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venerdì 4 marzo 2016

    
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ITALIA. GENNAIO 2016. LE NOTIZIE PIÙ PERICOLOSE DI OSSIGENO

Sono stati 49 i giornalisti e blogger colpiti da intimidazioni. Spiccano gli attacchi al segreto professionale e al giornalismo d’inchiesta nei processi di mafia
Questa rassegna mensile delle intimidazioni in Italia è realizzata da Ossigeno per l’Informazione per il Centro Europeo per la Libertà di Informazione e di Stampa di Lipsia (ECPMF) con il sostegno dell’Unione Europea
In Italia il giornalismo d’inchiesta è sotto attacco anche sul piano giudiziario. A gennaio 2016 Ossigeno per l’Informazione ha segnalato in dettaglio decine di episodi che hanno avuto come bersaglio 49 giornalisti e blogger.
Il più clamoroso attacco è stato sferrato a Roma, durante i processi a imputati di mafia, all’interno delle aule giudiziarie, contro il giornalista Liro Abbate, caporedattore e reporter di punta del settimanale L’Espresso, durante i processi penali ai presunti capi di “Mafia Capitale“, la nuova organizzazione criminale che opera a Roma. L’avvocato Bruno Naso, difensore di uno dei principali imputati, Massimo Carminati, ha ripetutamente offeso e insultato il giornalista, deridendolo, storpiando deliberatamente il suo nome per ridicolizzarlo e sminuire la credibilità dei suoi articoli, che prima ancora che la magistratura intervenisse hanno rivelato l’esistenza dell’organizzazione criminale e hanno acceso l’attenzione pubblica. Il comportamento del legale è stato definito intimidatorio e pertanto “inaccettabile” in un documento congiunto firmato da Ossigeno, dal sindacato unitario dei giornalisti FNSI e dall’Ordine nazionale dei Giornalisti. Il documento, che ha avuto ampia risonanza mediatica, chiede rispetto e protezione per Lirio Abbate (che ha già subito ripetute minacce di morte e dal 2007 è protetto da agenti armati della Polizia di Stato). Le tre organizzazioni hanno rivolto un pubblico appello alle massime autorità affinché le aule giudiziarie non siano trasformate in luoghi in cui colpire strumentalmente i giornalisti che non hanno colpe, ma il merito di avere fatto bene il loro lavoro.
SEGRETO PROFESSIONALE – Altrettanto preoccupanti per chi fa giornalismo d’inchiesta sono due gravi attacchi al segreto professionale dei giornalisti, due iniziative giudiziarie senza precedenti che mettono in dubbio l’efficacia delle leggi che affermano il diritto dei giornalisti di non rivelare l’identità delle fonti fiduciarie di cui si avvalgono. La magistratura ha aggirato questa garanzia fondamentale chiedendo all’editore le informazioni richieste e ottenendole per questa via. Queste iniziative hanno sollevato un’ondata di critiche contro i magistrati. Ossigeno condivide queste critiche. Ma ha fatto notare che anche il comportamento degli editori è stato scorretto, poiché la legge italiana e l’intera giurisprudenza europea dicono che l’editore, al pari dei giornalisti, è tenuto all’osservanza del segreto sulle fonti fiduciarie delle informazioni pubblicate. Ciò che è accaduto è molto preoccupante anche perché uno degli editori che ha violato il segreto professionale è la RAI, l’editore radiotelevisivo pubblico. Anche l’altro editore coinvolto, La7, opera nel settore televisivo, con una rete generalista. Gli episodi sono stati due e non hanno avuto l’attenzione mediatica e politica che meritano.
La Procura della Repubblica di Roma ha ordinato il sequestro dei filmati originali delle interviste a poliziotti che hanno affermato, davanti alle telecamere, che le armi e i sistemi di protezione anti-terrorismo in dotazione alla polizia italiana erano gravemente inadeguati. Nei video trasmessi al pubblico le reti televisive avevano tutelato l’anonimato dei poliziotti mascherando il loro volto e contraffacendo elettronicamente la loro voce. Nei filmati sequestrati invece si vede il loro volto e si può ascoltare la loro voce in chiaro. I provvedimenti riguardano il servizio del giornalista Antonino Monteleone per il programma televisivo di cronacaPiazzapulita (in onda sulla rete nazionale La7), e il servizio sullo stesso tema realizzato da un altro giornalista, Alessio Lasta, per il programma televisivo Ballarò, in onda sulla Rai (la radiotelevisione pubblica).
