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domenica 7 ottobre 2012


OSIMO. LA STORIA DI MARILENA NATALE CHE SI RIBELLA ALLE MINACCE

Marilena Natale - Osimo. La storia di Marilena Natale che si ribella alle minacce
Vive a Casal di Principe. Ha raccontato la sua storia al Festival del giornalismo di inchiesta di Osimo. ”In Italia – ha detto Alberto Spampinato – un cronista su dieci ha subito  intimidazioni”
OSSIGENO – Osimo (An), 6 ottobre 2012 –“Durante un arresto il parente di un camorrista mi ha fermato, mi ha minacciato dicendo: so chi sei, dove abiti, quanti figli hai. Io non mi sono fatta intimorire e gli ho risposto: ‘Ah, sì? Vedo che hai la pistola. Ammazzami  subito o finisci in galera’. Quell’uomo, poco tempo dopo, è stato arrestato”. A raccontare uno dei tanti episodi di intimidazioni subiti è Marilena Natale, cronista de La Gazzetta di Caserta che vive e lavora a Casal di Principe e nella zona di Aversa. Oltre a minacce e aggressioni personali ha ricevuto lettere minatorie contenenti bossoli. Marilena ha raccontato l’avventura quotidiana di fare la cronaca nell’epicentro del clan camorristico dei casalesi. Lo ha raccontato alla platea del Festival sul giornalismo d’Inchiesta di Osimo durante l’incontro-dibattito per la presentazione dell’ebook di Gerardo Adinolfi “La donna che morse il cane. Storie di croniste minacciate”.
Al tavolo dei relatori, con Marilena Natale e Gerardo Adinolfi, c’era Alberto Spampinato, direttore dell’Osservatorio Ossigeno per i cronisti minacciati. “E’ straordinario il fatto che, nonostante in Italia ci siano centinaia di cronisti come Marilena Natale, che hanno subito gravi minacce, e altre migliaia che a causa del loro lavoro hanno subito violenze e gravi abusi a scopo intimidatorio – ha esordito Spampinato – e sui giornali e in tv raramente se ne parli. Anche questo dice quanto sia diffuso il clima di intimidazione. Anche chi oscura queste storie subisce questo clima che a molti fa dire ‘ma chi me lo fa fare?’. Sbagliano a dire così. In Italia non se ne parla ma è come riparare il sole con la rete. Ne parlano sempre più spesso le grandi istituzioni internazionali, che considerano severamente la limitazione della libertà di informazione in Italia. Ci considerano un paese malato anche perché avvengono queste cose e non si reagisce come si dovrebbe. Non a caso Freedom House e Reporter Sans Frontières collocano l’Italia tra i paesi in cui  l’informazione è solo parzialmente libera, unico paese dell’Unione Europa che fa parte della stessa ‘serie B’ dell’area balcanica. E’ veramente impressionante vedere la mappa dell’Europa disegnata da Freedom House”.
La presentazione dell’ebook, che raccoglie le storie di alcune giornaliste minacciate come Marilena Natale (La Gazzetta di Caserta), Marilù Mastrogiovanni (Il Tacco d’Italia) e Rosaria Capacchione (Il Mattino) è stata l’occasione per mostrare al pubblico marchigiano una realtà diversa, e spesso sconosciuta. Quella dei giornalisti di provincia, “lontani dai palcoscenici nazionali – ha ricordato Gerardo Adinolfi – ma che svolgono un ruolo essenziale nel raccontare contraddizioni e problemi della propria terra, ma che spesso si ritrovano isolati dopo aver dato notizie scomode o di cui qualcuno non vuole che si parli”.
“E’ questo il caso di Rosaria Capacchione – ha raccontato Alberto Spampinato – la giornalista del Mattino che vive sotto scorta dal 2007 è stata l’unica giornalista ad assistere con continuità alle udienze del processo Spartacus, che è stato il maxi-processo contro il clan dei casalesi”. Nel corso di quel processo l’avvocato del boss Francesco Bidognetti, Michele Santonastaso, lesse una lettera del suo assistito che conteneva espressioni minacciose rivolte a Capacchione, Roberto Saviano e al giudice Raffaele Cantone. A novembre l’avvocato e il boss saranno processati per quelle minacce.
