STORIA&COSTUME&SOCIETA'
RIAPRIAMO LE CASE CHIUSE... BREVE STORIA DELLA PROSTITUZIONE
IN ITALIA
A Sanremo,
Domenico Modugno, trionfa con “Volare”, e la Juventus vince lo scudetto. E
proprio nel settembre di quell’anno era stata decretata la chiusura dei
bordelli, in base alla legge proposta dalla senatrice del Partito Socialista,
Marisa Merlin, detta Lina. Oggi, dopo gli scandali che ogni giorno si
materializzano sulle strade italiane, per la massiccia presenza di prostitute
di ogni colore e di ogni nazione, che praticano il sesso “quasi alla luce del
giorno” pare che, per mettere riparo a questi sconci, il Parlamento voglia
riaprire le “Case chiuse”. La nuova legge italiana sulla prostituzione dovrebbe
intervenire a riformare la vecchia legge Merlin.
Proibizionisti e
regolamentaristi, fautori di case chiuse e paladini di condomini aperti,
sostenitori di “eros center” alla tedesca e simpatizzanti delle aree protette
all’olandese. Deputati e Senatori sono sempre divisi sul tema della
prostituzione. Il fenomeno è ormai nelle mani di schiavisti e sfruttatori, ma
non si riesce a venirne a capo. Dall’inizio della nuova legislatura, sono nove
le proposte di legge depositate in Parlamento. Erano 25 alla fine di quella
precedente. Nel 2003 la legge Fini-Prestigiacomo l’ha spuntata su tutte le
altre, ha dato una spallata alla Merlin, ha introdotto il divieto di
prostituzione nei luoghi pubblici ma, nello stesso tempo, ha cancellato il
reato di favoreggiamento di chi affitta un appartamento a una “lucciola”. Prima
che ci mettesse mano il centrodestra, ci avevano provato gli ex ministri
Rosetta Iervolino e Livia Turco a presentare proposte di regolamentazione, ma
nessuna è arrivata a buon fine.
Cos’erano, e com’erano, appunto i “casini” (o case chiuse) si
domanderanno i più giovani?
In Italia le case
chiuse furono introdotte nel 1860 da Camillo Benso conte di Cavour che si
ispirò alla normativa francese per le “maisons de tolèrance”. Lo Stato
incassava le tasse di concessione delle licenze agli esercenti e le imposte sui
ricavi derivanti dalla gestione di tali esercizi. Nell’agosto del 1948 la senatrice
socialista Lina Merlin, presentò un
primo disegno di legge per la loro abolizione. Per chiudere la partita sul
piano legislativo ci vollero, però, dieci anni. Una decisione dovuta anche alla
richiesta dell’Onu che chiese ai Paesi membri di cancellare ogni forma di
regolamentazione della prostituzione.
Era un sabato 20
settembre 1958 Sant’Eustachio. Allo scoccare della mezzanotte l’Italia disse
addio alle case di “tolleranza” o “chiuse” o, più semplicemente, “ai casini”.
Le cerimonie dell’addio presero il via il giorno prima. Si era diffusa la voce,
tra gli “habituées”, che come ultimo, gentile omaggio della Casa, la spettabile
clientela avrebbe potuto consumare senza pagar marchetta. Per cui ci fu una
gran ressa nei luoghi leggende, personaggi, storie e momenti di gloria (i
patriottici bordelli di retrovia durante la guerra 915/18, con le Veneri
“tarchiate” e “brunazze” che alla chiamata si presentavano avvolte nel
tricolore. Tutta roba che manteneva alto il morale della truppa).
Bene, si voltò
pagina e si decise di farlo per dare a quante volenti o nolenti imboccassero la
via del meretricio un mondo migliore. È
migliore il mondo di oggi? In Italia - come è noto - sono vietate le “Case
chiuse”, e prostituirsi è reato... e sono inoltre puniti lo sfruttamento e
l’adescamento. Il “sesso” libero però, non è punito, se si pratica in
Parlamento e nei Tribunali (vedi la scoperta di una stanza a luci rosse nel
Tribunale di Milano). Come la droga, del resto, che in Italia è vietata, mentre
è liberamente ammessa in Parlamento. Le Jene docet!
