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domenica 18 agosto 2013

RIAPRIAMO I CASINI....

  
STORIA&COSTUME&SOCIETA' 
RIAPRIAMO LE CASE CHIUSE... BREVE STORIA DELLA PROSTITUZIONE 
IN ITALIA 





   A Sanremo, Domenico Modugno, trionfa con “Volare”, e la Juventus vince lo scudetto. E proprio nel settembre di quell’anno era stata decretata la chiusura dei bordelli, in base alla legge proposta dalla senatrice del Partito Socialista, Marisa Merlin, detta Lina. Oggi, dopo gli scandali che ogni giorno si materializzano sulle strade italiane, per la massiccia presenza di prostitute di ogni colore e di ogni nazione, che praticano il sesso “quasi alla luce del giorno” pare che, per mettere riparo a questi sconci, il Parlamento voglia riaprire le “Case chiuse”. La nuova legge italiana sulla prostituzione dovrebbe intervenire a riformare la vecchia legge Merlin.
      Proibizionisti e regolamentaristi, fautori di case chiuse e paladini di condomini aperti, sostenitori di “eros center” alla tedesca e simpatizzanti delle aree protette all’olandese. Deputati e Senatori sono sempre divisi sul tema della prostituzione. Il fenomeno è ormai nelle mani di schiavisti e sfruttatori, ma non si riesce a venirne a capo. Dall’inizio della nuova legislatura, sono nove le proposte di legge depositate in Parlamento. Erano 25 alla fine di quella precedente. Nel 2003 la legge Fini-Prestigiacomo l’ha spuntata su tutte le altre, ha dato una spallata alla Merlin, ha introdotto il divieto di prostituzione nei luoghi pubblici ma, nello stesso tempo, ha cancellato il reato di favoreggiamento di chi affitta un appartamento a una “lucciola”. Prima che ci mettesse mano il centrodestra, ci avevano provato gli ex ministri Rosetta Iervolino e Livia Turco a presentare proposte di regolamentazione, ma nessuna è arrivata a buon fine.  Cos’erano, e com’erano, appunto i “casini” (o case chiuse) si domanderanno i più giovani? 


     In Italia le case chiuse furono introdotte nel 1860 da Camillo Benso conte di Cavour che si ispirò alla normativa francese per le “maisons de tolèrance”. Lo Stato incassava le tasse di concessione delle licenze agli esercenti e le imposte sui ricavi derivanti dalla gestione di tali esercizi. Nell’agosto del 1948 la senatrice socialista Lina Merlin,  presentò un primo disegno di legge per la loro abolizione. Per chiudere la partita sul piano legislativo ci vollero, però, dieci anni. Una decisione dovuta anche alla richiesta dell’Onu che chiese ai Paesi membri di cancellare ogni forma di regolamentazione della prostituzione.
     Era un sabato 20 settembre 1958 Sant’Eustachio. Allo scoccare della mezzanotte l’Italia disse addio alle case di “tolleranza” o “chiuse” o, più semplicemente, “ai casini”. Le cerimonie dell’addio presero il via il giorno prima. Si era diffusa la voce, tra gli “habituées”, che come ultimo, gentile omaggio della Casa, la spettabile clientela avrebbe potuto consumare senza pagar marchetta. Per cui ci fu una gran ressa nei luoghi leggende, personaggi, storie e momenti di gloria (i patriottici bordelli di retrovia durante la guerra 915/18, con le Veneri “tarchiate” e “brunazze” che alla chiamata si presentavano avvolte nel tricolore. Tutta roba che manteneva alto il morale della truppa).
     Bene, si voltò pagina e si decise di farlo per dare a quante volenti o nolenti imboccassero la via del meretricio un mondo migliore.  È migliore il mondo di oggi? In Italia - come è noto - sono vietate le “Case chiuse”, e prostituirsi è reato... e sono inoltre puniti lo sfruttamento e l’adescamento. Il “sesso” libero però, non è punito, se si pratica in Parlamento e nei Tribunali (vedi la scoperta di una stanza a luci rosse nel Tribunale di Milano). Come la droga, del resto, che in Italia è vietata, mentre è liberamente ammessa in Parlamento. Le Jene docet!

