Nel 2010 in un silos dell’azienda farmaceutica
a Capua
DIECI IMPUTATI PER I TRE OPERAI MORTI ALLA D.s.m.
S.p.A. ex Pierrel
Le accuse: omicidio colposo plurimo, omissione di soccorso e violazioni della
normativa antinfortunistica – Disposto il rinvio a giudizio dal Gup del
Tribunale- La commissione d’inchiesta del senato:”Una
superficialità incredibile” – Risarcite le famiglie -
S. Maria C.V. ( di Ferdinando Terlizzi ) - Sono
dieci gli imputati che compariranno davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere
per la tragedia alla Dsm Capua S.p.A. (ex
Pierrel) il prossimo 23 novembre per
rispondere di omicidio colposo plurimo, omissione di soccorso e numerose
violazioni della normativa antinfortunistica, per la morte di tre operai
deceduti nel 2010 mentre effettuavano alcune operazioni in un silos dell’azienda
farmaceutica.
Lo ha deciso, nei giorni
scorsi, dopo diverse udienze caratterizzate dalle arringhe della difesa, il giudice
dell’udienza preliminare Giovanni
Caparco a conclusione di una camera di consiglio durata circa due ore. Il
processo vede imputati operai e datori di lavoro esterni: Luigi Errichiello, Carmine Rossi, Giuseppe Sicurezza, Ciro Di Mare,
Donato Manna, Francesco Pappini, Nicola Torre, Sergio Andreutti, Eligio Pergianni,
e Vincenzo Marotta.
Altre due persone Francesco Lozza e Giulio Campanini, hanno
invece provveduto al pagamento di una contravvenzione (circa cinquemila euro
ciascuno). La richiesta del pubblico
ministero è stata accolta dal Gup (
Giudice udienza preliminare ) in una
sessione precedente facendo uscire dal
processo i due imprenditori.
La pena era già stata patteggiata per i vertici della multinazionale che poco meno di
un anno fa hanno anche risarcito i familiari delle vittime con trattativa
privata e si parla di svariati milioni
di euro per le famiglie tre sfortunati
operai. La tragedia, si verificò l’11
settembre di tre anni fa a Capua all’interno dell’azienda che provocò la morte di tre lavoratori che erano scesi nel
silos per una bonifica. Operazioni che avevano già fatto altre volte.
Le vittime, Giuseppe Cecere (50 anni ), Antonio Di Matteo (63 anni) e Vincenzo Musso (44 anni) erano manovali
della società edile Errichiello di Afragola chiamati a lavorare quella
mattina per smontare un vecchio ponteggio. All’interno del
sistema, purtroppo, alcuni residui di una miscela mortale composta da azoto e elio
pressurizzato portarono all’intossicazione e al successivo soffocamento dei tre
operai. Le indagini hanno poi accertato
anche un tentativo di inquinamento delle
prove per la morte degli operai che sarebbe
avvenuta all’interno del silos F.14 della Dsm. Ovvero con lo spostamento di una flangia necessaria all’immissione di gas in fondo all’alimentatore prima dell’arrivo della polizia giudiziaria e
prima dell’apposizione dei sigilli di sequestro.
Una perizia però dimostrò che
quella flangia era attiva al momento dell’incidente perché su quel pezzo di
metallo furono evidenziate tracce di sangue di uno degli operai morti: anche
gli altri due operai persero la vita. Nel tentativo di scendere per prestare
soccorso al loro collega. L’inchiesta contesta i reati di omicidio colposo, rimozione
od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e una raffica di
violazioni del testo unico sulla sicurezza nei luoghi dì lavoro.
Per le norme introdotte dalla
legge 231, la Procura aveva contestato la responsabilità penale delle imprese.
Agli atti dell’inchiesta c’è la perizia di due medici, che certifica che i decessi
sono avvenuti per “ipossia severa”, e
una relazione tecnica di tre ingegneri, con la ricostruzione minuziosa e
dettagliata delle inadempienze di chi avrebbe dovuto stabilire procedure e percorsi
di sicurezza per il lavoro dei tre operai.
Nel processo sono impegnati
gli avvocati Massimo Brocca, Paolo Della
Sala, Michele Tedesco, Domenico Pigrini, Giuseppe Stellato e
Alfonso Furgiuele. Risale a poco più
di un mese fa l’altro processo con patteggiamento
relativo ad una tranche del processo “D.s.m.
Capua S.p.A”. che ha visto sei
persone condannate con pene che variano da un anno e quattro mesi a due anni di
reclusione. Tra questi, un dirigente, un ingegnere, amministratori e operai
impegnati con ditte - tra cui esterne nell’attività di manutenzione della sede della
multinazionale a Capua.
Le condanne hanno riguardato Carlo Mariani, Antonello Lodato,
Francesco Ferritto, Domenici Marano, Antonio Montebello e Andrea Di Vico.
Nello stesso procedimento, celebratosi
in un anno e mezzo, la Dsm è stata condannata a pagare una ammenda di settantamila euro. “Una superficialità incredibile” - ha definito la commissione d’inchiesta del
senato - l’incidente nello stabilimento
chimico-farmaceutico DSM di Capua, nel quale trovarono la morte tre operai, e che fu causato da “errori, mancati controlli,
pressappochismo e superficialità inammissibili”.
Così si è espresso l’ex presidente della Commissione di
inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro, Sergio Tofani, al temine di
una serie di audizioni a Capua tenute dall'organismo parlamentare appena dopo
l'incidente. “Di fronte a fatti di questo tipo, in presenza di norme specifiche
che regolamentano le procedure in questa fattispecie, mi auguro che ci siano
sentenze esemplari da parte della magistratura”, concluse Tofani .
