LO SPIETATO GIUSTIZIALISTA
DELLA CAMORRA
GIUSEPPE SETOLA HA CHIESTO AL GIUDICE DI SORVEGLIANZA DI MILANO LA SOSPENSIONE DELLA PENA
PERCHE’ E’
DIVENTATO “CIECO”
FISSATA L’UDIENZA
PER IL 27 SETTEMBRE LA DIREZIONE
ANTIMAFIA SOSTIENE CHE E’ FALSO
GRAVE
IL PROCEDENTE
PERIZIA DEPOSITATA A GIORNI –
3 ERGASTOLI PASSATI
IN “COSA
GIUDICATA”
E ALTRI 5 IN “CORSO D’OPERA”
18 OMICIDI
CONTESTATO ANCHE IL REATO DI RAZZISMO E
TERRORISMO
LAMENTA CHE NON
DANNO PERMESSI ALLA MOGLIE AL DOMICILIO
COATTO A CASALE
L’ ARDUO COMPITO
DELLA DIFESA
Caserta – ( di Ferdinando Terlizzi ) Il super killer, lo stragista, il
vendicatore folle, “o’ cecato”, come è stato più volte definito dalla stampa, Giuseppe
Setola, detenuto presso il
supercarcere di Opera ( Milano), con due ergastoli passati in cosa giudicata e
5 ergastoli in “corso d’opera”, ha
chiesto al Giudice di Sorveglianza di Milano la “sospensione” della pena per
ragione di salute. A detta dei suoi consulenti
sarebbe diventato totalmente cieco,
avrebbe cioè perso anche l’ultimo
bagliore di luce che aveva al momento delle sue folli strage e sarebbe ora
“incompatibile” con il regime carcerario. Tutto da verificare, però.
Setola – che è detenuto in
regime di 41 bis – lamenta anche la mancata concessione dei permessi, richiesti e mai concessi alla moglie Stefania Martinelli che è relegata al
soggiorno “coatto”, in Casal di Principe
e che ormai non vede dal suo arresto. La Martinelli è stata più volte
condannata ( fu trovata nel covo del marito,
con una pistola; a casa sua furono rinvenuti Rolex di valore e molti contanti, che però giustificò dicendo che erano
“regali” di una cerimonia della figlia) e il Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere – Sezione di Misure di Prevenzione -
l’ha condannata a 4 anni di soggiorno obbligato. Sentenza confermata in
appello.
Per discutere sulla
opportunità di concedere o meno la richiesta sospensione, il Giudice di Sorveglianza di Milano, ha fissato l’udienza per il prossimo 27
settembre e nel contempo, ha disposto
una perizia per accertare la gravità e la veridicità della patologia lamentata
da Setola.
IL PM ANTIMAFIA ANTONELLO ARDITURO |
I suoi difensori Avv.ti Giuseppe Garofalo e Elena Schiavone, che sono stati informati
dell’udienza, non hanno, però, ancora
preso atto del risultato della perizia ordinata dal giudice di Milano e che
sarà nota – certamente – prima della fissata udienza, ma hanno richiesto di
visionare gli incartamenti.
A questo punto però, per
dovere di cronaca, dobbiamo dire, di
contro, che i solerti pubblici ministeri della Direzione Antimafia di Napoli (
che si sono occupati dei reati dello stragista,
che come è noto deve rispondere di 18 omicidi ) non si sono affatto
cullati sulle dicerie del Setola ed anzi, hanno già depositato in atti le loro deduzioni
che controbattono la perizia a favore e negano assolutamente la richiesta
sospensione della pena.
Sosterrebbero, infatti, i piemme, ( Antonello Ardituro, Alessandro Milita e
Cesare Sirignano), che Setola non è
diventato affatto cieco e che anzi, con una documentazione “filmata”
dimostreranno – nella udienza del 27 settembre – che l’imputato, pur con i suoi
acciacchi di salute e visivi, non è
affatto incompatibile con il regime carcerario. Egli, infatti, come risulta
dalla documentazione “de qua” avrebbe chiuso una finestra che era aperta alle
sue spalle… alzandosi dalla sedia e percorrendo il tratto fino alla finestra…
senza alcun aiuto… mentre era in video conferenza con la Corte di Assise. Ed
inoltre in più di una occasione – sostengono i pubblici ministeri
dell’Antimafia – egli avrebbe dato, mediante messaggi e segnali, ordini agli
adepti del suo clan sempre in occasione di video-conferenze.
Quindi battaglia grossa tra
accusa e difesa. Ma quello che pesa – come una spada di Damocle – sulla testa
de “O’ Cecato”, non sono solo e tanto
gli ergastoli, già irrogati o quelli da
venire, quanto tutto il “vissuto” per la vicenda della perizia
falsa ( che gli diede modo di scappare dalla clinica ) e che ha portato
all’arresto del suo avvocato Gerry
Casella e dell’oculista che diagnosticò la ceccità Dr. Aldo Fronterrè.
Per questi gravissimi reati la
direzione antimafia ha chiesto il giudizio immediato – la difesa ha
controbattuto con la richiesta del processo abbreviato. Come si ricorderà il relativo
processo fu assegnato alla II°
sezione presieduta dal Dr. Luigi
Picardi, del Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere e l’udienza era stata fissata per il 22 luglio. A giungere
alla conclusione di chiedere il processo immediato la DdA era giunta – evidentemente
– in seguito alle confessioni dell’Avv. Gerry
Casella che, secondo alcune indiscrezioni trapelate – nonostante lo stretto
riserbo – pare abbia “confessato”
molte delle contestazioni.
