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giovedì 9 marzo 2017




Il  duplice delitto accadde il primo agosto del 1954 nel Podere n°654  dell’O.N.C. in agro di Cancello e Arnone

DOPO SEI MESI DAL MATRIMONIO  UCCISE  SUOCERA E UN COGNATO  E FERI’ GRAVEMENTE UN ALTRO COGNATO PER DISSAPORI
SULLA SPARTIZIONE DELL’EREDITA’

Sommario:

L’assassina non  era andata d’accordo con i familiari del marito. Ciò perché essa era “linguacciuta” e “litigiosa”, inoltre si era dimostrata gelosa della cognata Orsola per le attenzioni che costei riceveva dai suoceri, si  era oltremodo risentita, fino al punto di minacciare minacce di morte, per il diniego opposto dai suoceri alla sua pretesa che al marito venisse assegnata una quota di terreno maggiore di quella data agli altri fratelli coniugati che si erano trasferiti altrove, e non intendeva infine aiutare nel lavoro anche nei terreni assegnati a detti cognati. Il tutto però era scattato col pretesto di una lite tra bambini. Dopo il delitto inventò il fatto che il cognato voleva possederla come amante… la suocera l’accusava di essere giunta… non pura alle nozze….

 


Cancello e Arnone – Mi sono occupato di questa vicenda – su queste stesse colonne – il 10 novembre del 2014, ci ritorno, oggi,  con foto e inediti particolari. Una brutta storia, pregna di sfaccettature e di lati oscuri che spesso, troppo spesso portano al delitto. La spartizione dell’eredità? Un pretesto. Ma è il lato pruriginoso sembra più aderente al movente di un simile triplice delitto. Dopo il delitto inventò il fatto che il cognato voleva possederla come amante… la suocera l’accusava invece di essere giunta non pura alle nozze.
Il pomeriggio del primo agosto del 1954 i carabinieri furono informati che nel podere n° 654 dell’Opera Nazionale Combattenti, in concessione a Luigi Purcaro erano stati commessi due omicidi e un tentato omicidio con arma da fuoco, si portavano immediatamente in detto podere e rinvenivano in una camera a pianterreno della casa colonica il cadavere di Filomena Vanzanella, moglie di Luigi Purcaro, nonché uno dei figli del Purcaro, Giovanni, agonizzante su di un lettino. Giovanni Purcaro  veniva trasportato  all’Ospedale di Capua ove decedeva verso le ore 19,00. Dalle prime indagini risultava che quel giorno verso le 15,30 era avvenuta una discussione tra Giovanni Purcaro e Concetta Rea, moglie di un altro figlio di  Luigi, Mauro Purcaro. Causa  della discussione era stata una lite tra bambini in quanto il fratellino della Rea, Aniello  - che era ospite da alcuni giorni nel podere aveva percosso un figliuolo di Giovanni. La Rea aveva pronunziato parole sconce verso il cognato, e costui a sua volta aveva chiamato la stessa “schifosella e donna di merda”,  era quindi intervenuto Mauro che aveva preso le parti della moglie e si era azzuffato con il fratello Giovanni sul primo pianerottolo delle scale che conducono dalla stanza di ingresso a pianterreno al primo piano del fabbricato.  Vincenzo Purcaro, altro figlio di Luigi Purcaro, che non viveva nel podere ma vi si era recato quel giorno per ragioni di lavoro – era accorso per dividere i contendenti; mentre ci accingeva a fare ciò era stato però raggiunto al braccio destro da un colpo di pistola sparato dalla Concetta Rea che si era portata nella sua camera al primo piano ed era tornata poi sulle scale con l’arma in pugno. Secondo Luigi Purcaro la donna era stata incitata ad armarsi dal marito che le aveva detto: “Vai a prendere il revolver”.



