Giornalisti in piazza: no a legge capestro
per salvare Alessandro Sallusti
La battaglia continua. Chiamati dalla Federazione della stampa i
giornalisti sono tornati in piazza per respingere il tentativo di approvare una
legge-bavaglio. Il testo della norma che non farà andare in carcere Alessandro
Sallusti, ma contemporaneamente aggraverà le sanzioni pecuniarie in caso di
diffamazione, si è comunque fermato in Senato.
Al Pantheon, in uno dei luoghi storici delle manifestazioni romane Roberto
Natale e Franco Siddi, presidente e segretario generale del sindacato, hanno
spiegato la gravità della legge che molti parlamentari si accingono ad
approvare. Non più in prigione, ma multe per 100.000 (poi ridotte a 50.000)
euro in caso di condanna. Sanzioni capaci di intimidire qualsiasi giornalista.
Molti i cittadini presenti. Sono intervenuti anche il senatore del Pd
Vincenzo Vita e Guido Columba, presidente dell’Unci.
Lunedì 29 ottobre gli iscritti al sindacato dei giornalisti presidieranno
l’aula della commissione parlamentare dove la discussione riprenderà, ma sonoi
allo studio altre manifestazioni di protesta.
Questo il testo del documento approvato dall’Unione cronisti, in cui
vengono indicati i punti principali di una riforma della diffamazione in linea
con i principali paesi europei:
Osservazioni e proposte dell’Unci sui Ddl Senato n.
3491 e n. 3492
Intervenire sulla materia delle sanzioni nell’esercizio della libertà di
informazione impone una preliminare distinzione tra ireati di opinione ,
inammissibili in democrazia, e le ipotesi didiffamazione, che presuppongono
invece una distorsione di fatti oggettivamente riscontrabili.
Le opinioni espresse a qualsiasi titolo non possono essere soggette ad
alcun tipo di censura, né preventiva né successiva (si veda da ultimo la
determinazione della Sessione 102 delloHuman Rights Committee
dell’Onu, Ginevra 29 luglio 2011: <Le leggi sulla
diffamazione non devono essere comunque applicate in relazione a quelle forme
di espressione che non sono, per loro natura, assoggettabili a verifica> ),
ma deve trattarsi, appunto, di opinioni. Siamo dunque fuori, in tali ipotesi,
dall’esercizio del diritto di cronaca.
Altro è invece (tralasciando i casi “elementari” dell’offesa alla altrui
reputazione) la rappresentazione falsa di fatti riconducibili o ricondotti
all’azione di persone, che determina in capo al giornalista una responsabilità,
anche penale, per diffamazione aggravata. E’ evidente che, pur nel sacrosanto
rispetto della libertà di informazione (e anzi, proprio per questo) in tali
casi non può esser invocata una scriminante “omnibus” che farebbe dei giornali,
e dei giornalisti, un porto franco per la creazione e la divulgazione di falsi
strumentali ad altri fini, con grave danno tra l’altro alla civiltà giuridica e
alla civile convivenza.
Il problema è piuttosto contemperare l’esigenza di punizione per l’illecito
commesso con la necessità che la pena non diventi uno strumento per
neutralizzare i diritti della libera stampa. In quest’ottica il ricorso alla
sanzione carceraria appare eccessivo, stigmatizzato sia dalle sentenze della
Corte di Giustizia europea (citate nello stesso preambolo del Ddl 3491), e
anche dalla determinazione dello Human Rights Committee sopra
menzionato, che invita gli Stati a <depenalizzare la diffamazione e, in ogni
caso, a limitare l’applicazione della norma penale nei casi più gravi, per i
quali comunque la carcerazione non è mai una sanzione appropriata>. Le
leggi sulla diffamazione, chiosa il documento delle Nazioni Unite <devono
essere maneggiate con cura per evitare che servano, nella pratica, a soffocare
la libertà di stampa>.
Alla luce di queste brevi premesse l’Unione Nazionale Cronisti Italiani
esprime le seguenti considerazioni e proposte
- No al carcere. La
soppressione della pena carceraria per il reato di diffamazione a mezzo stampa
contenuta nei Ddl 3941 e 3942 è senz’altro condivisibile e coerente
- La rettifica
estingua il reato. La richiesta di pubblicazione della rettifica deve essere
considerata condizione di procedibilità penale e presupposto anche dell’azione
civilistica di risarcimento. La rettifica pubblicata nelle forme previste dalla
legge oggi vigente (stessa pagina e posizione, stessi caratteri tipografici)
dovrebbe estinguere l’azione penale e neutralizzare anche la somma a titolo di
“riparazione”, lasciando spazio alla richiesta di risarcimento civilistico solo
per la eventuale parte residuale del danno (cioè al netto degli effetti della
rettific a pubblicata).
No al doppio binario in tribunale. La scelta di adire il giudice penale,
che anche nei Ddl all’esame di codesta Commissione conserva un duplice potere
di sanzione pecuniaria (la “multa” – articolo 13 legge 47/1948 - e la
“riparazione pecuniaria” - articolo 12 legge 47/1948) dovrebbe essere
preclusiva della possibilità di ricorrere anche al giudice
civile. L’attuale sistema binario consente tra l’altro la possibilità di
decisioni in conflitto tra giudice penale e giudice civile, così che anche a
fronte di un prosc ioglimento penale il magistrato civile può liberamente
“accertare l’esistenza del reato” e condannare a un risarcimento dei danni. La
parte offesa deve poter scegliere il tipo di ristoro da ottenere, non invece
essere libera di giocare indifferentemente e contemporaneamente su due tavoli
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