FOTO DI REPERTORIO: CASTELVOLTURNO |
Accadde a
Castelvolturno 12 maggio del 1959
FECE CREDERE CHE
LA GIOVANE SPOSA ERA STATA TRUCIDATA DAI BANDITI INVECE ERA
STATO LUI IL MARITO AD UCCIDERLA
PERCHE’ VOLEVA RISPOSARSI
Il marito
era stato trovato legato al letto – e
nella messa in scena generale per nascondere l’uxoricidio - arrivò fino al punto di dire agli inquirenti, che,
gli assassini, benché mascherati,
erano stati riconosciuti dalla moglie e per questo motivo la stessa era stata uccisa. Subito si scatenò una forsennata ricerca dei
tre fantomatici banditi da parte Carabinieri, Pubblica Sicurezza, Stradale,
Guardia di Finanza, tutti furono impegnati .nella caccia ai tre banditi
mascherati che nella notte – secondo il
racconto del marito avevano ucciso la giovane donna.
Erano da poco trascorse l’una di notte
allorquando nel podere dell’O.N.C. n. 958 (in un comprensorio di bonifica
dell'Opera Nazionale Combattenti in tenimento di Castelvotruno in località
Ponteammare), fecero irruzione tre banditi mascherati uccidendo brutalmente una giovane contadina, Anna Dragoni maritata Caparco,
accrescendo la già lunga catena di sangue che fece di fatto definire “maledetta”
la via Domiziana, la stessa ove -
per non citare che un fatto, il più clamoroso dove - anni or sono al km. 42 fu
colpito a morte l'ingegnere tedesco Hans
Ludwig Peterrelna, mentre fermatosi con l'auto insieme alla sua segretaria
e fidanzata, Sabina Rolliseli,
credeva di poter godere tranquillamente il sole lungo un’arteria turistica e
invece venne ucciso e la sua fidanzata violentata.
Per le indagini dell’omicidio della
giovane donna furono incaricati i carabinieri
di Mondragone, dove soltanto da poco
tempo era stata istituita una Tenenza, coadiuvati
dal nucleo di polizia giudiziaria della Corte d'Appello di Napoli, comandato
dal tenente colonnello Francesco Elia.
Come era logico, al marito di nome Amato
Caparco gli indagatori avevano chiesto: “Potreste aiutarci a riconoscere i
tre?”; ma l'uomo, e non certo per timore o per omertà, ma perché aveva simulato
il delitto – disse ben poco. E si limitò a ripetere: “Nella notte tutti i gatti sono bigi”, come dice il “refrain” di quella famosa
operetta. E nella notte senza la luce venuta a mancare per le condizioni
atmosferiche, con il cielo coperto da torrenti di nuvole messaggere del
temporale che aveva quella notte squassato
le campagne, era veramentew impossibile riconoscere uomini mascherati.
In uno stato di terrore – pensarono gli
inquirenti – il povero uomo, vedendo quei banditi con il volto interamente
coperto da pezzuole solo forate all'altezza degli occhi, che al poco bagliore
di un lumino dinanzi all'immagine della Madonna della Strada, parvero rosse,
come il sangue che stavano per spargere, cosa poteva constatare. Lui fu così impreciso e non mise i carabinieri in condizione
di identificare i mascherati. Tutto ciò
che disse era che avessero dal 20 ai 25
anni, aggiungendo dati vaghi e per l'altezza e per la foggia e per il colore degli abiti.
Eppure – pensavano i cittadini - le tenaci
indagini della Benemerita riusciranno prima o poi a far trovare l’indizio che dovrà condurre all'arresto della “banda
dalla maschera rossa”. Mai immaginando che il delitto era stato compiuto dal
marito della donna. I carabinieri iniziarono a setacciare tutti coloro che nella notte fra martedì e
mercoledì del giorno del delitto si erano ritirati tardi. In quelle campagne - come dovunque si faccia del lavoro
agricolo - la sera si va a letto presto per ricominciare di buon mattina.
Nella notte “tutti i gatti sono bigi”,
dice la romanza; ma nella notte non tutti tornano a casa poco prima dell'alba.
E nel silenzio i passi delle grosse scarpe ferrate sulle selci, il battere di
un uscio, lo scattare della chiave sono rumori che ben si avvertono. I tre
banditi, a quanto si apprese, ( nel
racconto fantomatico del marito ) erano entrati nell'abitazione della giovane sposa impugnando
pistole e mitra. Dopo avere immobilizzato il marito si accingevano a svaligiare
l'alloggio. Fu a questo punto che la donna commise
l'errore che le costò la vita,
dicendo al tre: “Siete bendati, ma io vi ho perfettamente riconosciuti”.
Immediatamente uno dei tre faceva partire una raffica che la stendeva a terra
fulminata.
Il delitto fu scoperto il giorno successo. Secondo le prime notizie, i carabinieri
entrati in casa trovarono il marito legato al letto. Ma qualcosa
insospettì gli inquirenti ( si appurò della tresca con una ragazza del
posto ) e difatti nei giorni successivi venne
fuori la verità.
La giovane
donna, Anna Caparco, era stata uccisa con un colpo di fucile alla testa
dal marito. La prima persona accorsa allo sparo era stato il guardiacaccia Ettore Griffo. Egli trovò aperto
l'uscio della cascina, dove abitavano i coniugi Amato e Anna Caparco insieme
con il loro unico figlio, Isaia, di
5 enni. Il marito giaceva svenuto sull'aia; la donna invece era distesa sul
letto con un orribile squarcio in testa. Nella stessa cascina, al piano
superiore abitano la madre del Caparco, Angela,
con altri due figli Jolanda e Mario. Nessuno di questi aveva visto
nulla.
