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lunedì 8 ottobre 2012





Repertorio: il giornalista Ferdinando Terlizzi inviato in Israele anni 80 
Mass Media Un libro 

a più mani mette in 
rilievo come oggi per
i giornalisti il rapporto
tra regole ed eccezioni 
sia incerto e ambiguo

La «zona grigia» della
libertà di stampa

I principi e la realtà La Costituzione viene spesso tradita nella pratica quotidiana, quella che segna lo stato di salute di una democrazia. Senza limiti precisi l'informazione è intimidita o prevarica. Ed è esposta all'arbitrio Condizionamenti Sentenze, querele a ripetizione, cause di risarcimento, ricorsi, esposti: insieme spaventano, esasperano e alla fine piegano. 
Tre specialisti della materia, Caterina Malavenda, Carlo Melzi D'Eril, Giulio Enea Vigevani, due avvocati che lavorano da tempo in questo settore e un professore di Diritto costituzionale, hanno scritto un libro, sapiente e agile, che aiuta anche il non addetto ai lavori a orientarsi in una materia scivolosa e complicatissima: Le regole dei giornalisti, con una postfazione («Vita da querelato») scritta da un giornalista di rango, Francesco Merlo, che, in modo brillante e chiarificatore, dà testimonianza dei guai giudiziari che continuamente incombono, nel nostro Paese, sui professionisti dell'informazione.

di ANGELO PANEBIANCO
Corriere della Sera 4/10/2012



La condanna a quattordici mesi di carcere inflitta all'allora direttore di «Libero» (oggi del «Giornale»), Alessandro Sallusti, per omesso controllo in relazione a un articolo, dal contenuto ritenuto diffamatorio, apparso sul suo giornale, e il concretissimo rischio che Sallusti tra poche settimane entri in carcere, hanno dimostrato a tutta l'Italia, proprio in questi giorni, che ci sono aspetti della nostra legislazione in materia di libertà di informazione che è lecito definire inquietanti. Le Costituzioni liberaldemocratiche, anche la nostra, tutelano una batteria di diritti che, nel loro insieme, rappresentano le garanzie delle nostre libertà. Ma una cosa è ciò che è scritto nelle Costituzioni, un'altra cosa sono le concrete traduzioni dei principi costituzionali: le leggi ordinarie e le prassi giudiziarie cui spetta il compito di fare vivere quei principi nella vita quotidiana. Spesso, c'è scollamento fra i principi da una parte e le leggi e le prassi dall'altra. Tanto è vero che al di là di ciò che le accomuna (la tutela costituzionale dei diritti di libertà), le democrazie si differenziano moltissimo fra loro nel modo in cui, nella pratica, assicurano quei diritti. Queste differenze, influenzate dalle diverse tradizioni culturali, hanno a che fare, per lo più, con diversi modi di bilanciare la protezione di quei diritti ogni volta che, come accade, si trovino a collidere. La nostra Costituzione, come le altre, tutela la libertà di informazione. Allo stesso tempo tutela anche altri diritti (alla privacy, alla protezione dalla diffamazione, eccetera), diritti che possono entrare in rotta di collisione con la libertà d'informazione. Come viene risolto in Italia dalle leggi e dalle prassi giudiziarie il necessario bilanciamento? Tre specialisti della materia, Caterina Malavenda, Carlo Melzi D'Eril, Giulio Enea Vigevani, due avvocati che lavorano da tempo in questo settore e un professore di Diritto costituzionale, hanno scritto un libro, sapiente e agile, che aiuta anche il non addetto ai lavori a orientarsi in una materia scivolosa e complicatissima: Le regole dei giornalisti, con una postfazione («Vita da querelato») scritta da un giornalista di rango, Francesco Merlo, che, in modo brillante e chiarificatore, dà testimonianza dei guai giudiziari che continuamente incombono, nel nostro Paese, sui professionisti dell'informazione. Il libro interesserà di certo ai giornalisti, ma dovrebbe sollecitare l'attenzione di chiunque voglia capire qualcosa del modo in cui i grandi principi scolpiti nella Costituzione vengono tradotti (e spesso traditi) nella pratica quotidiana. Perché sono proprio le pratiche quotidiane quelle che ci dicono quale sia lo stato di salute di una democrazia e quanto le libertà che essa ufficialmente tutela siano davvero garantite. Il sottotitolo, Istruzioni per un mestiere pericoloso, chiarisce il senso del lavoro. La libertà d'informazione, ufficialmente garantita, è nella realtà sottoposta a vincoli molteplici. In teoria, tale libertà dovrebbe essere la regola e i limiti a essa l'eccezione, ma in pratica non è così. Il rapporto fra regola ed eccezione è, qui da noi, incerto, ambiguo. La libertà d'informazione, talvolta, non subisce limiti che dovrebbero esserci (si pensi, ad esempio, alla pubblicazione di conversazioni telefoniche anche nelle parti ove non ci sia nulla di penalmente rilevante) mentre ne subisce tanti altri che non dovrebbero esserci. Per intimidire la libertà d'informazione non è necessario, come fanno i regimi autoritari, ricorrere all'uso della forza. «È sufficiente ? scrivono gli autori ? e più efficace promulgare leggi ambigue, scrivere sentenze miopi, presentare a ripetizione querele, cause di risarcimento, ricorsi al garante, esposti disciplinari, che insieme avvolgono, spaventano, esasperano, dissuadono e alla fine piegano» (p. 8).Ciò che gli autori mostrano è che la nostra legislazione, in ampie parti, e spesso anche le prassi giudiziarie, delineano un quadro confuso e contraddittorio nel quale il professionista dell'informazione è costretto a esercitare il mestiere a proprio rischio e pericolo. L'ambiguità è costante e i vincoli alla libertà di informazione sono incerti, mobili, non chiaramente definiti. Entro quali limiti possono esercitarsi il diritto di cronaca o il diritto di critica senza incappare nella diffamazione e nelle conseguenti sanzioni? È un punto cruciale per comprendere quale sia lo stato di salute dell'informazione in un Paese, quanta libertà di informazione ci sia e in che modo avvenga il bilanciamento fra questa libertà e altri diritti. La risposta degli autori è che non c'è alcuna chiarezza. Ed ecco perché il mestiere del giornalista è, appunto, un mestiere pericoloso. Ho accennato al caso di Sallusti. Gli autori dedicano pagine illuminanti ai rischi, ancor più gravi di quelli che corre il cronista, che incombono sul direttore di un periodico a stampa. È considerato responsabile di tutto ciò che viene pubblicato e non può delegare a terzi (salvo quando è in ferie) parte almeno della responsabilità. Per cui «l'azienda giornalistica appare l'unica organizzazione complessa nella quale non sia consentita la ripartizione dei poteri e delle rispettive responsabilità» (p. 91). Se si aggiunge il fatto che, come proprio il caso Sallusti dimostra, le pene, oltre che pecuniarie, possono addirittura essere detentive, si ha un quadro abbastanza drammatico dello stato della libertà di informazione nel Paese. Con mano sicura e esperta gli autori trattano i tanti aspetti della questione. Scritto in difesa del buon giornalismo, e del suo ruolo cruciale in una società libera, questo libro ci aiuta a capire quante trappole e strettoie debbano essere superate perché una società che si dice libera riesca a esserlo sul serio.


Il libro

Caterina Malavenda, Carlo Melzi D'Eril, Giulio Enea Vigevani, Le regole dei giornalisti. Istruzioni per un mestiere pericoloso. Con una postfazione dal titolo “Vita da querelato” del giornalista Francesco Merlo. (Il Mulino, pagine 178, euro 15)




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