Anche la vicenda del giornalista Marco Lillo (il Fatto Quotidiano) riguarda il segreto professionale, ma è diversa dalle precedenti. La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha aperto un’indagine nei suoi confronti accusandolo di avere inserito informazioni coperte da segreto in alcuni articoli sull’uso irregolare dei finanziamenti pubblici al partito della Lega Nord. Quando le forze dell’ordine gli hanno intimato di fornire informazioni sulle sue fonti e di consegnare i documenti in suo possesso, per evitare una perquisizione ufficiale, il giornalista ha rifiutato opponendo il segreto professionale.
IL 2016 – Nel primo mese del 2016, l’Ossigeno per l’informazione ha aggiunto altri49 nomi all’elenco di giornalisti e blogger italiani che hanno subito minacce, intimidazioni, ritorsioni, abusi a causa della loro attività, una lista che adesso contiene 2722 nomi. Dunque, anno nuovo, problemi vecchi e forse ancora peggiori. Non solo per il numero degli episodi (erano stati 528 nel 2015) ma anche per la natura delle intimidazioni e per le conseguenze raggelanti – e spesso incontrastate – che esse producono sul mondo dell’informazione e sulla vita sociale. Ossigeno continuerà a segnalare episodi, problemi da affrontare, nodi da sciogliere. Ma ha ritenuto opportuno avvertire i lettori (leggi) che c’è uno scarto fra il numero di segnalazioni di violazione della libertà di stampa che si verificano senza che i media ne parlino e le risorse di cui l’Osservatorio dispone per verificarne la fondatezza, analizzarne la natura e renderne noti i dettagli. Questo scarto sta crescendo. Ciò pone seri interrogativi sul futuro dell’Osservatorio.
EROI CIVILI – Eppure i segnali incoraggianti non mancano. Da ultimo, la scelta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di conferire l’alta onorificenza dell’Ordine al merito della Repubblica italiana ai giornalisti Federica Angeli e Paolo Borrometi, più volte minacciati e che per questo vivono sotto scorta. Si tratta di un atto per nulla scontato, che prosegue l’attenzione del predecessore, il presidente Giorgio Napolitano, il quale prima di lasciare il Quirinale concesse la stessa onorificenza a Lirio Abbate, un altro giornalista sotto scorta. È un bel segnale riconoscere la qualità di eroi civili a giornalisti che hanno rischiato la vita per informare i cittadini sulle infiltrazioni della mafia, che hanno compiuto imprese dei quali inspiegabilmente i media non parlano.
Ciò detto ecco la consueta carrellata sugli episodi di intimidazione più notevoli.
CARCERE PER DIFFAMAZIONE – In Italia i giornalisti continuano a essere condannati a pene detentive per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Sembra incredibile ma è così. L’ultima proposta di legge che prevede l’abolizione di questa pena è ferma in Parlamento da quasi tre anni e intanto le condanne fioccano. L’ultima è quella di Nicola Rinaudo, direttore ed editore della rivista siciliana Extra,condannato a un anno di reclusione, trecento euro di multa e cinquemila euro di risarcimento danni nei confronti di un ex sindaco divenuto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana. La pena detentiva è stata sospesa ma questo beneficio è subordinato al pagamento dei danni.
Sono stati revocati intanto gli arresti domiciliari al giornalista Francesco Gangemi, 81 anni, che ha accumulato condanne a pene detentive per diffamazione a mezzo stampa per un totale di quasi tre anni. Per lui, ora l’affidamento ai servizi sociali.
È stata invece chiesta (il 22 gennaio dal Pubblico ministero del Tribunale di Milano) una pena detentiva per Filippo Roma, inviato del programma tv Le Iene, in onda su ItaliaUno: questi è accusato di diffamazione per dei servizi del 2013 che mettevano in dubbio la veridicità di alcune interviste a personaggi dello spettacolo pubblicate da due riviste della casa editrice di Urbano Cairo.
LETTERA CON UN PROIETTILE – A Vibo Valentia, in Calabria, i giornalisti Francesco Mobilio (Quotidiano del Sud) e Pietro Comito (LaC) e l’avvocato Marco Talarico la vigilia di Natale hanno ricevuto una busta con una frase intimidatoria, un proiettile ed il titolo di un articolo del Quotidiano del Sud, dopo essersi occupati della demolizione di un edificio abbandonato.
