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mercoledì 26 settembre 2012

FOTO DI REPERTORIO: CASTELVOLTURNO



Accadde a Castelvolturno 12 maggio del 1959 

FECE  CREDERE CHE  LA GIOVANE SPOSA  ERA  STATA  TRUCIDATA DAI BANDITI INVECE  ERA  STATO LUI  IL MARITO AD UCCIDERLA PERCHE’ VOLEVA RISPOSARSI

     Il  marito era  stato trovato legato al letto – e nella messa in scena generale per nascondere l’uxoricidio -  arrivò fino al punto di dire  agli inquirenti,  che,  gli  assassini, benché mascherati, erano   stati riconosciuti dalla moglie e  per questo motivo  la stessa era stata uccisa.  Subito si scatenò una forsennata ricerca dei tre  fantomatici  banditi da parte  Carabinieri, Pubblica Sicurezza, Stradale, Guardia di Finanza, tutti furono impegnati .nella caccia ai tre banditi mascherati che nella  notte – secondo il racconto del marito avevano ucciso la giovane donna.
     Erano da poco trascorse l’una di notte allorquando nel podere dell’O.N.C. n. 958 (in un comprensorio di bonifica dell'Opera Nazionale Combattenti in tenimento di Castelvotruno in località Ponteammare), fecero irruzione tre banditi mascherati  uccidendo brutalmente  una giovane contadina, Anna Dragoni maritata Caparco, accrescendo la già lunga catena di sangue che fece  di fatto definire  “maledetta”  la via Domiziana,  la stessa ove - per non citare che un fatto, il   più clamoroso dove - anni or sono al km. 42 fu colpito a morte l'ingegnere tedesco Hans Ludwig Peterrelna, mentre fermatosi con l'auto insieme alla sua segretaria e fidanzata, Sabina Rolliseli, credeva di poter godere tranquillamente il sole lungo un’arteria turistica e invece venne ucciso e la sua fidanzata violentata.
     Per le indagini dell’omicidio della giovane donna furono incaricati i  carabinieri di Mondragone,  dove soltanto da poco tempo era stata istituita  una Tenenza, coadiuvati dal nucleo di polizia giudiziaria della Corte d'Appello di Napoli, comandato dal tenente colonnello Francesco Elia. Come era logico, al marito di nome Amato  Caparco gli indagatori avevano  chiesto: “Potreste aiutarci a riconoscere i tre?”; ma l'uomo, e non certo per timore o per omertà, ma perché aveva simulato il delitto – disse ben poco. E si limitò a ripetere:  “Nella notte tutti i gatti sono bigi”,  come dice il “refrain” di quella famosa operetta. E nella notte senza la luce venuta a mancare per le condizioni atmosferiche, con il cielo coperto da torrenti di nuvole messaggere del temporale che aveva quella notte  squassato le campagne, era veramentew impossibile riconoscere uomini mascherati.
     In uno stato di terrore – pensarono gli inquirenti – il povero uomo,   vedendo quei banditi con il volto interamente coperto da pezzuole solo forate all'altezza degli occhi, che al poco bagliore di un lumino dinanzi all'immagine della Madonna della Strada, parvero rosse, come il sangue che stavano per spargere, cosa poteva constatare. Lui fu così  impreciso e non mise i carabinieri in condizione di identificare i mascherati.  Tutto ciò che disse era che  avessero dal 20 ai 25 anni, aggiungendo dati vaghi e per l'altezza e per la foggia e per il  colore degli abiti.
     Eppure – pensavano i cittadini - le tenaci indagini della Benemerita riusciranno prima o poi  a far trovare l’indizio  che dovrà condurre all'arresto della “banda dalla maschera rossa”. Mai immaginando che il delitto era stato compiuto dal marito della donna. I carabinieri iniziarono a setacciare  tutti coloro che nella notte fra martedì e mercoledì del giorno del delitto si erano ritirati tardi. In quelle  campagne - come dovunque si faccia del lavoro agricolo - la sera si va a letto presto per ricominciare di buon mattina.
      Nella notte “tutti i gatti sono bigi”, dice la romanza; ma nella notte non tutti tornano a casa poco prima dell'alba. E nel silenzio i passi delle grosse scarpe ferrate sulle selci, il battere di un uscio, lo scattare della chiave sono rumori che ben si avvertono. I tre banditi, a quanto si  apprese, ( nel racconto fantomatico del marito ) erano entrati   nell'abitazione della giovane sposa impugnando pistole e mitra. Dopo avere immobilizzato il marito si accingevano a svaligiare l'alloggio. Fu a questo punto che la donna   commise  l'errore che le costò  la vita, dicendo al tre: “Siete bendati, ma io vi ho perfettamente riconosciuti”. Immediatamente uno dei tre faceva partire una raffica che la stendeva a terra fulminata.
     Il  delitto fu scoperto il giorno successo.  Secondo le prime notizie, i carabinieri entrati in casa trovarono  il  marito legato al letto.  Ma qualcosa  insospettì gli inquirenti ( si appurò della tresca con una ragazza del posto ) e difatti nei giorni successivi  venne fuori la verità.
      La  giovane donna, Anna Caparco, era  stata uccisa con un colpo di fucile alla testa dal marito. La prima persona accorsa allo sparo era stato il guardiacaccia Ettore Griffo. Egli trovò aperto l'uscio della cascina, dove abitavano i coniugi Amato e Anna Caparco insieme con il loro unico figlio, Isaia, di 5 enni. Il marito giaceva svenuto sull'aia; la donna invece era distesa sul letto con un orribile squarcio in testa. Nella stessa cascina, al piano superiore abitano la madre del Caparco, Angela, con altri due figli Jolanda e Mario. Nessuno di questi aveva visto nulla.
