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domenica 3 giugno 2012

MINORI. Legittima la pubblicazione delle foto relativa ad eventi pubblici senza che il volto venga schermato o reso irriconoscibile. In questi casi il problema non sussiste. Casistica particolareggiata.


MINORI.
Legittima la pubblicazione 
delle foto relativa ad eventi 
pubblici senza che il volto
venga schermato o reso
irriconoscibile. In questi casi
il problema non sussiste.
Casistica particolareggiata. 

Diversamente dalle immagini “collettive”, nei casi in cui il minore è protagonista di eventi positivi, è ovvia e scontata la necessità del consenso dei genitori alla pubblicazione della vicenda. Afferma la Carta di Treviso che “va garantito l’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore,v ittima o teste; tale garanzia viene meno allorché la pubblicazione sia tesa a dare positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando”.

parere di Lorenzo Calvani, avvocato 
e legale Ordine Giornalisti Toscana

FIRENZE – Molti giornalisti propongono quesiti circa la legittimità della pubblicazione di fotografie relative ad eventi pubblici o sportivi o mondani o altre situazioni in cui compaiono anche minori, senza che il volto di questi ultimi venga schermato o reso irriconoscibile. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Toscana ritiene di dovere dare, in proposito, le seguenti indicazioni.
Il Codice deontologico dei giornalisti si esprime soprattutto in relazione al rischio di identificazione del minore coinvolto in “fatti di cronaca”.
Più in generale, per la pubblicazione del nominativo o delle immagini del minore, Il Codice rinvia alla Carta di Treviso.
Anche quest’ultima incentra, soprattutto, la propria attenzione sul problema dei minori coinvolti in reati o anche più in generale in fatti di cronaca anche di interesse non strettamente “penale”, mirando alla tutela dell’anonimato ed alla non identificabilità del minore tutte le volte che questo possa comportare un pregiudizio alla personalità, allo sviluppo, alla dignità ed alla privacy del minore.
La conseguenza è che – fermo restando il divieto di pubblicazione di immagini o di altri elementi che rendano identificabili soggetti di minore età, allorchè si tratti di dare informazione sulla commissione di reati o su eventi di cronaca giudiziaria, o altre situazioni in cui la personalità, la dignità, la riservatezza circa la vita strettamente privata del minore possa averne pregiudizio – la pubblicazione è, invece, sempre legittima allorchè le immagini di cui si parla ritraggano scene di manifestazioni pubbliche, o anche private ma “sociali”, o altre iniziative collettive non pregiudizievoli, in cui, oltretutto, l’eventuale immagine che ritrae il minore sia del tutto “casuale” ed in nessuna maniera mirata a polarizzare l’attenzione sull’identità del medesimo e sulla sua riconoscibilità.
In definitiva, tanto per fare alcuni esempi, anche se si ritrae la scena di manifestazioni connotate da particolari “orientamenti”, ma a carattere comunque  sociale e pubblico, quali  una funzione religiosa cui partecipi il Papa, una festa musulmana, le manifestazioni politico-sindacali del Primo Maggio, è certamente molto probabile che vengano ritratti anche minori che partecipano all’evento. Ma non si potrebbe certo “censurare” l’immagine solo perchè ritrae dei bambini. Posto che questi non sono nè l’obiettivo dell’immagine, nè si offrono elementi per “identificarli”, nè si antepone in alcun modo il diritto di cronaca ad un preteso “diritto alla privacy” dei medesimi.
Come spiega la stessa Carta di Treviso “va … evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possano con facilità portare alla… identificazione (del minore), quali le generalità dei genitori, l’indirizzo dell’abitazione o della residenza, la scuola, la parrocchia o il sodalizio frequentati, e qualsiasi altra indicazione o elemento: foto e filmati televisivi non schermati, messaggi e immagini on-line che possano contribuire alla sua individuazione”. Tutte queste prescrizioni, peraltro, si riferiscono a situazioni in cui il minore stesso è l’oggetto specifico dell’intervento giornalistico ed occorre, pertanto, tutelarne con particolare attenzione l’anonimato evitando ogni possibilità di identificazione o individuazione.