Dal 1815 al 1990,
le “Case di Tolleranza”, erano al momento della loro chiusura 560, e ospitavano
2.700 prostitute. Mi piace di più chiamarli “Bordelli”, anche in ossequio al
famoso trattato di Bernard de Mandeville, “A modest defence of pubblic stews”,
ossia: “Una modesta difesa dei pubblici bordelli”, uscito nel 1724, ed ancora
oggi attualissimo, e all’epigrafe “Non dite a mia madre che faccio il…
giornalista, mi sa pianista in un… bordello”, di Mark Twain”. Secondo un sondaggio pubblicato da “Repubblica” il
numero delle persone che si prostituiscono oscillerebbe fra 50 e 70 mila e il
65% lavorerebbe sulle strade. Il resto
negli appartamenti. Le minorenni sarebbero il 20% e le straniere (nigeriane,
albanesi, polacche, biolorusse), sarebbero circa 20 mila. Non basta. Il 10%
delle prostitute sarebbe di “proprietà” di un magnaccia talora un congiunto,
che le costringe a lavorare e riscuote mediamente ogni mese fra i 5.000 e 7.000
mila euro.
Il profilo del “cliente” tipo?
Hanno un’età
compresa tra 35 e 40 anni, lavorano, sono single e con un livello di istruzione
medio-alto. Preferiscono le ragazze dell’Est che incontrano in hotel, saune o
appartamenti, con una frequenza media di una volta ogni due mesi. Ma,
soprattutto, scelgono le donne dell’Europa orientale o le cinesi, non solo
perché costano meno delle italiane, ma perché con loro soddisfano il “bisogno
di affetto e di comprensione”.
Eccolo per la
prima volta il profilo del cliente delle prostitute straniere “trafficate”
(cioè vittime della tratta) come emerge dallo studio How much? condotto per la
Commissione europea dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla
multietnicità) con i ricercatori di “Transcrime”, Università di Trento e
Cattolica di Milano. I dati sono stati elaborati con lunghe analisi dei forum
Internet e da un questionario pubblicato online. Ma un’altra parte della
ricerca si è mossa direttamente sul campo e se il profilo del cliente risultato
qui è diverso (età tra 23 e 50 anni, sposato, con un partner regolare e uno o
più figli, livello di istruzione basso o molto basso, incontri ogni 15 giorni)
le motivazioni sono le stesse e il fattore “bisogno di affetto/comprensione”
resta ai primi posti. Dice un cliente: “Le ragazze dell’Est sono tutte
bellissime, la maggior parte bionde, alte, fatte bene, disponibili. Non fanno
le cose come una catena di montaggio un colpo e via (come accadeva nei bordelli
italiani prima della Legge Merlin: “Soldi in mano e cazzo in fessa”), anzi ti
portano a casa loro, ti fanno rilassare, ti danno un po’ di accoglienza. Mentre
le prostitute italiane tendono solo a fare i soldi e concludere alla svelta”.
Nove milioni di clienti per le prostitute
Un’altra voce, su
Internet: “Gli italiani vogliono sesso, il buon, caro, sano, vecchio sesso. E
magari anche un briciolo di affetto, vero o immaginario, che non guasta mai”.
Stesso concetto ribadito da un intervistato: “Con il sesso molti cercano anche
affetto e un rapporto con la donna in generale, spesso l’atto vero e proprio
passa in secondo piano”. Secondo il Dipartimento per le pari opportunità della
presidenza del Consiglio, in Italia sono 9 milioni i clienti delle prostitute
(che sono stimate in 70 mila, di cui più della metà straniere) con un giro d’affari
di 90 milioni di euro al mese.
