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IN TERZA PAGINA [vai]
Jane Austen era razzista? (M. Feltri)
Ecco che penso del video di Grillo (Travaglio)
Zalone sceneggiato da Borges (Serra)
Il calcio etico è una menzogna (Ferrara)
Lo streaming è il male (Langone)
Delitti e suicidi
Lunedì sera, a Torre Annunziata, in
provincia di Napoli, nei dedali di viuzze spesso alla ribalta per fatti di
cronaca, è scoppiato un diverbio per un parcheggio. Una donna, Maria Adriana
Cerrato, di anni 20, ha spostato una sedia che occupava un posto auto e vi ha
lasciato la propria macchina. Prima, si è ritrovata con uno pneumatico
squarciato. Poi, quando il padre, Maurizio Cerrato, di anni 61, custode al
parco archeologico di Pompei, è arrivato sul posto per aiutarla a cambiare la
ruota, quattro o cinque persone, tutte appartenenti alla stessa famiglia, lo
hanno aggredito, lo hanno colpito con un cric e lo hanno finito con una
coltellata in pieno petto. L’uomo è morto mentre la figlia lo stava portando
all’ospedale di Castellammare di Stabia.
«La giovane è stata interrogata fino alle
quattro del mattino e poi ancora tutta la giornata di ieri. I carabinieri del
gruppo di Torre Annunziata, coordinati dal procuratore della Repubblica Nunzio
Fragliasso, sono a caccia degli assassini. Ma non possono contare, purtroppo,
sulle telecamere a circuito chiuso puntate sulla zona del delitto perché si
sono rivelate finte, semplici deterrenti. Hanno però altro, i militari, e si
muovono in un ambito abbastanza ristretto di residenti che affacciano sullo
spiazzo usato come parcheggio libero» [De Arcangelis, Rep].
TERZA PAGINA
«Questa
pandemia
ci sta trasformando profondamente.
Ma lo spirito cazzaro non muore mai»
Dario Vergassola
Macchiolina
di Mattia Feltri
La Stampa
Non so se ricordate la scena di
Schindler’s List in cui il comandante di Auschwitz controlla la vasca da bagno
davanti allo schiavo che gliel’ha pulita, un ragazzino ebreo terrorizzato.
Cerca qui, cerca là, finché una macchiolina non la trova. Oskar Schindler
l’aveva convinto – furbescamente, per salvare qualche sventurato – della
differenza fra Dio e gli uomini, non tanto nel diritto divino di disporre della
vita e della morte, ma nella facoltà di perdonare. Così il comandante indica la
macchiolina e al ragazzino raggelato glielo dice: io ti perdono. Mi sembra
perfetto a proposito della messa sotto accusa di Jane Austen da parte della
direttrice del Museo di Jane Austen. E già qui siamo ascesi a vette altissime:
la custode della memoria di Jane Austen che pone in dubbio la memoria di Jane
Austen. Ma ancora non ne conoscete le ragioni. Il padre di Jane era un
reverendo e l’amministratore d’una piantagione di zucchero di Antigua. Insomma,
un colonialista. Per molto meno si sono abbattute statue, quindi siamo
nell’ordinario dell’ossessione. Ma Jane che c’entra? Eh, c’entra perché beveva
tè, l’infuso sul cui commercio l’Inghilterra ha fondato buona parte dello
sfruttamento degli indigeni. Poi perché, non contenta, il tè lo zuccherava
pure, e presumibilmente con lo zucchero di Antigua. Insomma, la macchiolina
l’abbiamo trovata ma, per ora, perdoniamo. La direttrice si limiterà a mettere
nel museo dei pannelli per illustrare la possibile colpa, su cui clementi si
sospende il giudizio. A proposito: il comandante di Auschwitz perderà presto il
brivido del perdono, e sceglierà di regolare la questione a fucilate.
