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martedì 27 agosto 2013

GIUSEPPE GAROFALO L'AVVOCATO DEL DIAVOLO: DIFENDERE GLI INDIFENDIBILI


LO SPIETATO GIUSTIZIALISTA 

DELLA CAMORRA

 

GIUSEPPE SETOLA HA CHIESTO AL
GIUDICE DI SORVEGLIANZA DI MILANO  LA SOSPENSIONE DELLA PENA

 PERCHE’ E’ DIVENTATO “CIECO”


FISSATA L’UDIENZA PER IL 27 SETTEMBRE   LA DIREZIONE ANTIMAFIA SOSTIENE CHE E’ FALSO 
 GRAVE IL PROCEDENTE 
PERIZIA DEPOSITATA A GIORNI –
 3 ERGASTOLI PASSATI 
IN “COSA GIUDICATA” 
E ALTRI 5 IN “CORSO D’OPERA”  
18 OMICIDI   
CONTESTATO ANCHE IL REATO DI RAZZISMO E TERRORISMO
LAMENTA CHE NON DANNO PERMESSI ALLA MOGLIE AL DOMICILIO 
COATTO A CASALE 
L’ ARDUO COMPITO  DELLA DIFESA


Caserta – ( di Ferdinando Terlizzi )   Il super killer, lo stragista, il vendicatore folle, “o’ cecato”, come è stato  più volte definito dalla stampa,  Giuseppe Setola,  detenuto presso il supercarcere di Opera ( Milano), con due ergastoli passati in cosa giudicata e 5 ergastoli in “corso d’opera”,  ha chiesto al Giudice di Sorveglianza di Milano la “sospensione” della pena per ragione di salute. A detta dei suoi consulenti  sarebbe diventato totalmente   cieco,  avrebbe cioè perso anche l’ultimo bagliore di luce che aveva al momento delle sue folli strage e sarebbe ora “incompatibile” con il regime carcerario. Tutto da verificare, però.   
Setola – che è detenuto in regime di 41 bis – lamenta anche la mancata concessione dei permessi,  richiesti e mai concessi alla moglie Stefania Martinelli che è relegata al soggiorno “coatto”,  in Casal di Principe e che ormai non vede dal suo arresto. La Martinelli è stata più volte condannata ( fu trovata nel covo del marito,  con una pistola; a casa sua furono rinvenuti Rolex di  valore e molti contanti,  che però giustificò dicendo che erano “regali” di una cerimonia della figlia) e il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione di Misure di Prevenzione -   l’ha condannata a 4 anni di soggiorno obbligato. Sentenza confermata in appello. 
Per discutere sulla opportunità di concedere o meno la richiesta sospensione,  il Giudice di Sorveglianza di Milano,  ha fissato l’udienza per il prossimo 27 settembre e nel contempo,  ha disposto una perizia per accertare la gravità e la veridicità della patologia lamentata da Setola.
IL PM ANTIMAFIA ANTONELLO ARDITURO 

I suoi difensori Avv.ti Giuseppe Garofalo e Elena  Schiavone,  che sono stati informati dell’udienza,  non hanno, però, ancora preso atto del risultato della perizia ordinata dal giudice di Milano e che sarà nota – certamente – prima della fissata udienza, ma hanno richiesto di visionare gli incartamenti.
A questo punto però, per dovere di cronaca,  dobbiamo dire, di contro, che i solerti pubblici ministeri della Direzione Antimafia di Napoli ( che si sono occupati dei reati dello stragista,  che come è noto deve rispondere di 18 omicidi ) non si sono affatto cullati sulle dicerie del Setola ed anzi,  hanno già depositato in atti le loro deduzioni che controbattono la perizia a favore e negano assolutamente la richiesta sospensione della pena.
 Sosterrebbero, infatti, i piemme, ( Antonello Ardituro, Alessandro Milita e Cesare  Sirignano), che Setola non è diventato affatto cieco e che anzi, con una documentazione “filmata” dimostreranno – nella udienza del 27 settembre – che l’imputato, pur con i suoi acciacchi di salute e visivi,  non è affatto incompatibile con il regime carcerario. Egli, infatti, come risulta dalla documentazione “de qua” avrebbe chiuso una finestra che era aperta alle sue spalle… alzandosi dalla sedia e percorrendo il tratto fino alla finestra… senza alcun aiuto… mentre era in video conferenza con la Corte di Assise. Ed inoltre in più di una occasione – sostengono i pubblici ministeri dell’Antimafia – egli avrebbe dato, mediante messaggi e segnali, ordini agli adepti del suo clan sempre in occasione di video-conferenze.
Quindi battaglia grossa tra accusa e difesa. Ma quello che pesa – come una spada di Damocle – sulla testa de “O’ Cecato”,  non sono solo e tanto gli ergastoli,  già irrogati o quelli da venire,  quanto tutto il “vissuto” per la vicenda della perizia falsa ( che gli diede modo di scappare dalla clinica ) e che ha portato all’arresto del suo avvocato Gerry Casella e dell’oculista che diagnosticò la ceccità Dr. Aldo Fronterrè.
Per questi gravissimi reati la direzione antimafia ha chiesto il giudizio immediato – la difesa ha controbattuto con la richiesta del processo abbreviato.  Come si ricorderà il    relativo processo fu assegnato alla  II° sezione  presieduta dal   Dr. Luigi Picardi,  del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e l’udienza era stata fissata per il 22 luglio. A giungere alla conclusione di chiedere il processo immediato la DdA era giunta – evidentemente – in seguito alle confessioni dell’Avv. Gerry Casella che, secondo alcune indiscrezioni trapelate – nonostante lo stretto riserbo – pare abbia “confessato” molte delle contestazioni.  
La difesa, rappresentata da Vittorio Giaquinto e Alessandro Barbieri, nello intravedere, evidentemente, la possibilità di uno “sconto processualistico” ( il reato contestato di 416 bis non prevede, infatti, misure meno afflittive del carcere quali gli arresti domiciliari, per esempio) ha  controbattuto  alla  mossa dell’accusa con il richiedere un processo  “abbreviato”.
     A questo punto gli atti – giocoforza – sono stati trasmessi al Gip di Napoli Dr.ssa Pasqualina Paola Laviano,  che,  però,  non ha ancora fissato l’udienza. Se ne parlerà, come è prevedibile per la ripresa di settembre. Né Setola né Alfiero né Fronterrè,  a mezzo dei difensori,  Avv.ti  Elena Schiavone e Angelo Raucci,   hanno però chiesto di aderire all’abbreviato per cui saranno processati con il rito immediato.