Lo studio di “Transcrime”, il primo del genere in Italia, ha
cercato di dare un volto al cliente delle prostitute “trafficate” (la maggior
parte delle straniere) per capire cosa spinge gli uomini a cercare questo
mercato del sesso che si è diffuso nell’Unione Europea a partire dalla caduta
del muro di Berlino e ha ormai raggiunto dimensioni preoccupanti. A questi
clienti, così emerge dalla ricerca, non interessa la storia che è alle spalle
della prostituta violentata, che ha messo in vendita la sua anima. La loro
presidentessa: “Invece non mi sono mai sentita così e nemmeno le altre donne
che conosco e fanno questo mestiere come me. Ti metti in vendita perché hai
bisogno di denaro. Molte donne si sono liberate di un passato di lavoro, di
bassa manovalanza e ora guadagnano bene e possono permettersi uno standard di
vita che non si sarebbero neanche sognate”.
Notevole, dunque,
la distanza nel modo di percepire l’atto della prostituzione da parte
dell’opinione pubblica e da parte di chi la prostituzione la pratica per
professione. Cerchiamo, però, di distinguere le mogli dalle mulieres publicae,
le Madonne dalle Maddalene, le donne per bene dalle donne “permale”,
parafrasando Carla Corso, è una imposizione antica, tanto che in diversi luoghi
e tempi la prostituta è stata costretta a portare visibili segni di
riconoscimento. Tuttavia finche’ la meretrice è stata una figura sociale
istituzionalizzata, la donna di piacere cui spettava il soddisfacimento delle
fantasie maschili, il suo valore sociale era socialmente accettato,
riconosciuto, giustificato. Chi andava con una “meretrix” non commetteva
peccato di fornicazione poiché a questo era adibita.
Ma con la
diffusione della sifilide da un lato e del cattolicesimo dall’altro, la
prostituta è diventata la puttana; donna di malaffare, “mala” femmina. Nel 1895
Lombroso scrive: “le caratteristiche fisiche e morali del delinquente,
appartengono allo stesso modo alla prostituta e vi è una grande concordanza tra
le due categorie, entrambi i fenomeni originano dall’ozio, dalla miseria e
soprattutto dall’alcolismo. Prostituta uguale immoralità, dunque e, in un
periodo in cui si andava consolidando l’ordine borghese, anche prostituta come
simbolo delle classi pericolose, della devianza, della marginalità, della
malattia. Ma non solo: la meretrice
diviene nella concezione cattolica la donna da salvare, la sfida della pietà
cristiana, la Maddalena da far pentire e recuperare. Questa visione demoniaca
si è cristallizzata nel tempo fino a creare i pregiudizi tuttora diffusi
nell’immaginario collettivo, la cui esistenza viene legittimata da un falso
interesse per le prostitute e la loro dignità e da una reale paura di un
contagio di immoralità (e non solo) a tutta la società. Oggi non è più
socialmente accettabile che un uomo vada a prostitute ed è scomparsa la loro
funzione, fino a pochi anni fa assai diffusa, di iniziare i giovani
all’attività sessuale.
La prostituta è
disprezzata anche da chi, in realtà, la prostituzione la crea. In una inchiesta
svolta dal Censis, sul comportamento sessuale degli italiani,
solo l’8,7% degli uomini ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali con
prostitute. Ma molto del disprezzo e del rifiuto per la prostituzione da parte
degli uomini è solo di facciata: una copertura ipocrita di fronte alle mogli e
ai conoscenti, una moralità di plastica dietro la quale si cela una attrazione
per il proibito e per il sesso sporco, il desiderio di esprimere o confermare
la propria virilità. O più semplicemente la ricerca di un contatto umano che
offra quello che la vita a molti non dà. “È raro, infatti, che il cliente
cerchi “la copia” di una classica marchetta senza sentimento”.
E le prostitute?