Mattia Feltri
Stupro
di Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano
L’altroieri non ho commentato il video di
Beppe Grillo che difende il figlio Ciro dall’accusa di stupro di gruppo: da
padre di un ragazzo e di una ragazza, ho vissuto per anni nell’incubo che
potesse accadere loro qualcosa in una serata alcolica. Quindi sì, un po’ mi
sono immedesimato. Ora però molti lettori mi chiedono che ne penso. Grillo non
ha sbagliato a difendere suo figlio. E fanno ribrezzo quanti, col ditino
alzato, deplorano la sua rabbia: vorrei vedere loro, al suo posto. Gli errori
sono altri. Primo, far intendere che la consensualità del rapporto sessuale sia
dimostrata dal ritardo di 8 giorni con cui la ragazza ha sporto denuncia: a
volte possono passare anche mesi, e giustamente la nuova legge del “Codice
rosso” ( firmata dal “suo” ministro Bonafede e dalla Bongiorno) ha raddoppiato
i tempi per le querele da 6 mesi a 1 anno. Il secondo è l’assenza di una parola
di vicinanza alla ragazza, che comunque, se ha denunciato, si sente vittima.
Potrebbe esserlo, come pure non esserlo: alcune denunce di stupro si rivelano
fondate e altre infondate. Sarà il gup a decidere se Ciro e i suoi tre amici
vanno processati e altri giudici stabiliranno se fu stupro o no. Invece tutti
parlano come se lo stupro fosse già certo, senza non dico una sentenza, ma
neppure un rinvio a giudizio. E lo deducono, pensate un po’, dal fatto che
Grillo ha fondato il M5S e il M5S è “giustizialista”. Sono gli stessi che ai
loro compari applicano la presunzione di non colpevolezza anche dopo la
condanna in Cassazione (tipo B. e Craxi) ed esultano per i vitalizi a
Formigoni&C. Infilare la politica in un processo per stupro è quanto di più
demenziale, anche perché Ciro Grillo non fa politica. La fa suo padre, il quale
non risulta aver mai detto che si è colpevoli prima della sentenza (al V-Day
elencava i parlamentari condannati in via definitiva). Chi paragona il suo
video agli attacchi di B. o di altri impuniti alla magistratura non sa quel che
dice. Grillo non ha detto che la Procura di Tempio Pausania è un cancro da
estirpare o un covo di toghe antigrilline, né ha incaricato il suo avvocato
(che fra l’altro non sta in Parlamento) di depenalizzare lo stupro di gruppo.
Ha posto una domanda legittima: perché quattro presunti stupratori di gruppo
sono a piede libero da 2 anni col rischio che lo rifacciano? E si è dato una
spiegazione alla luce del filmato di quella notte che uno dei quattro ha sul
cellulare: secondo Grillo e la moglie, insieme a successivi scambi di messaggi
fra la presunta stuprata e i presunti stupratori, dimostrerebbe la consensualità.
È la tesi difensiva. Noi, che il filmato e i messaggi non li abbiamo visti, non
abbiamo nulla da dire sul punto. Se non che gli indagati hanno il diritto di
difendersi e i loro genitori di difenderli.
Marco Travaglio
Borges
di Michele Serra
la Repubblica
C’è un signore di Catanzaro che ha preso
per quindici anni uno stipendio da dipendente pubblico (presso il Centro
Operativo Emergenza Incendi dell’Ospedale Ciaccio, tutto maiuscolo) senza
presentarsi un solo giorno al lavoro. In quindici anni, non un solo giorno:
insomma, la perfezione.
Così almeno documentano le indagini della
Guardia di Finanza, sguinzagliata dalla Procura di Nicola Gratteri (un grande
italiano, ma non è questa la sede per dirlo).
Come si può capire, questo non è un
normale caso di assenteismo.
È un capolavoro. È un racconto di Borges.
È un caso di renitenza al dovere talmente
assoluto da sfuggire a ogni analisi sociale o politica. Non è nemmeno
fancazzismo, perché il fancazzismo è mediocre, ordinario, alla portata di
tutti, e comprende tutte quelle affannose pratiche che il lessico mediatico
accorpa nella categoria dei "furbetti", quello che fa timbrare il
cartellino al cognato, quello che ha mal di denti o mal di testa un centinaio
di giorni all’anno, quello che si imbosca a fumare sul terrazzino per le
due-tre ore necessarie, quello che rifiuta il trasferimento a tre chilometri da
casa di mammà.
Qui no. Qui è l’assoluto. Qui è il Mai, è
il Niente, è il No che echeggia tra le galassie. È Checco Zalone sceneggiato —
ripeto — da Borges. Come si usa dire, la giustizia farà il suo corso. Ma devo
confessare che il mio totale disinteresse per il mondo del crimine in questo
caso vacilla: di questo signore mi piacerebbe sapere qualcosa in più. Per
esempio, nel caso abbia famiglia, che lavoro diceva di fare, alla moglie e ai
figli, quando usciva di casa?