 Mentre la Rea sparava altri colpi Vincenzo Purcaro e Orsola Vanzanella, moglie di Giovanni Purcaro era fuggita dalla casa e Luigi Purcaro in un locale a pianterreno sito a fianco della stanza d’ingresso per prendere il suo fucile. Poco dopo i predetti, ritornati in casa avevano rinvenuto nella stanza di ingresso, sotto il tavolo da pranzo, il cadavere della Filomena Vanzanella e sul primo pianerottolo delle scale Giovanni Purcaro che giaceva bocconi in grave stato. La Rea e il fratello della stessa il piccolo Aniello erano intanto fuggiti per i campi e invano si era poi dato al loro inseguimento Luigi Purcaro. Per quanto riguarda i precedenti del delitto risultava che la Rea, subito dopo il suo matrimonio con Mauro Purcaro – avvenuto il 28 febbraio del 1954 – aveva preso alloggio con il marito nel podere dei suoceri ove abitavano già con costoro Giovanni Purcaro e la moglie Orsola Vanzanella con i loro tre figli, ma no era andata d’accordo con i familiari del marito. Ciò perché essa era “linguacciuta” e “litigiosa”, inoltre si era dimostrata gelosa della cognata Orsola per le attenzioni che costei riceveva dai suoceri, si  era oltremodo risentita, fino al punto di minacciare minacce di morte, per il diniego opposto dai suoceri alla sua pretesa che al marito (che intanto aveva continuato a coltivare, come convenuto prima del matrimonio insieme al fratello Giovanni e al padre la parte del podere che quest’ultimo non aveva ancora diviso tra i figli) venisse assegnata una quota di terreno maggiore di quella data agli altri fratelli coniugati che si erano trasferiti altrove, e non intendeva infine aiutare nel lavoro anche nei terreni assegnati a detti cognati. 


Si erano verificati diversi litigi in famiglia. Anzi nel giugno – dopo una lite tra le due cognate  Concetta Rea e la Orsola Vanzanella erano giunti nel podere i genitori della Rea ed un fratello della stessa, Vincenzo, che aveva minacciato di “bruciare tutto” se i Purcaro non avessero lasciato in pace la sorella. E successivamente la Rea aveva pronunziato anch’essa nuove minacce  verso i familiari del marito, specialmente verso la suocera ed aveva anche mostrato ad Angela Nocerino, altra cognata,  un coltello che a suo dire aveva ricevuto con altre armi dal padre. Nel corso delle indagini veniva rinvenuta lungo l’argine di un canale, a circa un chilometro dal podere dei Purcaro – l’arma adoprata per il delitto, una pistola a rotazione calibro 10,45 contenente cinque bossoli ed una cartuccia completa. Contro Mauro Purcaro e Concetta Rea veniva emesso mandato di cattura. La Rea, tratta in arresto il 3 agosto ad Acerra (mentre si nascondeva tra i covoni di grano) dichiarava che il cognato Giovanni le aveva proposto di avere con lui rapporti illeciti e perciò essa desiderava di andare via dal podere ed Aveva spinto il marito a chiedere al padre la assegnazione di una quota di terreno da coltivare a suo piacimento. Raccontava inoltre che, dopo la divisione del grano raccolto  sulla parte del podere che era coltivato in comune dal marito, dal fratello Giovanni e dal padre, essa aveva iniziato a far cucina separata il che era molto dispiaciuto ai Purcaro, specialmente al vecchio suocero Luigi che, parlando con tale Michelengelo Di Fiore,  aveva osservato che se fosse entrato qualcuno in casa all’ora del pranzo avrebbe  notato certamente che Mauro e la moglie non mangiavano con gli altri, pur essendo membri della famiglia. Il 31 luglio vi era stata una questione – che aveva preceduto il duplice delitto – tra lei e  Giovanni in ordine alla raccolta dei fagioli. Il cognato l’aveva ingiuriata e poichè essa aveva riferito la cosa al marito costui si era azzuffato con il fratello. Anche il giorno dopo vi era stata una discussione per il Giovanni aveva accusato il suo fratellino di aver compiuto atti di libidine con una sua bambina. Giovanni l’aveva nuovamente ingiuriata ed allora intervenne il marito in sua difesa che però era stato a sua volta aggredito da tutti i familiari.  A questo punto  essa, presa nella propria camera una pistola – che il marito aveva acquistato mesi prima per difesa personale – aveva sparato da brevissima distanza (70 cm.) alcuni colpi contro Giovanni, che intanto era caduto a terra nelle scale, decisa a finirlo ma una dei colpi aveva anche attinto per caso l’altro cognato Vincenzo. Poi mentre essa si dava alla fuga si era trovata dinanzi la suocera che aveva tentato di trattenerla si era svincolata ma contemporaneamente dalla pistola era partito un altro colpo che aveva raggiunto Filomena Vanzanella. In un successivo interrogatorio la Rea precisava che sparando contro Giovanni si era ferita ad un piede e aggiungeva che la suocera sospettava che essa non fosse giunta vergine al matrimonio in quanto aveva avuto la mestruazione il giorno delle nozze e quindi non era stato possibile constatare la mattina successiva dalla sua camicia nuziale la avvenuta deflorazione.


