A Castelvolturno nel dicembre del 1958
Chiarina
D’Avanzo, la moglie, ritenuta
mandante del delitto e condannata
all’ergastolo con gli esecutori. Tutti assolti in appello. Un delitto misterioso dopo 50 anni e’ ancora senza movente e senza
colpevole. Un “giallo” della “nera” dai risvolti inquietanti che non si e mai
chiarito come il rapimento del figlio di
Vincenzo Coppola. Una Castelvolturno piena
di misteri.
Nel
processo furono impegnati gli avvocati Giuseppe Marrocco ( parte civile ) Ciro Maffuccini, Alfonso Martucci, Francesco
Lugnano e Giuseppe Garofalo.
Castelvolturno - Castelvolturno non è stata soltanto la città di “Black
Gomorra”, la strage di Giuseppe
Setola ( avvenuta il 18 settembre del nel 2008 dove furono uccisi sei
africani); quella di un sindaco, il
magistrato Francesco Nuzzo, ( falso e abuso, in due casi di concussione), intercettato anche per le sue profferte amorose ad una povera
crista; non è soltanto il luogo dell’abbattimento delle Torri abusive, e non è neppure il villaggio di “Culured&Droga”,( descritto in molti
film ), o il luogo del rapimento del figlio di Vincenzo Coppola, (gestito da “Volpe
Rossa” e rilasciato dopo un anno di
prigionia, nel 1981 e dopo il pagamento di ben sette miliardi delle vecchie
lire). Non è neppure lo scenario dell’assassinio
del cognato dell’Olimpionico Oreste
Scalzone, il direttore dell’Azienda Agricola Dotoli, freddato con tre schioppettate alle
spalle, per aver sedotto la figlia del
fattore; ma è il luogo addirittura
dell’assassinio di un sindaco e di mille
altre nefandezze.
Ma è anche la città dove nel 1969, è avvenuta una rivolta popolare, con incendio del municipio, arresti, saccheggiamenti e vendette trasversali… con l’assassinio del
giovane Oreste Traetto… ma nulla e’ cambiato. Anzi oggi è peggio. Il
tutto ampiamente documentato in vari saggi.
Il primo: “Inchiesta su un comune meridionale: Castelvolturno”, di Aldo De Jago, (Editori Riuniti -1972, che riporta i moti
popolari); il secondo quello dell’ex sindaco Mario
Luise, (Il Fiume narrante: Vita e
Mito alla foce del Volturno – Edizioni Frammenti – Stampa Sud 2009, che parla della vicenda politica del
paese ); e il terzo quello del collega Antonio Piscitelli: “La Provincia è di
Sua Eccellenza”, Edizioni Tipografiche Anselmi, 1980; che narra degli abusi per
la costruzione del Villaggio Coppola. I
tre lavori letterari mettono a nudo la
realtà di un comune, tanto discusso
allora come oggi, e teatro incolpevole
di tetri misfatti. I più “anziani” ricorderanno che poi fece la eco un altro
interessante “pamphlet”, di Silvio
Bertocci: “Dossier Baia Domizia: uno scandalo democristiano, edizioni Boria
– 1977 ( di cui ci occuperemo in un
prossimo servizio ), narrando gli
arresti eccellenti, il coinvolgimento dell’intero consiglio comunale dell’epoca
di Sessa Aurunca, corrotto con “busterelle”
dall’Aurunca Litora, la società padovana che lottizzò “Baia Domizia”,
recapitate nottetempo da un ex maresciallo dei carabinieri.
Ci occupiamo oggi, in questa puntata del nostro “excursus
estivo”, che ci vede rievocare i delitti più efferati, di un
delitto misterioso il quale, dopo
50 anni, e’ ancora senza movente e senza
colpevole. Si tratta dell’uccisione di Arturo Noviello, sindaco Dc di Castelvolturno, capo di una potente famiglia di imprenditori
benestanti, ( un figlio l’Ing. Giuseppe Noviello, ha costruito a S. Maria C.V. e Caserta interi
parchi e tra l’altro era il proprietario-costruttore dell’Hotel Europa in via
Roma di Caserta ), avvenuta il 17
dicembre del 1958, colpito alle spalle,
con una gragnuola di pallettoni, mentre era seduto nel salotto della sua
abitazione. Un “giallo” della “nera” che tenne banco nel 1958 e che appassionò
investigatori ed inquirenti e che passò al vaglio della magistratura, nei suoi tre gradi di giudizio, che,
tuttavia, non dipanarono la matassa.
