Violante: "attenti,
siamo passati dalla società civile alla società giudiziaria"
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di Giorgio Varano
Il Dubbio, 11 giugno 2016
C'è un valore che la
giustizia, la giustizia penale di un Paese civile, deve avere a cuore almeno
quanto la parità tra accusa e difesa, la presunzione di non colpevolezza e
altri pilastri dell'ordinamento: è la "reputazione delle persone".
A dirlo è un ex magistrato, ex presidente della Camera e tra le figure che in
questi anni più hanno inciso nel dibattito sulla giustizia: Luciano Violante.
Il discorso va in
aperto conflitto con altre "priorità" indicate di recente dalla
magistratura. A cominciare dall'efficacia delle indagini, soprattutto contro
la corruzione, posta per esempio da Piercamillo Davigo a difesa delle
intercettazioni nel suo saggio pubblicato sull'ultimo numero di MicroMega.
Violante va come al solito contro corrente, o almeno contro le correnti della
magistratura, e lo ha fatto per l'ennesima volta a un convegno, organizzato
dall'Unione delle Camere Penali Italiane in collaborazione con il Consiglio
dell'Ordine degli Avvocati di Patti e con la locale Camera Penale, tenutosi
nei giorni scorsi a Capo d'Orlando sulla separazione delle carriere.
La reputazione delle
persone, ha detto dunque l'ex presidente della Camera, "è un enorme
capitale sociale che può essere distrutto dalle indagini e dal racconto delle
stesse, spesso deformato e comunque enfatizzato, anche se poi, a distanza di
tempo, si viene assolti". Il racconto, dunque: cioè le indagini ma
anche, anzi soprattutto i resoconti che se ne fanno sui media, spesso
corredati dalla trascrizione di intercettazioni quasi sempre coperte da
segreto. Non è insomma solo l'azione giudiziaria ad incidere negativamente
sulla reputazione di un indagato, ma "l'effetto determinato dal risalto
fornito alle indagini dai mezzi di informazione.
La sovraesposizione
mediatica delle indagini, e la divulgazione di atti spesso coperti dal
segreto", ha ricordato Violante, "non influenza solo l'opinione
pubblica ma anche il magistrato che deve giudicare. Respingere la richiesta
di un pm può diventare difficile per la pressione mediatica esercitata sul
giudice, che può essere condizionato nella decisione finale".
È una particolare
sfumatura, questa, di una questione molto particolare: la cosiddetta
"verginità cognitiva del giudice". Nel momento in cui questa viene
meno, non solo si tradisce il principio della formazione della prova nel
contraddittorio tra accusa e difesa, ma si mette l magistrato giudicante
anche nella condizione di sentirsi obbligato a rispondere all'opinione
pubblica piuttosto che a cercare la verità.
"Occorrerebbe
separare le carriere di alcuni pubblici ministeri da quelle di alcuni
giornalisti perché spesso sono incrociate", è la battuta che Violante ha
riproposto al convegno di Capo d'Orlando. "Il moltiplicarsi, ormai
inarrestabile, dei processi sui media, costituisce preoccupante conferma del
rischio che la giustizia penale sia sempre più virtuale e mediatica, con
conseguenze, spesso irreparabili, sulla verginità cognitiva del
giudice", ha detto appunto Violante.
Che ha poi rammentato
quanto la diffusione di notizie non pertinenti al reato possa coinvolgere persone
estranee e distruggere loro la vita: "Il coinvolto, soggetto estraneo ai
fatti ma intraneo al processo, è spesso persona nota o conosciuta, che
valorizza l'interesse per indagini in molti casi prive, altrimenti, di alcun
risalto". Violante ha ancora ricordato come alcuni magistrati si ergano
"a tutori morali della nazione", e per questo intendano
"attribuire alle indagini un significato etico che queste non possono e
non devono avere".
L'ex presidente della
Camera ha concluso osservando che, accanto alla società politica e alla
società civile, si è creata una terza società, che ha definito "la
società giudiziaria", composta da un insieme di cittadini, di esponenti
politici, di alcuni settori della magistratura e di alcuni mezzi di informazione
che fanno della giustizia penale e della condanna "il punto di
verità". Il che rappresenta una insidia, perché la "legittimazione
della magistratura dovrebbe risiedere solo nella legge", e non
"nella volontà della società giudiziaria". Tanto più che c'è poi
"la delegittimazione del magistrato quando questi non risponde alla
società giudiziaria".
Violante ha insomma
sorpreso persino i presenti al convegno di Capo d'Orlando: i temi in
questione sono gli stessi che da tempo solleva, per esempio, l'Unione delle
Camere Penali anche con il proprio Osservatorio sull'informazione
giudiziaria, e che sui giornali non hanno quasi mai il necessario spazio. O
che ne trovano comunque assai meno delle intercettazioni coperte da segreto.
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