Michele Serra
Etica
di Giuliano Ferrara
Il Foglio
Club ricchi e famosi, indebitati, decidono
un torneo esclusivo tra di loro, per fare soldi, e così svalutano gli altri
tornei. Nasce un Olimpo europeo del pallone, blasonato, esclusivo (sempre che poi
nasca davvero). Declassata la Champions League, che resta una competizione
aperta ma con l’autoesclusione degli Dei dello stadio, declassato in parte
anche il campionato nazionale, e impoverito per la sete di gloria denaro
spettacolo delle grandissime. Questo l’annuncio della Superlega del calcio. Si
può invocare il sentimento demo-romantico del calcio bene comune, sebbene anche
questo benecomunismo della palla, che poi è il Maradona-pensiero, si scontri
con la realtà, e con lo star system luccicante e supermiliardario. Ma non si
può scomodare l’etica, come fanno la Uefa e la Fifa e i governi d’ogni specie e
praticamente tutti i cercatori dell’oro consensuale. L’etica è la signorina più
invocata e meno ossequiata, in effetti, che ci sia. In molti campi, campi di
calcio inclusi. Stando a notizie controverse recate dal Guardian di Londra, per
attrezzare i Mondiali di calcio del Qatar, con il sostegno e l’incoraggiamento
delle cattedre di etica calcistica internazionali, in dieci anni si sono
sacrificate vittime del lavoro a migliaia, su una scala confrontabile con la
costruzione delle piramidi, i manufatti degli schiavi del Faraone. Migranti
pachistani, filippini, kenioti, indiani e di molte altre nazionalità sono stati
immolati sull’altare del gioco in calzoncini corti e maglia sponsorizzata. Il
vile denaro e la gloria politica di regime, più che lo sport popolare e una
alleanza del merito e del bisogno, hanno deciso tutto, anche il peggio delle
grandi infrastrutture dello spettacolo più bello del mondo costruite a caro
prezzo in un segmento del Rinascimento arabo. I professori di etica e i
letterati del demo-romanticismo non contestano il sistema com’è, anzi ne sono
alla base in molti casi, e il gioco delle illusioni ruota da decenni intorno
alla moneta, al mercato degli scambi e degli ingaggi, producendo, non è una
novità, briciole di eguagliamento per i club poveri e una sostanza ora carica
di debiti per i club più ricchi. L’austerità dei tedeschi fa eccezione, a
quanto pare, dico pare, ma non sistema. Se poi il debito del calcio di
altissimo livello sia buono o cattivo lo decideranno altri, intanto è debito.
Torino è Torino, e lì fu prodotta l’automobile, mentre Benevento, per quanto
una tantum vittoriosa sul campo della Juventus, ha prodotto meravigliosi liquori,
croccantini e ottime bufale e verdure, punto. Questo mi pare un dato
ineludibile. Con un riflesso anche sui sogni e le velleità del mondo del
calcio. Certo la Superlega cristallizza con un oligopolio dello show parte
dell’eterna competizione tra ricchi e poveri, e questo può dispiacere, tanto
più che il povero tifoso delle squadre ricche, chissà, alla fine potrebbe
annoiarsi di un tran tran fra soliti noti, riducendosi i percorsi eccezionali e
eccentrici. Ma tutto questo c’entra con l’industria, lo show business,
l’espansione di pubblicità e consumi di massa, gli introiti da diritti
televisivi, i modelli di riferimento di grandi e piccini, l’evoluzione storica
del gioco del calcio, la crisi debitoria acuita dalla chiusura virale degli
stadi, con l’etica c’entra poco o niente.
Giuliano Ferrara
Zoom
di Camillo Langone
Il Foglio
“Le presentazioni online non smuovono
copie”. Sia lodato Paolo Bianchi che in Dell’inutilità della scrittura.
Inchiesta sull’editoria italiana (Editrice Bibliografica) assieme alla
superfluità della carta segnala, sempre parlando di letteratura, la sterilità
dello schermo. E sia lodata Beatrice Rana che nelle interviste evidenzia i
danni causati alla musica dal digitale: “Crea un grande appiattimento culturale
e rende impossibile ai giovani artisti di emergere. Perché una persona dovrebbe
ascoltare una sonata di Beethoven eseguita da un giovane quando ha a
disposizione grandi artisti del passato?”. Presentazioni in Zoom e concerti in
streaming sono la morte delle arti, che invece necessitano di tatto e di
contatto, di vicinanza e di presenza. Che sono poi le necessità dell’amore,
della vita intensa e vera. La cultura senza il piacere dei sensi perde senso
(con gli scrittori voglio bere un bicchiere, le pianiste voglio ascoltarle dal palco
di proscenio...). Prego che lo capiscano anche gli iscritti ad Amazon Prime.