     Dal 1815 al 1990, le “Case di Tolleranza”, erano al momento della loro chiusura 560, e ospitavano 2.700 prostitute. Mi piace di più chiamarli “Bordelli”, anche in ossequio al famoso trattato di Bernard de Mandeville, “A modest defence of pubblic stews”, ossia: “Una modesta difesa dei pubblici bordelli”, uscito nel 1724, ed ancora oggi attualissimo, e all’epigrafe “Non dite a mia madre che faccio il… giornalista, mi sa pianista in un… bordello”, di Mark Twain”. Secondo un  sondaggio pubblicato da “Repubblica” il numero delle persone che si prostituiscono oscillerebbe fra 50 e 70 mila e il 65% lavorerebbe sulle strade.  Il resto negli appartamenti. Le minorenni sarebbero il 20% e le straniere (nigeriane, albanesi, polacche, biolorusse), sarebbero circa 20 mila. Non basta. Il 10% delle prostitute sarebbe di “proprietà” di un magnaccia talora un congiunto, che le costringe a lavorare e riscuote mediamente ogni mese fra i 5.000 e 7.000 mila euro.
Il profilo del “cliente” tipo?
     Hanno un’età compresa tra 35 e 40 anni, lavorano, sono single e con un livello di istruzione medio-alto. Preferiscono le ragazze dell’Est che incontrano in hotel, saune o appartamenti, con una frequenza media di una volta ogni due mesi. Ma, soprattutto, scelgono le donne dell’Europa orientale o le cinesi, non solo perché costano meno delle italiane, ma perché con loro soddisfano il “bisogno di affetto e di comprensione”.
     Eccolo per la prima volta il profilo del cliente delle prostitute straniere “trafficate” (cioè vittime della tratta) come emerge dallo studio How much? condotto per la Commissione europea dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) con i ricercatori di “Transcrime”, Università di Trento e Cattolica di Milano. I dati sono stati elaborati con lunghe analisi dei forum Internet e da un questionario pubblicato online. Ma un’altra parte della ricerca si è mossa direttamente sul campo e se il profilo del cliente risultato qui è diverso (età tra 23 e 50 anni, sposato, con un partner regolare e uno o più figli, livello di istruzione basso o molto basso, incontri ogni 15 giorni) le motivazioni sono le stesse e il fattore “bisogno di affetto/comprensione” resta ai primi posti. Dice un cliente: “Le ragazze dell’Est sono tutte bellissime, la maggior parte bionde, alte, fatte bene, disponibili. Non fanno le cose come una catena di montaggio un colpo e via (come accadeva nei bordelli italiani prima della Legge Merlin: “Soldi in mano e cazzo in fessa”), anzi ti portano a casa loro, ti fanno rilassare, ti danno un po’ di accoglienza. Mentre le prostitute italiane tendono solo a fare i soldi e concludere alla svelta”.