Ed infatti per ora, i dirigenti e azionisti della Dsm Capua S.p.A. hanno cercato in tutti i modi ( vedi i
ricchissimi risarcimenti del danno ) di parare il colpo. Se ne parlerà, però,
più diffusamente il 23 novembre innanzi al Prima sezione del Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere.
PENE PATTEGGIATE PER LE TRE MORTI BIANCHE
Gli operai morti erano di S. Maria Capua Vetere, Macerata
Campania e Casoria
Arrestati sei ispettori dell’Asl di Santa Maria Capua Vetere
per -“Associazione per delinquere finalizzata alla concussione, corruzione,
rifiuto d’atti d’ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in
atti d’ufficio”.
I falsi controlli alla Dsm di Capua
Caserta ( di Ferdinando Terlizzi ) - Per quelle morti bianche i vertici della
Dsm -
come detto – hanno patteggiato la
pena. E’ stata, infatti, accolta la richiesta delle difese di Carlo Mariani, di
Napoli, dirigente; di Antonello Lodato, di Fisciano, ingegnere di processo; di
Francesco Ferritto, di Pontecorvo, preposto alla manutenzione meccanica; di
Domenico Marano, di Napoli, legale rappresentante; di Antonio Montebello, di
Capua, addetto al servizio di sicurezza, ambiente e qualità; di Andrea Di Vico,
di Maddaloni, preposto capoturno dell’impianto di fermentazione; della stessa
Dsm Capua S.p.A. in proprio come persona
giuridica.
Queste le pene: 1 anno e 8 mesi per Mariani, 2 anni per
Lodati, 2 anni per Ferritto, 1 anno e 4 mesi per Marano, 1 anno e 10 mesi per
Montebello, 2 anni per Di Vico. La Dsm condannata a pagare 70mila euro di
ammenda. Il giudice ha disposto, inoltre, l’integrale risarcimento delle parti
civili.
Giuseppe, Antonio e Vincenzo non lavoravano a Capua, erano
dipendenti di una ditta esterna, la ‘Errichiello’ di Afragola. Quel sabato
mattina erano nello stabilimento farmaceutico di Capua, sito nella zona
industriale della città. Erano andati a smontare un ponteggio intorno ad uno
dei silos presenti all’interno dello stabilimento industriale, nel settore
fermentazione. Non sapevano che nella cisterna c’era una miscela di elio e
azoto ( silos caricato il giorno prima dalla ditta Rivoira.
Si calarono senza
protezioni e morirono in pochi secondi per l’asfissia. I loro corpi vennero
rinvenuti da un collega mezz’ora più tardi, quando non c’era più nulla da fare.
Antonio Di Matteo, aveva sessantaquattro anni e per quella ditta di Afragola
lavorava da trenta anni. Viveva in via San Lorenzo nella frazione di Caturano.
L’uomo era originario del centro di Macerata, infatti assieme ai suoi genitori,
alla sorella Angela e al fratello Ferdinando per anni aveva vissuto in via
Umberto I vico II, poco distante dal Comune e dalla chiesa principale. Giuseppe
Cecere, cinquantaduenne, era originario di Santa Maria Capua Vetere, ma abitava
a Capua nelle palazzine del rione Carlo Santagata, nelle immediate vicinanze
della Dsm. Vincenzo Musso, 43 anni, viveva a Casoria.
Di Matteo e Musso si erano calati per primi in quel silos
della Dsm. Cecere aveva udito le grida dei colleghi e si era lanciato nella
cisterna per salvarli. Probabilmente perse l’equilibrio e cadde sul fondo. I
tre lavoratori in quel silos trovarono la morte.
Ma un gravissimo episodio di corruzione e falsità è stato
poi scoperto dal Procuratore Ceglie che condusse l’indagine. Sei funzionari che
aveva fatto a vario titolo controlli alla Dsm
furono arrestati e accusati di: “Associazione per delinquere finalizzata
alla concussione, corruzione, rifiuto d’atti d’ufficio e falsità ideologica
commessa da pubblico ufficiale in atti d’ufficio”.
Sono questi i reati contestati a sei ispettori dell’Asl di
Santa Maria Capua Vetere, raggiunti da
altrettanti provvedimenti di custodia cautelare. L’operazione condotta dai
Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere e Grazzanise riguarda anche alcune
persone che nell’immediato passato avevano svolto ispezioni presso la D.s.m.
Capua S.p.a. dove lo scorso 11 settembre tre operai sono morti mentre stavano
eseguendo dei lavori all’interno di un silos.
Nello specifico gli arrestati sono tre ispettori dell’Asl –
Aldo Nuzzo, Pasquale D’Amore e Donato Faraone – e tre consulenti del lavoro –
Antimo Marcello, Luigi Marcello e Francesco D’Angiolella. I sei avrebbero
falsamente attestato la sicurezza nelle fabbriche e nelle aziende di cui
dovevano controllarne l’efficienza. Le indagini sull’attività del Dipartimento
di prevenzione della Asl di Santa Maria Capua Vetere hanno avuto una svolta
decisiva, nello stesso giorno in cui fu effettuato l’esame autoptico dei tre
operai morti nello stabilimento D.S.M. di Capua. I carabinieri, su disposizione
del pm Donato Ceglie – uno dei magistrati del pool che si occupato
dell’incidente nello stabilimento chimico-farmaceutico – sequestrarono,
infatti, fascicoli nella sede della Asl, relativi, in particolare, ai controlli
sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Da lì sono emersi i reati che hanno portato alla
associazione per delinquere finalizzata
alla concussione, corruzione, rifiuto d’atti d’ufficio e falsità ideologica commessa
da pubblico ufficiale in atti d’ufficio”.
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