Camillo Langone
’era una volta
Dieci anni fa
Venerdì 22 aprile 2011. «Il Papa è andato
in televisione e ha risposto alle domande dei fedeli sull’anima, sul senso del
male, sulla morte e sulla quantità di misteri da cui siamo circondati. Potremmo
riassumere il significato profondo di quello che ha detto Benedetto XVI
stralciando un pezzetto della risposta data sul terremoto in Giappone: “Un
giorno le persone colpite in Giappone dal terremoto e dallo tsunami, anche i
bambini, capiranno che questa sofferenza non era vuota, non era invano, ma che
dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amore”» [Dell’Arti,
Gazzetta].
•
In Libia gli Stati Uniti autorizzano l’uso
dei droni, i caccia senza pilota. La NATO si prepara a intensificare i
bombardamenti sui siti militari a Tripoli [Il Post].
•
Un raduno di manifestanti a Damasco contro
il regime siriano viene disperso a colpi di fumogeni. Altre proteste si
svolgono contemporaneamente a Kamichlié e Amuda. In un sobborgo a nord della
capitale, Duma, si registrano alcuni morti a seguito di scontri tra polizia e
manifestanti, così come in altre città siriane. Nel corso della giornata, che
vede man mano estendersi la protesta in numerose città del paese, oltre 100
persone muoiono a seguito della repressione.
•
È durato 12 ore il blitz dei terroristi
filoceceni nello Swisshotel Bosphorus di Istanbul. Il commando ha radunato
nella hall e nel ristorante oltre centocinquanta dei seicento ospiti
dell’albergo. Tra di loro anche otto italiani: una notte di paura, scioltasi
soltanto a mezzogiorno con la resa dei terroristi guidati da Muhammed Tokcan.
Venti anni fa
Domenica 22 aprile 2001. Un kamikaze
palestinese giunto dalla Cisgiordania è morto ieri nella città di Kfar Saba
facendo esplodere il suo carico esplosivo accanto a un gruppo di persone a una
fermata dell’autodus. Oltre al terrorista ha perso la vita un israeliano di 50
anni, altri 40 sono rimasti feriti. Poche ore prima, nel cofano di
un’automobile abbandonata alla periferia di Ramallah era stato trovato il
cadavere di un israeliano assassinato. Alla notizia dell’attentato il premier
Sharon ha reagito accusando Arafat di «non aver fatto assolutamente nulla per
impedire né questo né gli attentati precedenti» [Sta].
•
Alberto Castagna, dopo i problemi di
salute, torna in tv a Stranamore
Venticinque anni fa
Lunedì 22 aprile 1996. Felice Maniero ha
lasciato il carcere. «Non c’è più il pericolo di fuga», ha stabilito il
tribunale della libertà di Venezia, che ha così revocato l’ordinanza di
custodia cautelare nei confronti del boss pentito della mafia del Brenta. I
giudici hanno accolto l’istanza presentata dai difensori contro l’ordinanza
emessa dalla corte d’assise il 7 luglio 1994. Maniero resta comunque in stato
di detenzione extracarceraria. Su di lui pendono una richiesta di rinvio a
giudizio per quattro omicidi e una condanna in primo grado a 33 anni per
associazione per delinquere di stampo mafioso. Alla struttura criminale da lui
capeggiata sono attribuiti 11 omicidi, 4 estorsioni, 22 rapine e un sequestro
di persona [Sta].
Trenta anni fa
Lunedì 22 aprile 1991. «Un aumento mensile
di un milione e mezzo di lire sta per piovere nei portafogli dei parlamentari:
è questa la nuova sorpresa riservata dalla decima legislatura ai 630 deputati e
321 senatori (compresi quelli a vita) della Repubblica italiana. Si tratta,
ovviamente, di un aumento al netto perché il lordo è di due milioni e ottocento
mila lire. Questo incremento deriva dall’agganciamento delle retribuzioni dei
parlamentari a quelle dei magistrati» [CdS].