Una carriera “Kriminale” di tutto rispetto per  “O’Cecato”.  Nella giovinezza frequenta l’Azione Cattolica, fa a volte anche da chierichetto servendo la messa e passa spesso le giornate giocando a biliardino. Ben presto però inizia i primi episodi criminali, con piccole estorsioni ed intimidazioni. Nel 1992 compie probabilmente il suo primo omicidio: a San Cipriano d'Aversa viene ucciso Arcangelo Chiarovalanza. All’età di 21 anni inizia a gestire il traffico del racket. Il suo carattere ribelle che non vuole avere regole da seguire gli vale il soprannome di  “a puttana” affibbiatogli dai boss Casalesi Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, che non ripongono piena fiducia in lui. Insieme a Michele Zagaria e Antonio Iovine prende le redini del clan dei Casalesi dopo l'arresto del boss Francesco Schiavone.
Ritenuto responsabile della strage di Castelvolturno, è stato considerato fino alla data del suo arresto come uno dei più pericolosi latitanti della camorra ed era ricercato dal 2008 per associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio ed altro. La latitanza di Giuseppe Setola non cominciò dopo la strage di Castelvolturno ma nella primavera dello stesso anno (2008) quando venne trasferito dal carcere in una clinica di Pavia dopo essersi finto cieco. Setola passa la sua latitanza insieme alla famiglia in un monolocale di Trentola-Ducenta, in via San Giuseppe Cottolengo nelle vicinanza di una chiesa. Il monolocale, con una piccola stanza da letto, un cucinino e un bagno, è difeso da una squadra di fiancheggiatori. La mattina del 11 gennaio 2009 i carabinieri riescono ad individuare il covo e il giorno successivo, il 12 gennaio, scatta il blitz delle forze dell'ordine.

All'ingresso dei soldati, la moglie di Setola, Stefania Martinelli, trovata rannicchiata in un angolo del monolocale, viene portata alla caserma di Aversa, interrogata e poi arrestata per detenzione e porto abusivo di armi. Setola invece, scortato da due complici, accede ad un tunnel sotterraneo tramite una botola situata sotto un tavolino della stanza da letto. Il tunnel, collegato alle fogne, ha permesso loro di sbucare in un’altra zona della città, dove hanno fermato e rubato un’automobile con la quale si sono dati alla fuga. Nel nascondiglio del latitante sono stati trovati, tra gli altri, una copia del libro “L'oro della camorra”,  di Rosaria Capacchione e una copia del libro ”Alzatevi, andiamo!”,  di Giovanni Paolo II.
Il blitz nell’appartamento di Trentola-Ducenta era avvenuto a solo una settimana dall’individuazione del rifugio di un altro latitante del clan dei casalesi, Antonio Iovine. Il 14 gennaio 2009 i Carabinieri coordinati dal tenente colonnello Ottavio Oro,  riescono ad arrestarlo a Campozillone, una frazione di Mignano Monte Lungo (CE), mentre cerca di scappare sui tetti dell'edificio dove si nascondeva, una casa attigua ad una clinica privata dove probabilmente voleva farsi curare il polso fratturato dopo la rocambolesca fuga di due giorni prima.
Nell’appartamento sono stati trovati circa 100.000 € in contanti, due pistole, un fucile a pompa e una busta di medicinali. Arrestata anche un’infermiera della vicina clinica. Sono stati arrestati con il boss inoltre anche due suoi guardaspalle, verosimilmente presenti anche nella fuga di Trentola-Ducenta: Paolo Gargiulo, 23 anni, di Aversa, cugino di Nicola Gargiulo detto “Capitone” del clan dei Bidognetti; John Peram Loran, italo-americano residente a Pozzuoli
Giuseppe Setola è stato condannato, fino ad ora, a tre ergastoli, rispettivamente per: omicidio di Genovese Pagliuca avvenuto nel 1995. Per questo caso, Setola non è stato individuato come mandante o responsabile materiale dell’omicidio ma per  aver aderito moralmente. La condanna è definitiva ma è stato inoltrato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Omicidio di Michele Orsi, imprenditore nel campo dei rifiuti, ucciso nel 2008 perché aveva cominciato a collaborare con la giustizia.


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