Ma il problema non sussiste ove vengano pubblicate foto che ritraggono i partecipanti di manifestazioni collettive, prive di connotazione “di cronaca” , tra cui anche minori, che in nessuna maniera divengono “l’oggetto” specifico dell’immagine o vengono in qualche modo resi individuabili.
Solo due elementi possono rendere necessaria una maggiore attenzione.
La Carta di Treviso ricorda che “nel caso di minori malati, feriti, svantaggiati o in difficoltà occorre porre particolare attenzione e sensibilità nella diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che, in nome di un sentimento pietoso, si arrivi ad un sensazionalismo che finisce per divenire sfruttamento della persona”.
La norma ha carattere generale ed è volta a tutelare il rischio di presentare il minore come “diverso”, “discriminato”, “anomalo” per effetto di una “caratteristica” – “fisica” o “sociale” – che lo contraddistingue e cui il comune sentire attribuisce significato negativo.
Tuttavia, la Carta di Treviso deve intendersi comunque rispettata, allorchè il contesto è quello di iniziative che nulla hanno a che vedere col “sentimento pietoso” o lo “sfruttamento delle persona”, mentre al contrario costituiscono meritoria promozione di una cultura dell’uguaglianza sostanziale che, parafrasando la Costituzione,  rimuove “gli ostacoli di ordine … sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Ad esempio, nel caso di immagini che ritraggano minori disabili impegnati in manifestazioni sportive, o che partecipano ad eventi di sensibilizzazione organizzati da associazioni che promuovono la lotta a particolari malattie, e la rimozione di ogni discriminazione o svantaggio per chi ne viene colpito.
Altro elemento di attenzione può porsi nel caso in cui si decida di dedicare un articolo ad una persona in particolare, e nello specifico un minore, per raccontare la sua esperienza e proporla all’attenzione dei lettori. Anche in questo caso è la Carta di Treviso che offre precise indicazioni circa i limiti di una informazione legittima e deontologicamente corretta. Afferma la Carta che “va garantito l’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore,vittima o teste; tale garanzia viene meno allorché la pubblicazione sia tesa a dare positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando”.
Come risulta evidente, è la stessa Carta di Treviso che consente la pubblicazione delle notizie su un minore e persino la sua identificazione quando l’informazione costituisce non lesione della sua personalità, bensì, al contrario, promozione della medesima e rilievo positivo delle sue qualità. Costituendo, pertanto, non un pregiudizio, ma al contrario un rilevante interesse del minore medesimo.
E’ innegabile ed estremamente significativo il valore anche simbolico che può avere la rappresentazione, ancora per fare un esempio, di un minore che abbia raggiunto notevoli successi sportivi sconfiggendo completamente i disagi e le limitazioni di una patologia o disabilità da cui sia affetto, riuscendo ad instaurare un rapporto sereno e privo di complessi con le terapie cui debba sottoporsi. In questi casi nessun “sentimento pietoso” o “sensazionalismo” o “sfruttamento della persona” è ravvisabile. Ma, al contrario, un eccezionale “risalto alle qualità del minore e al contesto familiare e sociale” in cui il minore vive. Ed uno straordinario “veicolo” per far capire a tutti, adulti e soprattutto ragazzi affetti da patologie, che si può convivere con la malattia ma condurre ugualmente una vita non solo “normale”, ma persino “eccezionale”, trasformando un handicap …in uno “stimolo” se non addirittura una “risorsa”.
Diversamente dalle immagini “collettive” di cui sopra si è parlato, peraltro, nei casi come quest’ultimo, in cui il minore è specificamente identificato e rappresentato, è ovvia e scontata la necessità del consenso dei genitori”.




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