più totale silenzio,
senza essere accompagnato da litigi, grida o trambusti tanto da non destare
nemmeno l'attenzione di due cani Pincher di proprietà di una vicina di casa
(anche lei sentita in aula nel corso del dibattimento) che solitamente
abbaiavano al minimo rumore e, quindi, apparentemente premeditato. Secondo
l'accusa e la relazione dei periti, Katia Tondi sarebbe stata strangolata (mai
trovato l'oggetto utilizzato per ucciderla) tra le 18 e le 19 del 20 luglio, in
un arco temporale, in cui - secondo l'accusa - Lavoretano era in casa e avrebbe
ucciso d'impeto la moglie. Nel corso del lungo dibattimento sono stati tanti
gli scontri tra accusa e difesa e molti contrasti sono emersi nonostante
l'intervento di periti e consulenti e superperiti. Qualche mese fa per
Lavoretano si è pronunciata anche la Cassazione in relazione ad una istanza di
scarcerazione negata dal Tribunale del Riesame, decisione confermata dagli
ermellini. Nella loro motivazione, i giudici della Corte di Assise di Santa
Maria Capua Vetere hanno anche motivato quel delitto definito d'impeto: la
Procura in un primo momento aveva imboccato il movente dell'amante, eventuali
relazioni dell'uomo però mai trovate. Da qui si è passati al movente della
gelosia basate sulle dichiarazioni della madre della vittima.
Un ampio resoconto – anche fotografico – del
processo Tondi è riportato nel libro “Vittime, assassini, processi” di
Ferdinando Terlizzi.




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