Quando si riprese, il marito della vittima
spiegò – con una nuova versione che,
avendo udito dei rumori nel pollaio, era uscito, ma s’era trovato dinanzi a tre
banditi con il viso nascosto da fazzoletti rossi, che lo avevano tenuto fermo
sotto la minaccia di mitra e pistole. Avendo sua moglie detto ad alta voce di
averli riconosciuti, uno di essi le sparò. Poi i tre s'erano allontanati,
abbandonando il sacco con le galline e salendo a bordo di un'auto. Il cane
della cascina “Leone”, trovato drogato, sembrava confermare questa versione ma
altre circostanze suscitarono qualche dubbio. Come quel sacco con i polli posto
bene in evidenza che insospettì i
carabinieri. Inoltre apparve strano che,
se la moglie riconobbe i tre rapinatori, il marito non ne riconobbe nessuno pur
essendo egli del posto. E perché egli uscì di notte ad affrontare i ladri
disarmato pur avendo fucili regolarmente detenuti?
Una perizia eseguita sul cadavere da un
medico giunto al seguito del magistrato, non dissipò i sospetti. La ferita
risultava prodotta da un colpo sparato a
bruciapelo, mentre la vittima si trovava in posizione supina: è possibile che
la donna stesse coricata, pur sapendo di
avere tre banditi in casa? Ancora un elemento assai grave: sulla nuca vi era un'altra ferita procurata da un corpo
contundente.
Sottoposto a stringente interrogatorio, il
marito finì per confessare di essere
l'assassino. Il sensazionale colpo di
scena si verificò verificatosi, nella notte nella caserma dei carabinieri di
Castelvolturno, ove l'agricoltore Amato
Caparco, dopo ventiquattro ore di interrogatorio confessò di avere ucciso lui la moglie Anna Dragone. La sua confessione,
naturalmente, fece ha fatto cadere clamorosamente tutta la
versione, dei tre banditi armati di mitra e pistole, che con ii viso coperto da
fazzoletti scarlatti avevano compiuto per rapina l'atroce delitto.
Che il Caparco non dicesse la verità, era apparso chiaro fin dal primo momento allorché il ten col. Francesco Elia, comandante del Nucleo di Polizia giudiziaria della
Corte d'Appello, cominciò a vagliare i fatti sia sul piano delle prove che su
quello delle critiche. Oltre al sacco con le galline, lasciato in troppo bella
evidenza lungo un viottolo, e ad un “certo ordine nel disordine” - come ebbe a
dire uno degli indagatori - vi era un interrogativo: perché i rapinatori, che
evidentemente cercavano le 860 mila lire custodite dal Caparco per la recente
vendita di due mucche da macello, non avevano preso una sola banconota?
Indubbiamente a questa osservazione si poteva rispondere: perché, avendo dovuto
esplodere un colpo di fucile che non era in programma, allarmati dalle
conseguenza dello sparo, erano fuggiti in gran fretta. Ma se questa era una
risposta plausibile, rimaneva però una domanda di inesorabile logica; come mai
mentre la moglie aveva visto perfettamente i tre banditi al punto di
pronunciare la propria condanna a morte dicendo “Vi ho riconosciuti”, lui,
invece, dei tre non ricordava nulla, eccetto elementi vaghissimi? Semplice:
perché i tre non esistevano.
E ancora: come mai, di notte, in una
campagna solitaria, avendo udito i ladri, egli era uscito sema armi? Tutte queste domande avevano acquistato un
particolare valore allorché dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, insieme
al magistrato, il giudice Mario
Abbamonte, era venuto il perito. Al medico era bastato uno sguardo al capo
della vittima per dire; “E' una ferità causata da una sparo a bruciapelo,
mentre la persona stava dormendo, ed è stata fatta per nasconderne un'altra,
quella che aveva stordito la donna prima che fosse uccisa”. E l'altra ferita
era stata prodotta alla nuca, anzi alla parte posteriore del cranio, con un
corpo contundente, forse un peso, o un martello. Già durante l'interrogatorio,
confrontato con quelli fatti ad altri
familiari e amici, il Caparco si era più- volte contraddetto. Per esempio egli,
dopo il delitto aveva udito i “banditi” allontanarsi su di una auto. Un
fratello di Anna, Quirino, che abitava in una cascina a pochi metri in linea di aria
dal Caparco ed era ben sveglio a quell'ora, questo rumore di una macchina che
si metteva in moto non lo percepi.
Comunque adesso che la confessione è
venuta tutto è superato. Rimangono però due punti da chiarire. Primo, se
l'uxoricidio è stato compiuto dal Caparco da solo o con la complicità di altri
suoi familiari. E la domanda è logica considerando che il fucile con cui venne
uccisa la donna era di proprietà del fratello dell'Amato, cioè Mario, cui è intestata la relativa
licenza di caccia per quell'arma. Secondo, perché l'agricoltore ha ucciso la
moglie e ai carabinieri aveva detto: “fu
una disgrazia, stavo per andare a caccia e il colpo è partito casualmente”. Ma
si potrebbe osservare che a caccia in una zona controllata dai carabinieri e
dalla polizia stradale egli non poteva andare e che comunque quando si esce per
praticare quello sport non si carica lo schioppo in casa. E infine: perché per
andare a caccia di quaglie (l'unico uccello che si trovava in quella stagione in quella zona) egli si levò all'una
se la zona dove ci si reca è vicinissima, appena distante mezz'ora al più a piedi
mentre l'alba sorge alle 5?
Tutto falso, dunque, perfino la drogatura
del cane “Leone” che venne veramente addormentato ma dall'omicida per
perfezionare la messa in scena. Secondo la voce più insistente
l'agricoltore uccise la moglie perché
voleva sposare un'altra donna
Nessun commento:
Posta un commento