AUTOMOBILI INCENDIATE – Nella stessa regione, a Lamezia Terme, la notte tra il 5 e 6 gennaio è stata data alle fiamme l’autovettura di Pasqualino Rettura, un altro giornalista del Quotidiano del Sud. Il suo direttore, Rocco Valenti, ha spiegato in un articolo che gli investigatori ritengono si tratti di un atto intimidatorio dovuto all’attività giornalistica della vittima.
Un’altra automobile è stata danneggiata – il 17 gennaio – da un petardo: quella di Stefania Petyx, inviata del tg satirico Striscia La Notizia. A suo avviso potrebbe trattarsi di una ritorsione per uno dei suoi recenti servizi.
Dentro e fuori i tribunali
QUERELE – Federico Domenichelli, giornalista di Latina Editoriale Oggi, è il destinatario di otto delle dieci denunce (le altre due querele riguardano la sua collega Graziella Di Mambro) presentate dal sindaco di Sperlonga (Latina) per degli articoli, pubblicati tra il 2014 e il 2015, che segnalano episodi di abusivismo edilizio nel piccolo comune balneare a sud di Roma.
Si profila il processo, secondo la richiesta della procura di Bologna, a carico di Giancarlo Padovan e Mario Giordano, giornalista e direttore di un telegiornale nazionale, il Tg4, querelati nel 2014 dall’arbitro di calcio Nicola Rizzoli per alcuni giudizi espressi su di lui.
Il quotidiano Il Messaggero e la giornalista Adelina Lilli Mandara hanno perso una causa per diffamazione intentata dal direttore dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente dell’Abruzzo, il quale però ha chiesto che sia soltanto la giornalista a pagare il risarcimento di 45mila euro stabilito dal Tribunale di Chieti. Questo nonostante insieme a lei – per un articolo del 2011 – siano stati condannati anche il direttore e l’editore del quotidiano.
L’hanno invece spuntata due giornali web di Parma (Parma Today e Parma Quotidiano), che non dovranno cancellare gli articoli con i quali avevano riferito le posizioni di uno scrittore e di un’organizzazione ambientalista riguardo al rischio di inquinamento dovuto al co-generatore di elettricità di un’azienda, la Citterio, che aveva reagito alla pubblicazione chiedendo l’oscuramento dei testi.
Qualche chilometro più in là, a Bologna, i sostituti procuratori Antonella Scandellari e Antonello Gustapane hanno ritirato le querele per diffamazione a mezzo stampa nei confronti di due politici locali e dei giornalisti del Corriere di Bologna che ne avevano riportato le dichiarazioni a proposito dell’avvio di un’inchiesta giudiziaria sull’operato del sindaco della città, Virginio Merola.
Ha ritirato la sua querela nei confronti di due giornalisti – Gian Piero Moretti e Franco Bianchi, direttore e redattore del settimanale Puntoimperia – anche Giacomo Chiappori, sindaco di Diano Marina (Imperia), di cui i cronisti si erano occupati nel 2012 scrivendo che il primo cittadino occupava abusivamente un posto barca nel porticciolo del paese.
Il Tribunale civile di Reggio Calabria ha assolto dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa Caterina Tripodi (Quotidiano del Sud), rigettando la richiesta di risarcimento danni di oltre un milione di euro avanzata nei suoi confronti dai querelanti (l’ex Presidente della Corte di Appello di Reggio Calabria e l’amministratore unico di una società), che sono stati condannati al pagamento di circa 15mila euro di spese processuali.
È stato invece archiviato dal Tribunale di Velletri il procedimento partito dalla denuncia del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, nei confronti dei giornalisti del settimanale L’Espresso Claudio Pappaianni e Gianluca di Feo, autori nel 2011 di un’inchiesta (“Bevi Napoli e poi muori”) sulla salute delle acque in Campania, realizzata a partire dai dati prodotti dall’esercito degli Stati Uniti. Per il giudice, il nucleo essenziale dei fatti narrati corrisponde al vero.
L’archiviazione – “perché il fatto non sussiste” – è arrivata anche per il giornalista Alessandro Biancardi, direttore del sito d’informazione online PrimaDaNoi. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti (Abruzzo) ha chiuso così la querela per diffamazione a mezzo stampa presentata dal presidente del Collegio dei liquidatori di una società per azioni di proprietà della Regione Abruzzo, dell’Amministrazione Provinciale e della società Selex.
