Tempo di draghi
L’incarico conferito a Draghi dal
Presidente della Repubblica con il suo conseguente appello all’unità dei
partiti e per la costituzione di un governo di alto profilo, in questo momento
di gravissima crisi, come una grossa pietra gettata nella palude stagnante dei
governi Conte, ha provocato nella gente, un quasi unanime senso di liberazione
da una situazione politica incomprensibile, scaduta nel mercimonio delle
cariche e dei voti e caratterizzata dal bassissimo livello dei suoi attori.
Della storia e dei meriti di Draghi è
quasi inutile parlare. La stampa internazionale ha visto con piacere questa
svolta della politica italiana, caratterizzata da governi “impotenti e
incompetenti”.
La svolta c’è stata, anche se da più parti
si sottolinea la difficoltà dell’impresa. Una cosa è certa: il futuro governo
Draghi sarà diverso da tutti quelli che l’hanno preceduto negli ultimi anni. La
storia politica della Repubblica potrebbe cambiare radicalmente.
Draghi ha un compito difficilissimo ma, a
ben vedere, le eventuali difficoltà parlamentari sono solo quisquilie. La sfida
che deve affrontare non è in Parlamento, checché se ne dica, ma sui contenuti
del suo programma: lotta alla pandemia, rilancio dell’economia, utilizzo del Recovery Fund.
I governi giallo-rossi sono falliti come
lo fu quello giallo-verde. 5Stelle è riuscito con i suoi dogmi a frantumare
tutti gli schieramenti, ma il fallimento è complessivo. Draghi, oggi, è una
specie di Commissario straordinario della Repubblica per rimettere assieme i
cocci o buttarli nella spazzatura.
Stupisce che il segretario del PD parli di
un patrimonio da salvare. Quale? L’idea preminente fra i partiti della
coalizione del Conte bis è che con Draghi si farà una versione del mancato
Conti ter. Una sciocchezza che non tiene conto dei desiderata del Presidente della Repubblica. I partiti della ex
maggioranza si propongono per “un contributo d’idee”. Quali? Non ne hanno avuta
una di buona, fino ad ora. Difficile immaginare adesso uno sprazzo di luce.
Le convulsioni del partito che ha il
maggior numero di rappresentanti in Parlamento, 5Stelle, sono patetiche, Temono
di essere relegati all’opposizione, se negano la fiducia, e quindi di perdere
voti, o di perderli lo stesso se danno la fiducia. Un equivoco politico che né
Grillo, chiamato in tutta fretta, né Casaleggio, con la sua patetica
piattaforma Rosseau, né i Di Maio, Crimi, Toninelli e soci potranno risolvere
adeguatamente.
Si discute, in modo lunare, se nella mente
di Draghi c’è un governo tecnico oppure politico o, misto, politico-tecnico. Un
governo, qualunque esso sia, governa e fa politica. In questo caso e con questa
crisi, altro che politica!
Usciti da un fallimento complessivo, che
investe sia il centro-sinistra sia il centro-destra, bisognerà rifare i conti e
riallinearsi, dubito con gli stessi uomini. Ciò fa paura. Un governo Draghi di
unità nazionale, il governo dei migliori, dopo molti governi dei peggiori,
spezza le ossa dei nostri partiti tradizionali.
Al momento, e sbaglia, solo la Meloni si
distacca dal coro dei petulanti e improvvisati estimatori di Draghi. Insiste
sulla necessità di andare alle urne. Sbaglia perché, in tal modo, si rinchiude
nel ghetto dal quale era uscita con i suoi consensi crescenti. Tutti gli altri,
Lega compresa, si accodano a Draghi, perché l’isolamento non fa bene a nessuno.
Tuttavia, la Meloni è l’unico personaggio politico coerente rispetto a
banderuole, profittatori e bugiardi, assolutamente non affidabili, specie
quando scagliano anatemi del tipo: mai
con questo e mai con quello.
La questione di fondo sarà la composizione
del governo e se ci saranno le vecchie facce o no. L’idea suggestiva è che non
ce ne debbano essere, se non paio, ma solo per la loro competenza. Il resto
dovrebbe essere innovativo e di qualità. Le complesse relazioni personali di
Draghi fanno ben sperare in questo senso.
La mano pesante sulla spalla di Draghi da
parte di Mattarella e la gravità eccezionale della crisi che stiamo vivendo,
sono fattori decisivi per il successo del prossimo governo. Con le loro beghe
da parrocchia di provincia i partiti, ormai, sono fuori gioco. Avranno un bel
dire sulle loro posizioni pregresse. Se non saranno d’accordo con Draghi,
potranno negargli la fiducia in Parlamento. Ma l’alternativa sono le elezioni
che nessuno vuole, tranne la Meloni, (con la vecchia legge elettorale, le nuove
circoscrizioni da fare, il quasi dimezzamento del Parlamento attuale), elezioni
che, comunque, gestirebbe un governo Draghi dimissionario.
Le discussioni e le analisi che si fanno
su Draghi (è stato educato dai Gesuiti, forse è un massone, è esponente
dell’alta finanza internazionale, forse è di destra, no, di sinistra, è un
grand’uomo di statura internazionale, però …) sono idiozie e, soprattutto, non
hanno nulla a che vedere con la necessità di salvare il Paese.
Draghi ha il coltello dalla parte del
manico: o si beve o si affoga (o fiducia o elezioni). Il rischio è troppo
grosso. Pare che bevano tutti.

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