Nove milioni di clienti per le prostitute
     Un’altra voce, su Internet: “Gli italiani vogliono sesso, il buon, caro, sano, vecchio sesso. E magari anche un briciolo di affetto, vero o immaginario, che non guasta mai”. Stesso concetto ribadito da un intervistato: “Con il sesso molti cercano anche affetto e un rapporto con la donna in generale, spesso l’atto vero e proprio passa in secondo piano”. Secondo il Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio, in Italia sono 9 milioni i clienti delle prostitute (che sono stimate in 70 mila, di cui più della metà straniere) con un giro d’affari di 90 milioni di euro al mese.
Lo studio di “Transcrime”, il primo del genere in Italia, ha cercato di dare un volto al cliente delle prostitute “trafficate” (la maggior parte delle straniere) per capire cosa spinge gli uomini a cercare questo mercato del sesso che si è diffuso nell’Unione Europea a partire dalla caduta del muro di Berlino e ha ormai raggiunto dimensioni preoccupanti. A questi clienti, così emerge dalla ricerca, non interessa la storia che è alle spalle della prostituta violentata, che ha messo in vendita la sua anima. La loro presidentessa: “Invece non mi sono mai sentita così e nemmeno le altre donne che conosco e fanno questo mestiere come me. Ti metti in vendita perché hai bisogno di denaro. Molte donne si sono liberate di un passato di lavoro, di bassa manovalanza e ora guadagnano bene e possono permettersi uno standard di vita che non si sarebbero neanche sognate”.
     Notevole, dunque, la distanza nel modo di percepire l’atto della prostituzione da parte dell’opinione pubblica e da parte di chi la prostituzione la pratica per professione. Cerchiamo, però, di distinguere le mogli dalle mulieres publicae, le Madonne dalle Maddalene, le donne per bene dalle donne “permale”, parafrasando Carla Corso, è una imposizione antica, tanto che in diversi luoghi e tempi la prostituta è stata costretta a portare visibili segni di riconoscimento. Tuttavia finche’ la meretrice è stata una figura sociale istituzionalizzata, la donna di piacere cui spettava il soddisfacimento delle fantasie maschili, il suo valore sociale era socialmente accettato, riconosciuto, giustificato. Chi andava con una “meretrix” non commetteva peccato di fornicazione poiché a questo era adibita.
     Ma con la diffusione della sifilide da un lato e del cattolicesimo dall’altro, la prostituta è diventata la puttana; donna di malaffare, “mala” femmina. Nel 1895 Lombroso scrive: “le caratteristiche fisiche e morali del delinquente, appartengono allo stesso modo alla prostituta e vi è una grande concordanza tra le due categorie, entrambi i fenomeni originano dall’ozio, dalla miseria e soprattutto dall’alcolismo. Prostituta uguale immoralità, dunque e, in un periodo in cui si andava consolidando l’ordine borghese, anche prostituta come simbolo delle classi pericolose, della devianza, della marginalità, della malattia.  Ma non solo: la meretrice diviene nella concezione cattolica la donna da salvare, la sfida della pietà cristiana, la Maddalena da far pentire e recuperare. Questa visione demoniaca si è cristallizzata nel tempo fino a creare i pregiudizi tuttora diffusi nell’immaginario collettivo, la cui esistenza viene legittimata da un falso interesse per le prostitute e la loro dignità e da una reale paura di un contagio di immoralità (e non solo) a tutta la società. Oggi non è più socialmente accettabile che un uomo vada a prostitute ed è scomparsa la loro funzione, fino a pochi anni fa assai diffusa, di iniziare i giovani all’attività sessuale.
      La prostituta è disprezzata anche da chi, in realtà, la prostituzione la crea. In una inchiesta svolta  dal Censis,  sul comportamento sessuale degli italiani, solo l’8,7% degli uomini ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali con prostitute. Ma molto del disprezzo e del rifiuto per la prostituzione da parte degli uomini è solo di facciata: una copertura ipocrita di fronte alle mogli e ai conoscenti, una moralità di plastica dietro la quale si cela una attrazione per il proibito e per il sesso sporco, il desiderio di esprimere o confermare la propria virilità. O più semplicemente la ricerca di un contatto umano che offra quello che la vita a molti non dà. “È raro, infatti, che il cliente cerchi “la copia” di una classica marchetta senza sentimento”.  
     E le prostitute? Cosa pensano di loro? La percezione soggettiva di chi vende il proprio corpo è quella di trovarsi in una situazione di netta preminenza nei confronti del cliente: la prostituta può, infatti, manifestare orgoglio per la professione praticata ed essere stimolata e motivata nel lavoro dal denaro e dal forte senso di potere che prova sui clienti. Come in qualunque altro vuole.
A settembre 2007, la moglie di Clemente Mastella, Sandra Lonardo, presidente del Consiglio Regionale della Campania, ha prospettato la possibilità della istituzione di quartieri a “luci rosse” onde evitare il disgustoso spettacolo per le strade. Dal canto suo la Daniela Santanchè, (sia “Nutella” che la Santanchè avrebbero avuto certamente più “clienti” che “elettori” se avessero frequentato i postriboli ma, vista l’ultima “infornata” ritengo ci sia poca differenza tra i casini e il parlamento), ha lanciato con la destra di Storace, un referendum per abrogare la legge Merlin: “Il primo vero obiettivo di questa iniziativa - ha detto - è quello di togliere una volta per tutte le prostitute dalle strade”.
In molti paesi la prostituzione è legale
Nel mondo, invece, c’è chi la vieta, chi la tollera, e chi ha deciso che è legale. In Austria per esempio l’esercizio della prostituzione è consentito nelle case ed è tollerato per le strade. In Belgio, invece, sono proibite le “case chiuse”, lo sfruttamento e l’adescamento, mentre sono tollerati i clubs e le “vetrine” sulle strade. In Bulgaria sono vietati lo sfruttamento e l’induzione alla prostituzione. In Francia sono proibite le “Case chiuse”, ma non la prostituzione per le strade.  In Germania, società “avveneristica” ed aperta, il sesso a pagamento è considerato un lavoro a pieno titolo, e dal 2002, le “Case chiuse” sono legali. Ma nel 2008, per tutelare le ragazze dell’Est vittime del racket, è stato emanato un provvedimento di legge che prevede 10 anni di carcere per i clienti delle schiave del sesso. In parole povere, prima di avere il contatto carnale il cliente deve sapere se la donna è libera di fare sesso o è vittima del racket della prostituzione.
     In Grecia le prostitute devono iscriversi in apposito registro e passano regolari visite mediche. Un poco com’era prima il regime dei bordelli in Italia. Le loro “prestazioni” sono addirittura soggette all’Iva. In Irlanda, invece, la prostituzione è reato e i clienti e chi la pratica rischiano multe e carcere.  In Olanda la prostituzione è legale e per praticarla è sufficiente essere maggiorenni. Le prostitute sono considerate lavoratrici autonome. Ci sono però zone adibite alla prostituzione per le strade. Per i bordelli ci vuole una autorizzazione Statale. Nel Regno Unito la prostituzione non è reato.  Sono vietati lo sfruttamento e l’adescamento nei luoghi pubblici. Nella Repubblica Ceca le “Case chiuse” sono vietate per legge, ma tollerate di fatto (perciò si chiamano in tutto il mondo anche “Case di tolleranza”). È punito lo sfruttamento.  In Romania la prostituzione è illegale, un accordo con l’Austria vieta alle donne rumene di esercitarlo in quel paese. Dal 1995 in Spagna la prostituzione è legale. È punito, però, lo sfruttamento. Non esistono bordelli autorizzati ma esistono locali “tollerati” che si chiamano “Puti-Club” all’interno dei quali le ragazze si vendono.  In Svezia la legge punisce i clienti con ammende e carcere. Sono inoltre perseguiti gli sfruttatori i proprietari e gli affittuari di “Case chiuse”. In Ungheria, infine, la prostituzione è legale dal 1992. Chi la pratica, però, deve sottoporsi a controlli medici. È punito lo sfruttamento.


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