Celle sovraffollate, sì a pene alternative

L’inarrestabile sequenza dei suicidi non ci consente di chiudere gli occhi sul carcere. La linea securitaria: moltiplicazione dei reati e aumento delle pene, produce più detenuti e più sovraffollamento. Per i maitres à penser alla Delmastro la ricetta è: sempre più carceri per sempre più detenuti: una corsa senza fine. Nel frattempo nessun intervento sul sovraffollamento e, per i reati più gravi, condizioni di detenzione dure e inumane: “Una gioia non lasciare respirare chi sta nell’auto della penitenziaria”.
Il Ministro della Giustizia Nordio ha spesso additato, come causa tra le più rilevanti del sovraffollamento, il numero dei detenuti in custodia cautelare in attesa di giudizio. E allora “diamo i numeri”, quelli forniti dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, che evidentemente il Ministro non legge. Al 31 luglio 2025 detenuti presenti 62.569, di cui 9.021 in attesa di primo giudizio, 3.422 appellanti, 1.697 ricorrenti in cassazione e 758 “misti”. Il totale dei detenuti in attesa di sentenza definitiva (compresi appellanti e ricorrenti per cassazione) è il 23, 81%, dato in linea con la media europea, peraltro fortemente influenzato per l’Italia da possibilità di appello e di ricorso per Cassazione molto più ampi di quelle previste in altri paesi.
Il dato più rilevante è quello dei detenuti in custodia cautelare in attesa di primo giudizio: 14,42%. È meno della metà di quel 30%, un terzo, che spesso viene diffuso. Tutti vorremmo giudizi più rapidi, ma questa percentuale, la più bassa degli ultimi decenni, è verosimilmente anche il risultato dei miglioramenti raggiunti con il sostegno del PNRR nel penale (nel civile i dati non sono invece confortanti). Di questo 14, 42% una percentuale significativa (non abbiamo un dato preciso) è costituita dagli arrestati in flagranza per i reati cosiddetti di strada, arresti convalidati, ma in attesa di giudizio. Solo il residuo è costituito dai detenuti per ordinanza del Gip su richiesta del Pm; inoltre tra questi detenuti in attesa di giudizio vi sono imputati per reati di grave allarme sociale (es. rapinatori seriali, trafficanti di droghe), che nessuno vorrebbe rimanessero in libertà.
Il dato del 14, 42% dei detenuti in attesa di primo giudizio, a dispetto di quanto dice il Ministro, è scarsissimamente influente sul sovraffollamento.
Dopo aver “dato i numeri”, pensiamo alle persone dei detenuti. Siano prudenti i Pm nel richiedere misure cautelari, siano prudentissimi i Gip nel concederle solo nei casi strettissimamente necessari. Sia vigile l’opinione pubblica e la stampa nella attenzione e nella critica. Ma non creiamo confusione con dati e false aspettative. Se si vuole davvero e subito incidere sul sovraffollamento, esclusi per impraticabilità politica amnistia e indulto, rimangono solo due vie. Una misura strutturale, l’ampliamento della detenzione domiciliare per i detenuti con un basso residuo di pena, magari con braccialetto elettronico (funzionante), è un “beneficio” che favorirebbe il reinserimento nella società. Una misura contingente è l’ampliamento straordinario della liberazione anticipata, che non è automatismo, ma riduzione di pena per buona condotta. Almeno su quest’ultima misura il “garantista” Ministro Nordio potrebbe cessare di adeguarsi alla inumana torsione repressiva del buttare le chiavi della cella fino all’ultimo goccio di sofferenza dell’ultimo giorno del fine pena. Se poi qualcuno non resiste e pone fine alla sua vita, se la è andata a cercare, taluno osa dire. Non si tratta di essere “buonisti”. Condizioni carcerarie incivili aumentano le pulsioni antisociali e sono controproducenti anche dal punto di vista della prevenzione della recidiva e dunque della “sicurezza” razionalmente intesa.
Nessun commento:
Posta un commento