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domenica 8 marzo 2015


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"La Voce delle Voci". Il giudice assegna al querelante i fondi per l'editoria. Clamorosa decisione a Roma per il mensile condannato per diffamazione a versare un risarcimento. "È un grave precedente" dicono i giornalisti del periodico.






7.3.2015 - Il 3 marzo scorso il giudice delle esecuzioni mobiliari del Tribunale di Roma, Francesca Girone, a parziale copertura di un risarcimento danni dell'importo di circa centomila euro per diffamazione a mezzo stampa, ha assegnato alla persona danneggiata, la signora Annita Zinni, la riscossione di 21mila euro di fondi pubblici destinati al mensile d’inchiesta “La Voce delle Voci” in base alla legge 250/90 che prevede sovvenzioni a favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici costituite in forma cooperativa o controllate da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro. Attualmente la somma è pignorata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.


Il legale della Voce, avvocato Michele Bonetti, si era opposto affermando che quelli sequestrati sono fondi pubblici che lo Stato eroga per garantire un bene comune prezioso: il diritto ad essere informati andando oltre ciò che diffondono le veline dei Palazzi.


Il pignoramento delle somme era stato disposto dopo la condanna del mensile nel giudizio di primo grado per il contenuto ritenuto diffamatorio di un articolo, pubblicato nel 2008 dalla Voce delle Voci, che attribuiva alla querelante comportamenti scorretti a favore del leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro e di suoi familiari pubblicato. La condanna ha già determinato il pignoramento della testata e dei beni personali dei giornalisti e degli editori della Voce della Campania e, di conseguenza la cessazione delle pubblicazioni.


"Contro La Voce delle Voci - ha commentato con amarezza il giornalista Andrea Cinquegrani, direttore del mensile - è stato commesso atto di killeraggio in piena regola. A marzo del 2007 la Voce era stato il primo ed unico giornale a portare alla luce le questioni delle compravendite immobiliari dell’ex pm Antonio Di Pietro, le stesse vicende che qualche anno dopo, riprese da Report in un servizio televisivo diffuso al grande pubblico, avrebbero determinato la fine di Italia dei Valori". Secondo Cinquegrani, "Di Pietro non ha potuto vendicarsi contro il gigante Rai, ma ha fatto chiudere la Voce".


"Questa vicenda giudiziaria è allucinante - ha affermato il condirettore della Voce, la giornalista Rita Pennarola - e costituisce un precedente gravissimo per la stampa italiana. Sentenze come questa segnano la fine del giornalismo. Ormai sono storia quotidiana le cosiddette tentate estorsioni a mezzo stampa, del tipo: 'paga o ti sparo una citazione milionaria', rese possibili dall’effetto intimidatorio di una giustizia, qual è quella italiana, che di civile non ha più nulla. Dobbiamo ringraziare anche gente come Antonio Di Pietro o come il giudice Marasca (il magistrato che il 25 marzo del 2013 accolse le richieste della Zinni e condannò la Voce al maxi risarcimento, ndr) se l’Italia è precipitata in fondo alla classifica di Reporter sans Frontières. Altro che responsabilità civile dei magistrati…".


Ossigeno per l'Informazione rinnova la solidarietà ai giornalisti della Voce delle Voci di fronte all'esecuzione di una sentenza che conferma il carattere punitivo della legislazione italiana in materia di diffamazione a mezzo stampa. In proposito già il 14 aprile 2014 il direttore di Ossigeno, Alberto Spampinato, aveva dichiarato: "La sentenza di Sulmona punisce l’errore con un risarcimento che appare elevato rispetto alle dimensioni della testata e alle capacità economica dei condannati. I pignoramenti eseguiti in conseguenza della sentenza mostrano l’assenza di proporzionalità delle pene e dei risarcimenti che si possono comminare a giornalisti ed editori. La mancata commisurazione delle sanzioni e dei risarcimenti alle capacità economiche dei condannati è stata segnalata da tutte le istituzioni europee come uno dei più gravi difetti della legislazione italiana. Una mancanza di proporzionalità analoga consentirebbe di escludere per sempre dai campi di calcio il calciatore che ha commesso un fallo, e tutta la sua squadra. La magistratura deve impedire le conseguenze ultronee delle sue sentenze. Parlamento e Governo devono correggere senza ulteriori indugi le norme sulla diffamazione (che tuttora prevedono il carcere per i giornalisti) per evitare che esse limitino il diritto di informare e di essere informati. Se  un giornalista e il suo giornale devono mettere in palio  tutto ciò possiedono, e anche la possibilità di proseguire la loro attività, ogni volta che pubblicano una notizia controversa, in questo paese non c’è più spazio per l’informazione giornalistica".


ASP- Per informazioni segreteria@ossigenoinformazione.it 




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