Elaborato il lutto (la
dipartita di mia sorella Rosaria,
l’intellettuale della famiglia, professoressa di lettere e filosofia, partita
per l’ultimo viaggio in punta di piedi, com’era nel suo stile di vita) sono
entrato di nuovo nel tram tram quotidiano. Con l’affetto e la vicinanza delle
persone care ho ripreso il mio lavoro di scribacchino, il “copia e incolla”
delle storie degli altri. Storie vere. Ho incominciato a scrivere il racconto
del delitto di un giovane di Francolise che ribellatosi all’imposizione di un non
gradito “menage a trois” e ad una suocera “ninfomane” ed una moglie “succube”
della mamma, un bel giorno ho impugnato una pistola (se non fosse una triste e drammatica vicenda mi verrebbe da
dire e… “ha preso due piccioni con una fava”…) e ha ucciso la moglie (che aveva
in braccio il suo figlioletto di un anno ) e l’odiata suocera. Il pezzo, come
di consueto, sarà pubblicato lunedì 2 gennaio nelle pagine del quotidiano “Cronache di Caserta”. Ma la cosa che
più mi ha “coinvolto” ed “intrigato” in questi due/ tre/quattro giorni di
forzato riposo, è stata la lettura (un primo approccio si intende, salvo un successivo approfondimento) del
bellissimo libro del prof. Luigi Moio,
“Il Respiro del Vino” (Mondadori,
500 pagine di cui ben 23 di riferimenti bibliografici quasi tutti di
autorevoli autori stranieri). Mi ha fatto molto piacere leggere che nei
ringraziamenti il prof. Moio ha citato la collega, giornalista de Il
Mattino, Manuela Piancastella, autrice di trattati sul vino e l’Avv. Peppe
Mancini, mio compaesano e amico di vecchissima data. La colossale opera –
illustrata con pregevoli schizzetti – nel corso della lettura ti fa rivivere le
emozioni di quella che è stata definita la “civiltà del bere”. Vale per tutti
la frase: “ Chi non ama le donne, il vino e il canto è solo un matto e non un
santo” di Arthur Schopenhauer. Naturalmente
io sono intrigante e una volta avuto in mano il libro e appreso che Moio era…
oltre che scrittore de professore universitario anche produttore di vino. Ma già ne avevo sentito parlare, anche se
sbagliavo casato) sono corso all’Enoteca sammaritana di Corso Aldo Moro (erede
di una dinastia di pizzaioli “Il Quadrifoglio”) e il giovane proprietario, Gennaro Maurino, con il garbo, la
competenza e la gentilezza mi ha consigliato due bottiglie di vino: “Quintodecimo” delle Terre d’Eclano, un
bianco e un rosso. La prima prodotta dai
“Vignaioli di Mirabella Eclano – Giallo D’Arleas – 2013 – bianco Greco di Tufo”
e la seconda rosso -2013 – Irpinia Aglianico. Entrambe le bottiglie sono state
“stutate” la vigilia e a Natale.
“Vi parlerò di quel profumo coinvolgente, di
quel suo respiro trattenuto, al quale è impossibile opporre resistenza, che
anticipa tutto ciò che si sente in bocca subito dopo aver avvicinato il
bicchiere alle labbra”. Esordisce così il Prof. Moio nella seconda di
copertina del suo libro e prosegue: “Di quel
profumo che può essere un effetto del sole di un’alba radiosa o delle nuvole
che precedono la pioggia. Di quel profumo che forse è l’aspetto sensoriale più
straordinario del vino, perché è anche il linguaggio della sua composizione,
della sua storia, delle sue tradizioni, dei territori in cui nasce e dei microclima
che ne accarezzano i giorni. Il vino è la sintesi sorprendente dei profumi di
tutto ciò che ci circonda, perché ha nella sua natura più profonda le tracce
della terra, dei fiori, dei frutti, delle spezie, del mare, della montagna, del
vento, della luce e di tante altre cose che nobilmente rappresenta”.
Luigi Moio è
professore ordinario di Enologia all’Università degli Studi di Napoli Federico
II.
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