Avvocato Alfonso Martucci |
Ma, nello stesso tempo,
fu il solito “polverone” sollevato da indagini affrettate e portate a
termine da suggerimenti politici o dalla spinta della emotività. Una famiglia
distrutta nel fisico e nel morale che perse il capostipite mandato in modo
tragico al cimitero e vide la moglie Chiarina D’Avanzo, tratta in arresto e
sospettata dell’atroce delitto, con una
motivazione assurda… “perché era stata privata di parte dell’eredità”.
La solita stupida indagine delle autorità
competenti ( non si è mai capito competenti di che cosa?) che all’epoca fu portata avanti dal
comandante della Squadra di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di
S. Maria C.V. Brig. Aniello Romanucci,
un carabiniere ( che io ho conosciuto ) dai modi sbrigativi e rozzi ( come
quelli del maresciallo della P.S. Vincenzo
Iannetti) metodi polizieschi e staliniani: “O confessi o ti arresto”…
ma devi confessare anche quello che non hai fatto… perché il sistema era
consolidato: patate bollenti in mezzo alle gambe, ingurgito di acqua con
l’imbuto, botte ai fianchi, dove non si
formano ecchimosi, sigarette spente sui
glutei, una tortura insomma… nella
migliore tradizione di polizia e carabinieri, per fortuna di altri tempi.
Sen. Avv. Francesco Lugnano |
E’ proprio il caso di questo omicidio e di questa indagine, dove si arrestano cittadini accusati di
delitti orrendi, che sotto la tortura della polizia e dei carabinieri
confessano un delitto che non hanno commesso, ma poi, inesorabilmente la giustizia ( quella, vera,
quella amministrata da magistrati che non subiscono il fascino delle sirene
della politica, dell’emozione popolare, e spesso della spinta liberticida e forcaiola dei
pubblici ministeri ) fa il suo corso.
Tutti gli arrestati saranno liberati e
assolti. Ma con quale danno sulle loro vite? Come si riprenderanno dopo anni di
galera? E quali risarcimenti – per ingiusta detenzione – darà lo Stato, considerato
che negli ultimi tempi anche imputati che hanno visto accolte le loro
doglianze sono rimasti all’asciutto in quanto in Ministero della Giustizia per
tali risarcimenti non ha fondi? Un
mistero, come il delitto che stiamo trattando.
Avvocato Giuseppe Marrocco |
Ma vediamo come andarono i fatti, per la vicenda del delitto del sindaco di
Castelvolturno, riportandoci alle
cronache e ai documenti del tempo. Il
Brig. Aniello Romanucci, della Squadra di Polizia Giudiziaria della
Procura della Repubblica del Tribunale di S. Maria C.V. delegato a tanto dal
maggiore Vincenzo Pallisco, comandante
del Gruppo di Caserta e dal Capitano Giovanni
Ruffo, comandante della Compagnia
carabinieri, dopo “accurate” indagini
trasse in arresto il fattore Antonio Fargnoli e il contadino Nicola Grieco – ritenuti esecutori materiali dell’efferato delitto
– su mandato specifico della moglie del sindaco Chiarina D’Avanzo.
Vincendo il “ferreo
cerchio di omertà” che ancora esiste in quella plaga dei Mazzoni, il “bravissimo” sottufficiale arrivava alla
conclusione che la vedova aveva ordinato il delitto perché estromessa dall’asse
ereditario; il contadino perché covava
rancore nei confronti di Arturo Noviello,
perché allorquando era sindaco aveva negato la sua assunzione al
Municipio; e l’altro assassino, si era visto negato la rettifica di un confino
di terreno. Questi “moventi” erano sufficienti per i carabinieri e gli
inquirenti dell’epoca, per mandare alla
forca il terzetto o quantomeno all’ergastolo. Per fortuna non fu così. Ma ci
tentarono – come spesso ci tentano oggi – specialmente in Corte di Assise –
quando il P.M. chiede l’ergastolo e la Corte poi assolve…
Ma ci
interroghiamo – perplessi – come
si può essere condannati al carcere a vita o assolti con le stesse prove? Come fanno a guardare in faccia i propri figli
quei pubblici ministeri ( e ce ne sono!