La difesa, rappresentata da Vittorio Giaquinto e Alessandro Barbieri,
nello intravedere, evidentemente, la possibilità di uno “sconto processualistico” ( il reato contestato di 416 bis non
prevede, infatti, misure meno afflittive del carcere quali gli arresti
domiciliari, per esempio) ha
controbattuto alla mossa dell’accusa con il richiedere un
processo “abbreviato”.
A questo punto gli atti – giocoforza –
sono stati trasmessi al Gip di Napoli Dr.ssa Pasqualina Paola Laviano,
che, però, non ha ancora fissato l’udienza. Se ne
parlerà, come è prevedibile per la ripresa di settembre. Né Setola né Alfiero
né Fronterrè, a mezzo dei
difensori, Avv.ti Elena Schiavone e Angelo Raucci, hanno però
chiesto di aderire all’abbreviato per cui saranno processati con il rito
immediato.
Una carriera “Kriminale” di
tutto rispetto per “O’Cecato”. Nella giovinezza frequenta l’Azione
Cattolica, fa a volte anche da chierichetto servendo la messa e passa spesso le
giornate giocando a biliardino. Ben presto però inizia i primi episodi
criminali, con piccole estorsioni ed intimidazioni. Nel 1992 compie
probabilmente il suo primo omicidio: a San Cipriano d'Aversa viene ucciso Arcangelo Chiarovalanza. All’età di 21
anni inizia a gestire il traffico del racket. Il suo carattere ribelle che non
vuole avere regole da seguire gli vale il soprannome di “a puttana” affibbiatogli dai boss
Casalesi Francesco Schiavone e Francesco
Bidognetti, che non ripongono piena fiducia in lui. Insieme a Michele Zagaria e Antonio Iovine prende
le redini del clan dei Casalesi dopo l'arresto del boss Francesco Schiavone.
Ritenuto responsabile della
strage di Castelvolturno, è stato considerato fino alla data del suo arresto
come uno dei più pericolosi latitanti della camorra ed era ricercato dal 2008
per associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio ed altro. La
latitanza di Giuseppe Setola non cominciò dopo la strage di Castelvolturno ma
nella primavera dello stesso anno (2008) quando venne trasferito dal carcere in
una clinica di Pavia dopo essersi finto cieco. Setola passa la sua latitanza insieme
alla famiglia in un monolocale di Trentola-Ducenta, in via San Giuseppe
Cottolengo nelle vicinanza di una chiesa. Il monolocale, con una piccola stanza
da letto, un cucinino e un bagno, è difeso da una squadra di fiancheggiatori. La
mattina del 11 gennaio 2009 i carabinieri riescono ad individuare il covo e il
giorno successivo, il 12 gennaio, scatta il blitz delle forze dell'ordine.
All'ingresso dei soldati, la moglie di Setola, Stefania
Martinelli, trovata rannicchiata in un angolo del monolocale, viene portata
alla caserma di Aversa, interrogata e poi arrestata per detenzione e porto
abusivo di armi. Setola invece, scortato da due complici, accede ad un tunnel
sotterraneo tramite una botola situata sotto un tavolino della stanza da letto.
Il tunnel, collegato alle fogne, ha permesso loro di sbucare in un’altra zona
della città, dove hanno fermato e rubato un’automobile con la quale si sono
dati alla fuga. Nel nascondiglio del latitante sono stati trovati, tra gli
altri, una copia del libro “L'oro della camorra”, di Rosaria
Capacchione e una copia del libro ”Alzatevi, andiamo!”, di Giovanni
Paolo II.
Il blitz nell’appartamento di
Trentola-Ducenta era avvenuto a solo una settimana dall’individuazione del
rifugio di un altro latitante del clan dei casalesi, Antonio Iovine. Il 14 gennaio 2009 i Carabinieri coordinati dal tenente
colonnello Ottavio Oro, riescono ad arrestarlo a Campozillone, una
frazione di Mignano Monte Lungo (CE), mentre cerca di scappare sui tetti
dell'edificio dove si nascondeva, una casa attigua ad una clinica privata dove
probabilmente voleva farsi curare il polso fratturato dopo la rocambolesca fuga
di due giorni prima.
Nell’appartamento sono stati
trovati circa 100.000 € in contanti, due pistole, un fucile a pompa e una busta
di medicinali. Arrestata anche un’infermiera della vicina clinica. Sono stati
arrestati con il boss inoltre anche due suoi guardaspalle, verosimilmente
presenti anche nella fuga di Trentola-Ducenta: Paolo Gargiulo, 23 anni, di Aversa, cugino di Nicola Gargiulo detto “Capitone”
del clan dei Bidognetti; John Peram
Loran, italo-americano residente a Pozzuoli
Giuseppe Setola è stato
condannato, fino ad ora, a tre ergastoli, rispettivamente per: omicidio di Genovese Pagliuca avvenuto nel 1995.
Per questo caso, Setola non è stato individuato come mandante o responsabile
materiale dell’omicidio ma per aver aderito
moralmente. La condanna è definitiva ma è stato inoltrato un ricorso alla Corte
europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Omicidio di Michele Orsi, imprenditore nel campo dei rifiuti, ucciso nel 2008
perché aveva cominciato a collaborare con la giustizia.
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