Quaranta anni fa
Mercoledì 22 aprile 1981. Con un documento
breve e abbastanza freddo, il Consiglio Superiore della Magistratura ha
respinto all’unanimità le dimissioni del vicepresidente Zilletti, raggiunto nei
giorni scorsi da una comunicazione giudiziaria per la vicenda Calvi. Zilletti
ha risposto con una dichiarazione più breve ancora, riservandosi di “comunicare
al Presidente e al Consiglio le sue definitive determinazioni con dolorosa
sollecitudine”» [Sta].
•
Angelo Rizzoli, presidente e azionista di
maggioranza della Rizzoli, ha ceduto il 40% delle azioni della Rizzoli Editore
Spa alla Centrale Finanziaria Generale: questo il nocciolo di un comunicato che
il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera ha emesso in chiusura del consiglio di
amministrazione della Rizzoli.
Cinquanta anni fa
Giovedì 22 aprile 1971. Guido Carli ha
scelto Eugenio Cefis come nuovo presidente della Montedison.
Sessanta anni fa
Sabato 22 aprile 1961. Colpo di Stato in
Algeria. Quattro generali francesi – Raoul Salan, Maurice Challe, Edmond
Jouhaud e André Zeller, tutti contrari ai progetti di indipendenza –
s’impadroniscono di Algeri e il generale De Gaulle dichiara lo stato
d’emergenza. In uniforme il presidente De Gaulle comunica in televisione che
«un potere insurrezionale si è installato in Algeria in seguito ad un
pronunciamento militare... vieto ad ogni francese e, soprattutto, ad ogni
soldato di eseguire alcuno dei loro ordini».
Il 26 i ribelli si ritirarono a 30
chilometri da Algeri e si arresero. 220 ufficiali furono estromessi dal comando
e 114 arrestati. Molti di loro aderirono poi all’Organisation armée secrète.
Settanta anni fa
Domenica 22 aprile 1951. Guerra di Corea.
«L’offensiva cinese di primavera, da lungo tempo attesa, ha investilo stamane
le linee alleate su un vasto fronte della Corea costringendo le truppe dell’Onu
a ripiegare in taluni punti. I Cinesi, che attaccano da nord-ovest, si sono
spinti su un fronte di 24 chilometri oltre il fiume Imjin».
Cento anni fa
Venerdì 22 aprile 1921. Una quarantina di
squadristi di Carpi incendiano gli arredi della Camera del lavoro di Marcaria e
si recano successivamente a Viadana, dove devastano la cooperativa Chi lavora
mangia [Franzinelli1].
•
In provincia di Cagliari all’assalto con
bombe a mano alla Camera del lavoro segue la devastazione di diverse case di
militanti della federazione minatori [Franzinelli1].
Centoventi anni fa
Lunedì 22 aprile 1901. «Nel pomeriggio, al
castello di Costantino sull’Aventino a Roma, gli studenti offrirono una
bicchierata a D’Annunzio. Lo studente Berardelli salutò con calde parole il
poeta, il quale rispose ricordando come gli Ateniesi, nella gloriosissima
battaglia di Micale (dove le armi di Xerse furono completamente sconfitte)
avessero per parola d’ordine: “Ebe”, dea della giovinezza, e disse che soltanto
nel nome della giovinezza potranno essere combattute e vinte le battaglie per
ogni bella e alta idealità umana contro ogni bassa cosa. Fra i presenti era
Augusto Sindici, il poeta delle Leggende della Campagna Romana, che
fu pregato di dire alcuni suoi sonetti, e consentì tra gli applausi. D’Annunzio
poi fu accompagnato lungo tratto da grande schiera acclamante. Oggi Menotti
Garibaldi visitò il poeta pregandolo di tenere la lettura a profitto della
Società dei reduci da lui presieduta e passare, il prossimo giugno, alcuni
giorni nella sacra isola di Caprera. D’Annunzio accettò i due inviti» [CdS].
•
«Mosca. Non ho scritto per molto tempo. Sono
stato sempre malato. Mi fanno male le braccia e le gambe e sento grande
debolezza. Sembra che la risposta dia buoni risultati. Comunque non è affar
mio. Non ho scritto niente. E devo: 1) rispondere alle lettere; 2) scrivere a
Poša sull’istruzione; 3) per la guerra; 4) sull’allontanamento dalla religione;
5) finire Chadži-Murat. Tutto questo è già pronto, ma bisogna farlo. E io non
faccio niente» [dai diari di Lev Tolstoj].
