Innanzi la Prima Sezione Penale
Fissata per il 19 prossimo la prima udienza per il processo a carico dell’avv. Michele Santonastaso
Accusato di collaborare con i boss da lui difesi è detenuto a Secondigliano da quasi un anno e protesta la sua innocenza – La mancata solidarietà della Camera Penale - Richiesta risarcitoria ad un quotidiano locale di 500 mila euro per diffamazione. Nel processo vi sono risvolti di ordine morale, deontologici e giuridici.
S. Maria C.V. ( di Ferdinando Terlizzi ) E’ stata fissata per il prossimo 19 ottobre, innanzi la prima sezione penale del Tribunale di S. Maria C.V. ( Presidente Orazio Rossi, giudici Francesca Auriemma e Paola Cervo ), la prima udienza del processo a carico dell’avv. Michele Santonastaso, accusato di essere un interno del clan dei casalesi e di essersi messo a disposizione dei boss che lui difendeva. Detenuto a Secondigliano da oltre un anno, protesta la sua più viva innocenza a mezzo memoriali che saranno riletti nel corso del dibattimento.
Arduo è, naturalmente, il compito della difesa, affidata al decano della classe forense sammaritana, lo scrittore, storico e avvocato Giuseppe Garofalo, che proprio lunedì scorso ha avuto il primo colloquio con il suo “collega-imputato”. Chi si faccia a leggere i numerosi incartamenti ( la memoria difensiva, scritta dall’avvocato Michele Santonastaso, dove rintuzza, con dovizia di particolari, punto per punto, tutta l’accusa, è di circa 200 pagine, con 36 allegati ) troverà che nell’accusa vi sono risvolti di ordine morale, deontologici e giuridici e numerose “anomalie”. Ma bisognerà attendere il processo e attenersi alla verità che emergerà dal dibattimento.
Ma, nonostante ogni strenua difesa finora attuata, da lui stesso e dai precedenti difensori, le istanze di scarcerazione ( anche con richiesta di soggiorno fuori Regione ) sono state rigettate con varie motivazioni, non esclusa la mancata attuazione di una eventuale richiesta di rito abbreviato. A nulla sono valse le dimissioni dall’Albo degli Avvocati, Michele Santonastaso, avvocato penalista a tutto tondo, anche difensore di molti boss ( strappato agli affetti della moglie e dei figli) continua a marcire in una mansarda di Secondigliano, in compagnia di detenuti di ogni risma, ( tutto il giorno con quattro infamoni, briganti, papponi, cornuti e lacchè… per dirla con De Andrè ) in una cella con letti a castello, senza acqua e contiguo al fetore del wc del vano 2x3.
Ma chi se ne frega? Tanto in Italia la carcerazione preventiva è come una tortura legalizzata, ma nessuno muove un dito. Ovvero non lo muovono coloro i quali non hanno provato, sulla propria pelle, l’esperienza allucinante della improvvisa privazione della libertà personale, che, deve andar bene, per portarti al suicidio, ( non ci si dimentichi di Gabriele Cagliari, Raul Gardini e dell’on. Carmine Mensorio, tutti morti suicidi con accuse infondate ) mentre chi conosce il “sistema” da dentro si sente coinvolto nella battaglia per la libertà.
Intanto, da più parti ci si aspettava una levata di scudi, o quantomeno una solidarietà, un cenno, specialmente dalla Camera Penale di S. Maria C .V., in difesa dall’avvocato-detenuto che, fino a condanna passata in cosa giudicata ( come tutti sanno ) è da considerarsi innocente. Gli avvocati sammaritani avrebbero potuto discutere sull’annoso problema per individuare quel confine ( invisibile ) che divide il diritto-dovere dell’avvocato, dal comportamento criminale dello stesso. Oppure se si fossero trovati di fronte ad un “processo vero” con prove “false” o a prove “vere” con un “processo falso?”. Se si fosse trattato dell’uso del “dolo” buono o di quello “malo”? ( come ha ampiamente spiegato Giuseppe Garofalo nella sua ultima opera “L’Empia Bilancia”). Ci si domanda allora: “Dove inizia e dove finisce la funzione di difensore?”.