“Nella mia terra è difficile essere una giornalista perché – ha detto Marilena Natale – in questo triangolo Aversa, Casal di Principe, Casapesenna per anni abbiamo assistito al suicidio dello Stato. Ma io amo la mia terra e per questo ho deciso di fare la giornalista. Per tentare di cambiare le cose. Quando mi minacciano perché racconto l’illegalità e le malefatte, a volte mi dicono apertamente: ‘Te ne devi andare’. No, io nonn me ne vado, voi vene dovete andare, e sono convinta che finirà proprio così”.
Certo, si paga un prezzo quando si reagisce così. Il primo cconto da pagare si presenta con l’isolamento che si subisce. “Capita di sentirsi soli – ammette Marilena – ma da quando c’è Ossigeno che fa circolare le nostre storie ci sentiamo meno soli”. Marilena dice queste cose in tono pacato. Racconta il sogno, a cui non rinuncia, di vedere la sua terra liberata da mafie, soprusi, prepotenze e illegalità. E’ una giovane donna che pretende di fare il suo lavoro in piena libertà, come in qualsiasi parte d’Italia. Ha carattere, orgoglio è coraggio. E le sue parole sono accolte da lunghi applausi.
Lei con il giornalismo vuole contribuire a cambiare la sua terra, a restituirle libertà e futuro. Con i suoi articoli Marilena è riuscita a far dimettere l’ex sindaco di Casal di Principe Pasquale Martinelli e un indagato pper mafia e voto di scambio che era stato nominato assessore con la delega ai beni confiscati alla camorra. Dopo le denunce solitarie di Marilena il comune è stato sciolto e alcuni amministratori sono stati arrestati.
Nell’ebook La donna che morse il cane Adinolfi racconta un incontro fortuito, a Casal di Principe, tra la giornalista e l’ex sindaco. “Ero in vacanza quando venni a conoscenza che Martinelli aveva nominato assessore ai beni confiscati Angelo Ferraro, indagato per voto di scambio politico-mafioso”. “Tornai subito a lavoro – dice Marilena – mi arrabbiai con i miei colleghi che non avevano scritto della notizia e, dopo vari articoli scrissi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale rispose all’appello e poco tempo dopo arrivò una Commissione prefettizia di accesso che mise sotto inchiesta gli atti del Comune”.(Qui il video del racconto di Marilena)
In Italia non è solo la criminalità organizzata a minacciare i giornalisti. La mappa delle minacce si estende dal Sud al Nord. “Delle 287 persone minacciate dal 2010 al giugno 2012 – spiega Gerardo Adinolfi – il 16% sono donne l’84% uomini, le testate più colpite sono state la Rai, Repubblica, Il Fatto Quotidiano e i giornali locali mentre tra le regioni con più casi segnalati all’Osservatorio Ossigeno al primo posto c’è la Campania seguita da Lazio, Sicilia, Calabria e Lombardia”.
“Quando diciamo quanti sono i giornalisti minacciati in Italia molti stentano a crederci, ma i nostri dati sono pubblici e verificabili. Dal 2006 al 2012 abbiamo contato quasi 1200 giornalisti intimiditi. Ma sono dieci volte di più, se si considerano i casi che le stesse vittime non vogliono o non possono denunciare. Il fenomeno quindi riguarda già un giornalista ogni dieci iscritti all’Albo. Per capire come si arriva a queste cifre bisogna leggere i nostri Rapporti annuali. piegano che ci sono varie forme di minaccia o di censura e alcune spesso non sono riconosciute come tali, ma – ha spiegato Alberto Spampinato – è certamente un’intimidazione anche revocare l’accredito per l’accesso allo stadio a un giornalista sportivo, così come è avvenuto molte volte, a Grosseto, Catania e altrove e, pochi giorni fa, a Cagliari”; ed è un’intimidazione lasciare fuori da un comune o dalla sala stampa della Questura, come è avvenuto, un giornalista che ha scritto qualcosa di sgradito. E’ molto importante imparare a riconoscere le intimidazioni, reagire, denunciare e dare a queste vittime la solidarietà che meritano, altrimenti si accetta una forma di censura non dichiarata. “Si può denunciare ed avere giustizia, come insegna la storia di Marilena Natale e quella di Arnaldo Capezzuto – ha ricordato Spampinato – che ha denunciato gli esponenti della camorra che l’hanno minacciato e con l’appoggio dell’Ordine dei giornalisti della Campania e il patrocinio gratuito dell’Ordine degli Avvocati ha ottenendo la condanna anche in appello dell’aggressore”.

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