Centoquaranta anni fa
Sabato 22 aprile 1881. La Gazzetta
Ufficiale di oggi contiene il Regio Decreto che istituisce il Consorzio per la
costruzione ed esercizio della ferrovia Parma-Guastalla-Suzzara (Comandini)
Centocinquanta anni fa
Domenica 22 aprile 1871. Da Caprera
Garibaldi indirizza a l’Armée francaise un proclama che incomincia: «J’ai eu
l’honneur de combattre une fois avec vous et deux fois contre vous, toujours
pour la cause de la justice» (Comandini).
•
Al Senato pronuncia un abile e forte
discorso il ministro Visconti-Venosta in difesa delle Guarentigie; Le dice
conseguenza del programma che sempre l’Italia affermò nella Questione Romana, e
cioè Roma capitale d’Italia, Pontefice indipendente, Chiesa libera. Prospetta
gli inconvenienti che derivano dalla fusione dei poteri religioso e civile del
Pontefice, che non fu mai un principe nazionale, ma che rappresentò anzi un
potere teocratico che si appoggiò spesso alle baionette straniere. Superfluo
discutere se la Questione Romana sia internazionale o nazionale; essa è
nazionale per l’affermazione del diritto nazionale su Roma, internazionale per
quella parte che riguarda gli interessi religiosi di tutti i popoli cattolici,
e conclude: «Se l’Italia sa ispirare fiducia, e saprà ispirarla, il mondo
cattolico starà tranquillo, sapendo che dell’indipendenza del Pontefice e della
libertà della Chiesa sono sicura salvaguardia la lealtà e la moderazione del
popolo italiano».
Centosessanta anni fa
Lunedì 22 aprile 1861. Decine di ex
garibaldini vogliono sfidare a duello il generale sabaudo Enrico Cialdini. Sono
indignati per la lettera che ha inviato ieri a Garibaldi, dove si proclama suo
nemico, dopo esserne stato amico. Sostiene che Garibaldi avrebbe ordinato di
sparare sull’armata sabauda quando calò in Abruzzo. Dice che senza i Piemontesi
la vittoria garibaldina sul Volturno sarebbe stata effimera. Sono offesi anche
i deputati della sinistra. Ma, per tutti, oggi, così Garibaldi risponde a
Cialdini: «Anch’io fui vostro amico. Oggi sarò ciò che voi volete, non volendo
scendere certo a giustificarmi di quanto voi accennate nella vostra lettera,
d’indecoroso per parte mia, verso il Re e verso l’esercito». Poi entra nel
vivo: «Io non conosco altri ordini che quello da me dato: di ricevere i soldati
italiani dell’esercito del settentrione come fratelli; mentre si sapeva che
quell’esercito veniva per combattere “la rivoluzione personificata in
Garibaldi”» come si riferì a Napoleone III. «Quale deputato credo di avere
esposto alla Camera una piccolissima parte dei torti ricevuti e credo di averne
il diritto. L’armata italiana troverà nelle sue file un soldato di più, quando
si tratti di combattere i nemici dell’Italia. Altro che possiate aver udito di
me verso l’armata sono calunnie. Noi eravamo sul Volturno al vespro della più
splendida vittoria nostra, ottenuta prima del vostro arrivo; e tutt’altro che
in pessime condizioni» [Lupo, CdS].
•
Alla Camera gran folla, credendosi che
Garibaldi vi intervenga a svolgere il suo disegno di legge per l’armamento
nazionale. Ma egli non interviene alla seduta, ed il progetto, consenziente il
governo, è ugualmente preso in considerazione (Comandini).
Centottanta anni fa
Mercoledì 22 aprile 1841. A Salisburgo
viene fondato il Mozarteum ovvero la scuola musicale e il luogo deputato alla
raccolta e alla conservazione dei documenti relativi alla vita e all’opera di
Wolfgang Amadeus Mozart.
Duecento anni fa
Venerdì 22 aprile 1821. «Tra i libri
diversi si annunziano le Lettere sull’India di Maria Graham, autrice di un
Giornale del suo soggiorno nell’India, nelle quali campeggia un curioso
paragone del Sanscritto col latino, col persiano, col tedesco, coll’inglese,
col francese e coll’italiano, e si parla pure a lungo delle principali opere
composte in Sanscritto» [dallo Zibaldone del Leopardi].