Finanche la Unione Nazionale delle Camere Penali d’Italia, ha fatto sentire la propria voce, in occasione dell’accusa infondata dei media, per la prescrizione del processo Cassiopea, addossata alla “melina” dei rinvii utilizzata dagli avvocati penalisti. Ma quelli della Camera Penale sammaritana hanno tutti gli occhi bendati. Perché? Scheletri negli armadi? O altro ancora più grave?
E veniamo alla richiesta di 500 mila euro di risarcimento contro un quotidiano locale. L’Avv. Michele Santonastaso – a mezzo del suo difensore – l’avvocato civilista Michele Marra, ha inoltrato presso la Camera di Conciliazione “Forum” di Caserta, una proposizione di composizione della vertenza. L’oggetto è la diffamazione protrattasi con una serie di articoli, nei quali, prima si afferma candidamente di aver ricevuto direttamente dal pentito Augusto La Torre, ( definito dalla “Voce della Campania” “psico-boss” e che hanno tentato di zittirlo e di calmarlo, mettendolo al 41 bis, quando lanciava accuse ad un piemme, con una interrogazione dell’On. Laura Garavini del Pd: Problematiche relative alla collaborazione con la giustizia del boss camorrista Augusto La Torre n° 2-00395-del 27 maggio 2009-urgente ) - spedita dal Carcere di Torino - una lettera e la si pubblicava con ampio risalto – 22 luglio 2007 - ( si parlava della collega Tina Palomba che secondo La Torre scriveva solo cose che le venivano riferite dal P.M. Raffaele Cantone ) e poi, a distanza di tempo, si ripubblica la stessa lettera, dichiarando che la missiva era stata recapitata dal boss al proprio avvocato Michele Santonastaso. Tutto falso. Come sono falsi altri articoli che addebitano a Santonastaso di aver pilotato “perizie mediche”, laddove si tratta invece di perizie “foniche” e non da lui pilotate.
Resta poi in piedi il processo penale ( già fissato ) per quello che “Il Barbiere della Sera” ha definito “Il corriere delle Beffe”, l’annosa vicenda di quel povero cristo dell’avvocato Siviero che riguarda il falso scoop pubblicato il 30 luglio scorso che ha prodotto gli effetti di un terremoto sul praticante avvocato Domenico Siviero e sulla sua famiglia: il padre Antonio, ingegnere alla Asl Caserta 1, la madre Rosanna, impiegata, e il fratello Claudio, ventunenne studente di Ingegneria all’università Federico II°. Veramente, definire “ciarpame” quanto pubblicato dal quotidiano casertano è veramente un regalo… per non dire altro.
Allo stato, l’avvocato Michele Santonastaso ha 3 giudizi penali pendenti. Quello fissato per il 19 prossimo, dove viene accusato di essere un interno della camorra; quello con un avvocato di Castellammare di Stabia ( Catello Di Capua, di 44 anni, difensore di alcuni storici collaboratori di giustizia appartenenti a clan camorristici del casertano, in particolare i Casalesi ed i Belforte di Marcianise ) dove avrebbe ricevuto confidenze, mai però da lui utilizzate in sede processuale e fissato per novembre; ed infine quello per la “famigerata” lettura del “papiello” in Corte di Appello in sede di secondo grado del processo Spartacus, fissato a Roma per il 22 prossimo, dove non si intendeva minacciare nessuno, ma solo stigmatizzare il comportamento di certi giornalisti e segnalare l’uso, spesso indiscriminato, di certi pentiti.
Di quest’ultimo processo sono stati fatti due tronconi: uno che vede parti lese i piemme Cafiero De Raho e Raffaele Cantone incardinato a Roma e l’altro che vede Rosaria Capacchione e Roberto Saviano, destinatari di (fantomatiche… Sic!) minacce, pendente ancora, dopo ben 4 anni, in istruttoria a Napoli.
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