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sabato 23 dicembre 2023

 


L’ANALISI

Il bavaglio è incostituzionale, anti-europeo e pieno di buchi

GIUSTIZIA - Il divieto di pubblicare le ordinanze

23 DICEMBRE 2023

In nome della tutela della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna, il Parlamento si accinge ad approvare una legge delega con la quale si autorizza il governo a vietare la pubblicazione integrale o per stralci delle ordinanze di custodia cautelare.

La Corte costituzionale però ha più volte avvertito che la sua giurisprudenza “pur in mancanza di una specifica disciplina costituzionale, ha sempre ricondotto il diritto dell’informazione nell’àmbito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, ricomprendendolo tra le libertà fondamentali proclamate dalla Costituzione. L’art. 21 Cost. infatti solennemente proclama uno tra i princìpi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a ‘tutti’ il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero ‘con ogni mezzo di diffusione’ e detta per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell’informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole. A tale riguardo, il ‘diritto all’informazione’ deve essere qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – che comporta, fra l’altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l’accesso del massimo numero possibile di voci diverse – in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti. In questo senso, l’informazione esprime non tanto una materia, quanto ‘una condizione preliminare’ per l’attuazione dei princìpi propri dello Stato democratico”.
(così la massima relativa alla sentenza n. 206 del 2019).

In materia di diritti costituzionali, nessuno è illimitato e va contemperato con diritti e doveri contrastanti.

Il diritto alla presunzione di innocenza, che vieta alle pubbliche autorità di indicare come colpevoli gli imputati, esclude da tale divieto gli atti valutativi: altrimenti non potrebbe mai essere disposta la custodia cautelare o chiesta una condanna o pronunciata una sentenza di condanna prima della sua definitività. Infatti, l’art. 115-bis del codice di procedura penale “Garanzia della presunzione di innocenza” (introdotto dal D. Lgs. 188 del 2021, “legge Cartabia”) stabilisce:

1. Salvo quanto previsto dal comma 2, nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato, la persona sottoposta a indagini o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Tale disposizione non si applica agli atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato.

2. Nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato, che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento.

L’idea di vietare la pubblicazione delle ordinanze in materia cautelare personale (che rientrano negli atti sopra indicati) sottrae al controllo dell’opinione pubblica l’operato delle autorità, dimenticando che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte chiarito, anche a proposito della pubblicità delle udienze, che la pubblicità è di per sé una garanzia. E ha anche condannato l’Italia, in alcuni casi, per le disposizioni che prevedono udienze camerali (e quindi non pubbliche).

Per quanto è dato comprendere, non vi è il divieto di dare notizia che una persona è stata privata della libertà personale in conseguenza di un provvedimento del giudice (altrimenti avremmo i desaparecidos). Tuttavia, non potranno essere riferiti i fatti, gli indizi e le ragioni che hanno indotto il giudice a emettere il provvedimento. Quindi si saprà che una persona è stata privata della libertà personale, ma sarà vietato spiegare perché, con buona pace del diritto dell’opinione pubblica di essere informata di ciò che fanno le pubbliche autorità, anche al fine di esercitare la sovranità popolare tramite il diritto di voto.

Si tratta di una grave violazione dei principi fondamentali che presiedono alla vita di uno Stato di diritto e del diritto dei cittadini di conoscere e valutare l’operato delle autorità, che rischia di cadere davanti a sentenze della Corte costituzionale o della Corte europea dei diritti dell’uomo.

È difficile comprendere le ragioni di una simile scelta legislativa e soprattutto giustificarla alla luce della tutela della presunzione di non colpevolezza. È probabile anzi che, sapendo che una persona è stata privata della libertà personale, ma non per quali ragioni, l’opinione pubblica possa pensarne il peggio possibile, anche in base al chiacchiericcio che si scatenerà in assenza di dati certi.

Se il fine fosse quello, ipotizzato da Marco Travaglio, di tenere celate le malefatte degli appartenenti alla classe dirigente di questo Paese, lo strumento è inidoneo allo scopo.

Infatti frequentemente, prima o poi, chi finisce in custodia cautelare viene scarcerato e il disegno di legge delega non prevede il divieto di pubblicare le ordinanze che dispongono la scarcerazione. Poiché sovente la revoca della misura cautelare avviene per cessazione o affievolimento delle esigenze cautelari, da tali atti sarà possibile desumere le ragioni per le quali la persona era stata privata delle libertà personale.

In ogni caso anche atti come i decreti di perquisizione e sequestro contengono spesso motivazioni che riferisco i fatti attribuiti a una persona.

Spero, con ciò, di non aver suggerito di vietare anche la pubblicazione delle ordinanze di scarcerazione e di atti ulteriori.

Spero che ci ripensino, ricordando che il segreto è tipico dei regimi autoritari, mentre la trasparenza caratterizza quelli democratici.

FONTE: IL FATTO QUOTIDIANO DEL 23 DICEMBRE 23 


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