Lettere
Dear Giorgio, «Agnelli è un Giuda»,
esplode Cairo. Che granata.
Ciao
Massimo Lodi
•
Caro Giorgio,
Dov Alfon, 60 anni, franco-israeliano,
nonna livornese, intende rilanciare Libération, il giornale della gauche. Il
nuovo direttore, autore di un thriller di successo, ex capo di Haaretz, un
importante quotidiano di sinistra in Israele, è entrato in Libé casualmente per
riflettere sulla tecnologia digitale. Tre mesi dopo, ha assunto la carica di
direttore editoriale.
«Libertario e di sinistra»: così Alfon
definisce il quotidiano, che nel 2023 compirà mezzo secolo. Intende accelerare
la trasformazione in digitale (in un anno più che raddoppiati i lettori
dell’edizione web), senza perdere l’anima di sinistra. La gauche, nei sondaggi,
non è mai stata così in basso, in Francia.
Libé è stato attaccato dal governo, per
aver stampato, in prima pagina, le dichiarazioni di esponenti di sinistra, non
più disposti a votare Macron, neppure in caso di duello con Marine Le Pen. Ma,
sinora, Alfon non ha mai pubblicato un’intervista alla leader di RN, che –
sostiene - «rappresenta lo stesso pericolo di suo padre». Ed è molto
preoccupato sia per il crescente odio contro gli ebrei sia per il razzismo
anti-musulmani.
Pietro Mancini
•
Caro Dell’Arti,
Vedo che Lei trova convincente il dato sul
vero numero dei morti per COVID fornito dal presidente dell’ISTAT. Il criterio
usato mi pare nella sostanza lo stesso che avevo prospettato nella lettera
dell’ undici gennaio scorso che Lei pubblicò senza commento... ma senza darmi
del cretino, come avevo finto di credere potesse fare.
Spero vorrà perdonarmi
l’autocompiacimento.
Cordialmente.
Guido Tamburini
•
«Non si può parlare di Gerusalemme senza
amarla» diceva il Cardinal Martini. «Nascere non basta, è per rinascere che
siamo nati» proclamava Pablo Neruda. «Vivere e respirare l’aria di Gerusalemme
significa nascere una seconda volta. E io mi sento rinato» scrive Antonello
Menne, autore del libro da leggere Da
Roma a Gerusalemme. Diario di un cammino. Menne è un avvocato, milanese di
adozione e formazione ma sardo di origine e sentimento: di Orotelli, nel
nuorese, per la precisione. Forte e determinato come tutti i sardi, ha
completato le tre “peregrinationes maiores” del Medioevo: quattro anni fa ha
raggiunto a piedi Santiago de Compostela, poi ha percorso la Via Francigena,
infine nel mese di agosto 2019 a 57 anni si è fatto un mese di cammino sotto il
sole cocente da Piazza San Pietro a Gerusalemme, nell’occasione degli 800 anni
dello sbarco di Francesco ad Akko in Alta Galilea, incrociando la storia e le
religioni. Ha attraversato la Cisgiordania riflettendo sulle ragioni del
conflitto e della pace. A fargli compagnia c’erano anche i figli Luca e Chiara,
oltre allo zaino pesante e alle inevitabili vesciche. Ha iniziato a camminare
da Tel Aviv fino ad Akko, il luogo in cui sbarcavano i crociati diretti a
Gerusalemme. Passando da Nazaret, Monte Tabor, Lago di Tiberiade, Cafarnao, il
deserto fino a Gerico. Sulle tracce di Gesù “storico”, sui luoghi della sua
vita terrena. Dopo gli interessanti diari su Santiago e la Via Francigena,
questo breviario laico su Gerusalemme raccoglie la tensione ma anche la gioia
di tanti incontri. «Si parte con un’idea e si ritorna con i pensieri capovolti.
Si fa esperienza di conoscenza alla fonte. Le ragioni degli arabi e quelle
degli ebrei. La sofferenza di molti cristiani sempre più relegati e isolati».
Quando negli anni Ottanta Menne studiava alla Cattolica di Milano, per il suo
deciso carattere, era già soprannominato il Colonnello. Un motivo ci sarà
stato.
Tiberio Fusco
C’è gente che si lucida le scarpe anche di
sotto.
Ci vediamo domani.
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