) che chiedono l’ergastolo ( solo per far uscire il loro nome sui
giornali, quello che gli esperti
chiamano effetto “Barnum”), sapendo che
non vi è certezza della colpevolezza?
Nel corso del prosieguo delle indagini –
raccontano le cronache dell’epoca -
“mentre il Fargnoli ha pienamente confessato ( sotto tortura aggiungiamo
noi ) il truce assassinio, narrandone
con raccapricciante cinismo i più minuti particolari, sia la D’Avanzo che il Grieco, continuano a protestare la loro innocenza, dicendosi vittime di una
trama infernale ordita ai loro danni”. Ed erano veramente innocenti ma corsero
il rischio di passare il resto della loro vita all’ergastolo, grazie alle
“diligenti” indagini dei carabinieri.
“Dalle indagini medesime – aggiunge il
cronista – “è stato rilevato che il motivo che spinse la D’Avanzo a far
uccidere il marito fu determinato da un avido desiderio di venire presto in
possesso della sua parte di eredità”. La “brillante” operazione si è conclusa
con il sequestro del fucile da caccia che il 17 dicembre del 1958 freddò Arturo
Noviello nella sua abitazione.
Ma che senso aveva ipotizzare un movente
“per eredità” e uccidere un uomo quasi
settantenne? La D’Avanzo era la moglie e quindi erede legittima. Che ne avrebbe
potuto fare, di un grosso
patrimonio, tutti terreni e fabbricati?
Ma si sa, la mente ( perversa ) di un investigatore, pur di dimostrare la
fondatezza delle sue tesi oltrepassa
ogni logica… deduzione! Ed a volte tre indizi ( falsi) costituiscono una prova
( vera). Ne è esplicativo il proverbio napoletano “ciente niente accirettere nu
ciuccio”.
A conclusione dell’indagine furono tratti
in arresto la D’Avanzo, Fargnoli e Grieco e denunciati per omicidio aggravato
dalla premeditazione. Mentre Vincenza
Borrozzino, una donna amica della D’Avanzo,
per complicità nel delitto, e
invece, gli assessori Michele
Piazza e Adolfo Morrone per
favoreggiamento.
Rinviati a giudizio della Corte di Assise
del Tribunale di S. Maria C.V.,
Chiarina D’Avanzo e Antonio Fargnoli
furono condannati all’ergastolo. Il
Grieco, Piazza, Borrozzino e Morrone,
tutti assolti per
insufficienza di prove. Nel processo furono impegnati gli avvocati Giuseppe Marrocco ( parte civile ) Ciro
Maffuccini, Alfonso Martucci, Francesco Lugnano e Giuseppe Garofalo.
Celebratosi il processo d’appello fu
totalmente ribaltata la situazione ( come del resto per il processo agli assassini
del sindacalista siciliano Salvatore Carnevale, celebratosi a
Santa Maria per legittima suspicione: 4 campieri siciliani condannati
all’ergastolo a S. Maria C.V. furono assolti a Napoli ). I giudici della Corte d’Assise d’Appello,
dopo sei ore di camera di
consiglio, assolsero, per insufficienza
di prove, Chiara D'Avanzo e Antonio Fargnoli, entrambi condannati alla pena
dell’ergastolo in primo grado, per l’uccisione
di Arturo Noviello, marito della donna,
ex-sindaco di Castelvolturno.
I giudici di appello confermarono
inoltre l’assoluzione, per insufficienza
di prove di Nicola Grieco, Vincenza Barrozzino
e Adolfo Morrone, per non aver commesso il fatto. Nel giudizio d’appello, il P.
M. aveva chiesto nuovamente la pena
dell’ergastolo per la D’Avanzo, per il Fargnoli e per il Grieco; per la
Barrozzino, 22 anni di reclusione, per il Morrone due anni di reclusione. Ma
nell’aula della Corte di Assise, sia di
Napoli che di S. Maria aleggiava il sospetto che ad uccidere Arturo
Noviello, con una schioppettata partita
dalla finestra della cucina, era stato
un famigliare… si disse un figlio! Mistero.
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