     Quando si riprese, il marito della vittima spiegò – con una nuova versione  che, avendo udito dei rumori nel pollaio, era uscito, ma s’era trovato dinanzi a tre banditi con il viso nascosto da fazzoletti rossi, che lo avevano tenuto fermo sotto la minaccia di mitra e pistole. Avendo sua moglie detto ad alta voce di averli riconosciuti, uno di essi le sparò. Poi i tre s'erano allontanati, abbandonando il sacco con le galline e salendo a bordo di un'auto. Il cane della cascina “Leone”, trovato drogato, sembrava confermare questa versione ma altre circostanze suscitarono qualche dubbio. Come quel sacco con i polli posto bene in evidenza che  insospettì i carabinieri. Inoltre apparve  strano che, se la moglie riconobbe i tre rapinatori, il marito non ne riconobbe nessuno pur essendo egli del posto. E perché egli uscì di notte ad affrontare i ladri disarmato pur avendo fucili regolarmente detenuti?
     Una perizia eseguita sul cadavere da un medico giunto al seguito del magistrato, non dissipò i sospetti. La ferita risultava  prodotta da un colpo sparato a bruciapelo, mentre la vittima si trovava in posizione supina: è possibile che la donna stesse coricata, pur  sapendo di avere tre banditi in casa? Ancora un elemento assai grave: sulla nuca vi era  un'altra ferita procurata da un corpo contundente.
     Sottoposto a stringente interrogatorio, il marito finì  per confessare di essere l'assassino. Il  sensazionale colpo di scena  si verificò verificatosi, nella  notte nella caserma dei carabinieri di Castelvolturno, ove l'agricoltore Amato Caparco, dopo ventiquattro ore di interrogatorio confessò  di avere ucciso lui la moglie Anna Dragone. La sua confessione, naturalmente,  fece  ha fatto cadere clamorosamente tutta la versione, dei tre banditi armati di mitra e pistole, che con ii viso coperto da fazzoletti scarlatti avevano compiuto per rapina l'atroce delitto. 
     Che il Caparco non dicesse la verità, era  apparso chiaro fin dal primo momento   allorché il ten col. Francesco Elia, comandante del Nucleo di Polizia giudiziaria della Corte d'Appello, cominciò a vagliare i fatti sia sul piano delle prove che su quello delle critiche. Oltre al sacco con le galline, lasciato in troppo bella evidenza lungo un viottolo, e ad un “certo ordine nel disordine” - come ebbe a dire uno degli indagatori - vi era un interrogativo: perché i rapinatori, che evidentemente cercavano le 860 mila lire custodite dal Caparco per la recente vendita di due mucche da macello, non avevano preso una sola banconota? Indubbiamente a questa osservazione si poteva rispondere: perché, avendo dovuto esplodere un colpo di fucile che non era in programma, allarmati dalle conseguenza dello sparo, erano fuggiti in gran fretta. Ma se questa era una risposta plausibile, rimaneva però una domanda di inesorabile logica; come mai mentre la moglie aveva visto perfettamente i tre banditi al punto di pronunciare la propria condanna a morte dicendo “Vi ho riconosciuti”, lui, invece, dei tre non ricordava nulla, eccetto elementi vaghissimi? Semplice: perché i tre non esistevano.
     E ancora: come mai, di notte, in una campagna solitaria, avendo udito i ladri, egli era uscito sema armi?  Tutte queste domande avevano acquistato un particolare valore allorché dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, insieme al magistrato, il giudice Mario Abbamonte, era venuto il perito. Al medico era bastato uno sguardo al capo della vittima per dire; “E' una ferità causata da una sparo a bruciapelo, mentre la persona stava dormendo, ed è stata fatta per nasconderne un'altra, quella che aveva stordito la donna prima che fosse uccisa”. E l'altra ferita era stata prodotta alla nuca, anzi alla parte posteriore del cranio, con un corpo contundente, forse un peso, o un martello. Già durante l'interrogatorio, confrontato con quelli fatti ad  altri familiari e amici, il Caparco si era più- volte contraddetto. Per esempio egli, dopo il delitto aveva udito i “banditi” allontanarsi su di una auto. Un fratello di Anna, Quirino, che abitava  in una cascina a pochi metri in linea di aria dal Caparco ed era ben sveglio a quell'ora, questo rumore di una macchina che si metteva in moto non lo percepi.
      Comunque adesso che la confessione è venuta tutto è superato. Rimangono però due punti da chiarire. Primo, se l'uxoricidio è stato compiuto dal Caparco da solo o con la complicità di altri suoi familiari. E la domanda è logica considerando che il fucile con cui venne uccisa la donna era di proprietà del fratello dell'Amato, cioè Mario, cui è intestata la relativa licenza di caccia per quell'arma. Secondo, perché l'agricoltore ha ucciso la moglie e ai  carabinieri aveva detto: “fu una disgrazia, stavo per andare a caccia e il colpo è partito casualmente”. Ma si potrebbe osservare che a caccia in una zona controllata dai carabinieri e dalla polizia stradale egli non poteva andare e che comunque quando si esce per praticare quello sport non si carica lo schioppo in casa. E infine: perché per andare a caccia di quaglie (l'unico uccello che si trovava in quella  stagione in quella zona) egli si levò all'una se la zona dove ci si reca è vicinissima, appena distante mezz'ora al più a piedi mentre l'alba sorge alle 5?
     Tutto falso, dunque, perfino la drogatura del cane “Leone” che venne veramente addormentato ma dall'omicida per perfezionare la messa in scena. Secondo la voce più insistente l'agricoltore  uccise la moglie perché voleva sposare un'altra donna


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