Minacce, insulti, delegittimazioni
Il 5 gennaio ad Ossona, in provincia di Milano, durante la festa del paese, la blogger Ilaria Preti, dopo essere stata minacciata al telefono, è stata aggredita da un uomo, arrabbiato perché lei si era occupata di alcune irregolarità edilizie a carico di un’associazione di cui egli era stato presidente.
In Emilia-Romagna due giornalisti sportivi, Gian Piero Travini e Stefano Severi, sono stati insultati il 29 dicembre su Facebook da Giorgio Lugaresi, presidente del Cesena Calcio, risentito per alcune critiche. Il giorno dopo però questi si è scusato pubblicamente.
Il 9 gennaio 2016, sempre su Facebook, è stata insultata la giornalista Roberta Lanzolla, che sul portale santeramoweb.it aveva riferito le critiche di alcuni cittadini all’annuncio della visita a Santeramo in Colle (Bari), del leader della Lega Nord, Matteo Salvini. A reagire all’articolo sgradito è stato il coordinatore cittadino del gruppo politico.
Il 16 gennaio a Taranto il giornalista Luigi Abbate, che conduce una trasmissione su una tv locale, è stato accusato di faziosità e per questo allontanato da una conferenza stampa della sezione provinciale del Partito democratico. Lui però ha reagito facendo intervenire la polizia.
È preoccupato anche Saverio Tommasi, blogger fiorentino, collaboratore della testata online Fanpage.it, che il 16 gennaio ha denunciato delle minacce ricevute su Facebook, dove viene preso di mira con insulti e minacce in diverse pagine e messaggi diretti.
Dopo le minacce via Facebook, ricevute da mesi, un invito al boicottaggio: accade in Puglia, dove i giornalisti del Nuovo quotidiano di Puglia e della Gazzetta del Mezzogiorno, che da tempo si occupano del “caso Xylella” (la diffusione di un batterio che colpisce le piante di ulivo) sono stati presi di mira da un movimento di protesta che contesta il fondamento scientifico e l’efficacia della strategia adottata per contenere l’emergenza.
Dieci giornalisti italiani sono stati inseriti dall’ambasciata dell’Azerbaigian a Roma in una lista, pubblicata sul proprio sito, di indesiderati ai quali è vietato l’ingresso nel paese. Nell’elenco ci sono anche scultori, architetti e dipendenti dell’Accademia della Belle Arti di Firenze. Si tratta di persone, ha spiegato l’Ambasciata, che si sono introdotte illegalmente nella Repubblica dell’Azerbaigian.
È stato invece accusato da quattro senatori del Partito democratico di “squadrismo”, di usare cioè metodi fascisti, il sito internet Gay.it, che ha pubblicato le foto e gli indirizzi di posta elettronica dei politici contrari alla possibilità per le coppie di fatto di adottare il figlio del partner, un argomento al centro della discussione pubblica in Italia in questo periodo. Secondo Ossigeno però le iniziative che segnalano agli elettori l’atteggiamento dei parlamentari sulle questioni oggetto del dibattito politico e dei lavori parlamentari sono legittime.
Il 25 gennaio il Gruppo cronisti lombardi ha protestato per l’allontanamento dei giornalisti in occasione dell’audizione, nella sede del comune di Milano, del commissario unico di Expo, Giuseppe Sala. Durante la seduta, infatti, i giornalisti presenti sono stati fatti accomodare fuori dall’aula dalla Polizia locale.
I numeri di gennaio
A gennaio del 2016, Ossigeno per l’Informazione ha segnalato minacce e intimidazioni nei confronti di 49 giornalisti, blogger, direttori di testata ed editori, di cui 24 colpiti in anni precedenti, ma di cui l’Osservatorio è venuto a conoscenza solo adesso. Il Contatore di Ossigeno, che tiene conto di tutte le vittime accertate dal 2006, raggiunge così quota 2722. Secondo le stime di Ossigeno per ogni intimidazione conosciuta e documentata almeno altre dieci restano ignote anche all’Osservatorio perché le vittime non hanno la forza di renderle pubbliche.
Le tipologie di intimidazione comprendono: aggressioni, insulti, danneggiamenti, incendio, minacce sui social network, ostacolo all’informazione, discriminazione ed esclusione arbitraria, querele per diffamazione ritenute pretestuose, abusi del diritto.
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