Cosa pensano di loro? La percezione soggettiva di chi vende il proprio corpo è
quella di trovarsi in una situazione di netta preminenza nei confronti del
cliente: la prostituta può, infatti, manifestare orgoglio per la professione
praticata ed essere stimolata e motivata nel lavoro dal denaro e dal forte
senso di potere che prova sui clienti. Come in qualunque altro vuole.
A settembre 2007, la moglie di Clemente Mastella, Sandra
Lonardo, presidente del Consiglio Regionale della Campania, ha prospettato la
possibilità della istituzione di quartieri a “luci rosse” onde evitare il
disgustoso spettacolo per le strade. Dal canto suo la Daniela Santanchè, (sia
“Nutella” che la Santanchè avrebbero avuto certamente più “clienti” che
“elettori” se avessero frequentato i postriboli ma, vista l’ultima “infornata”
ritengo ci sia poca differenza tra i casini e il parlamento), ha lanciato con
la destra di Storace, un referendum per abrogare la legge Merlin: “Il primo
vero obiettivo di questa iniziativa - ha detto - è quello di togliere una volta
per tutte le prostitute dalle strade”.
In molti paesi la prostituzione è legale
Nel mondo, invece, c’è chi la vieta, chi la tollera, e chi
ha deciso che è legale. In Austria per esempio l’esercizio della prostituzione
è consentito nelle case ed è tollerato per le strade. In Belgio, invece, sono
proibite le “case chiuse”, lo sfruttamento e l’adescamento, mentre sono
tollerati i clubs e le “vetrine” sulle strade. In Bulgaria sono vietati lo
sfruttamento e l’induzione alla prostituzione. In Francia sono proibite le
“Case chiuse”, ma non la prostituzione per le strade. In Germania, società “avveneristica” ed
aperta, il sesso a pagamento è considerato un lavoro a pieno titolo, e dal
2002, le “Case chiuse” sono legali. Ma nel 2008, per tutelare le ragazze dell’Est
vittime del racket, è stato emanato un provvedimento di legge che prevede 10
anni di carcere per i clienti delle schiave del sesso. In parole povere, prima
di avere il contatto carnale il cliente deve sapere se la donna è libera di
fare sesso o è vittima del racket della prostituzione.
In Grecia le prostitute devono iscriversi
in apposito registro e passano regolari visite mediche. Un poco com’era prima
il regime dei bordelli in Italia. Le loro “prestazioni” sono addirittura
soggette all’Iva. In Irlanda, invece, la prostituzione è reato e i clienti e
chi la pratica rischiano multe e carcere.
In Olanda la prostituzione è legale e per praticarla è sufficiente
essere maggiorenni. Le prostitute sono considerate lavoratrici autonome. Ci
sono però zone adibite alla prostituzione per le strade. Per i bordelli ci
vuole una autorizzazione Statale. Nel Regno Unito la prostituzione non è
reato. Sono vietati lo sfruttamento e
l’adescamento nei luoghi pubblici. Nella Repubblica Ceca le “Case chiuse” sono
vietate per legge, ma tollerate di fatto (perciò si chiamano in tutto il mondo
anche “Case di tolleranza”). È punito lo sfruttamento. In Romania la prostituzione è illegale, un
accordo con l’Austria vieta alle donne rumene di esercitarlo in quel paese. Dal
1995 in Spagna la prostituzione è legale. È punito, però, lo sfruttamento. Non
esistono bordelli autorizzati ma esistono locali “tollerati” che si chiamano
“Puti-Club” all’interno dei quali le ragazze si vendono. In Svezia la legge punisce i clienti con ammende
e carcere. Sono inoltre perseguiti gli sfruttatori i proprietari e gli
affittuari di “Case chiuse”. In Ungheria, infine, la prostituzione è legale dal
1992. Chi la pratica, però, deve sottoporsi a controlli medici. È punito lo
sfruttamento.
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