 Secondo alcuni testimoni però la cosa era molto sospetta, infatti il giorno delle nozze si appalesò l’incidente che avrebbe poi determinato la tragedia. Benché durante il banchetto nuziale  fosse stata resa nota la sua “indisposizione”, Mauro Purcaro (da molti ritenuto un vero allocco) volle coricarsi con lei fin dalla prima notte. Senonché l’indomani quando la suocera  – (in ottemperanza ad una usanza acerrana e non solo, ma una consuetudine ancora oggi in uso specie nelle campagne)ispezionò la camicia della ragazza non potette evidentemente rilevare prove convincenti della avvenuta deflorazione ed esternò il sospetto che la nuora non fosse giunta vergine al matrimonio.  Dal canto suo il marito Mauro Purcaro, arrestato il 12 agosto negava di aver detto alla moglie di prendere la pistola, confermava quanto affermato da costei e dichiarava inoltre che se in famiglia vi erano state questioni ciò era dovuto al fatto che sia la Filomena Vanzanella che il Giovanni Purcaro ingiuriavano la Rea ritenendo che non fosse giunta integra al matrimonio. Varie furono le sfaccettature nella ricostruzione del carattere della donna che aveva commesso due omicidi e un tentato omicidio in famiglia. Raffaele Purcaro (figlio di Luigi), Angela Nocerino, Gennaro Nuzzo, Iolanda Buonauro, Giovanna Montano (madre della Rea) deponevano che durante la celebrazione del matrimonio la Rea aveva fatto presente che aveva la mestruazione. Teresa Bovienzo e Michelangelo Di Fiore confermavano che la Rea è donna “linguacciuta”;  mentre Tommaso Marzullo riferiva circa il litigio avvenuto tra la imputata e la cognata Orsola, a seguito del quale i genitori e il fratello della Rea si erano recati nel podere per chiedere spiegazioni e minacciare i Purcaro. Orsola e Raffaele Vanzanella, Luigi e Vincenzo  Purcaro confermavano  quanto era emerso in ordine alle modalità degli omicidi e precisavano di aver sentito il figlio Mauro di dire alla moglie – mentre colluttava con il fratello – soltanto la parola “corri” e il  Vincenzo di essere stato colpito al braccio destro mentre poneva il braccio introno al collo di Giovanni per separare i due fratelli che colluttavano, in piedi, sul pianerottolo delle scale.






  

LUNEDI’  13 MARZO  2017
 VERRÀ PUBBLICATO IL DELITTO CHE  ACCADDE  

  il primo agosto del 1954 nel Podere n°654  dell’O.N.C. in agro di Cancello e Arnone

DOPO SEI MESI DAL MATRIMONIO  UCCISE  SUOCERA E UN COGNATO  E FERI’ GRAVEMENTE UN ALTRO COGNATO PER DISSAPORI
SULLA SPARTIZIONE DELL’EREDITA’

L’assassina non  era andata d’accordo con i familiari del marito. Ciò perché essa era “linguacciuta” e “litigiosa”, inoltre si era dimostrata gelosa della cognata Orsola per le attenzioni che costei riceveva dai suoceri, si  era oltremodo risentita, fino al punto di minacciare minacce di morte, per il diniego opposto dai suoceri alla sua pretesa che al marito venisse assegnata una quota di terreno maggiore di quella data agli altri fratelli coniugati che si erano trasferiti altrove, e non intendeva infine aiutare nel lavoro anche nei terreni assegnati a detti cognati. Il tutto però era scattato col pretesto di una lite tra bambini. Dopo il delitto inventò il fatto che il cognato voleva possederla come amante… la suocera l’accusava di essere giunta… non pura alle nozze….

LA CONDANNA FU A 27 ANNI DI RECLUSIONE PER OMICIDIO VOLONTARIO CONTINUATO

LA CONDANNA FU A 27 ANNI DI RECLUSIONE PER OMICIDIO VOLONTARIO CONTINUATO



Il Giudice Istruttore, con sentenza del 22 giugno del 1955, sulle conformi conclusioni del pubblico ministero ordinava il rinvio della Rea e Mauro  Purcaro al giudizio della Corte. In dibattimento la donna si difese aggiungendo a quanto aveva già dichiarato che “Quando Giovanni Purcaro – mentre cercavo di togliergli di sotto mio marito – mi dette due schiaffi mentre la moglie da dietro mi tirava i capelli. In qual momento vedendo mio marito di sotto a tante botte e ferito all’orecchio e con il sangue al naso non ci vidi più e corsi nella mia camera,   dove presi la pistola che era già carica. Ritenendo che la pistola avesse la sicura ed avendo sentito dire che quando si fa un omicidio occorre togliere la sicura, tirai quel ferro  che sta sotto la pistola, ritenendo che apponesse la sicura. Io intendevo sparare per intimidire coloro che percuotevano mio marito ma io ero così agitata che nel togliere il ferro partì un colpo che mi ferì al piede. Sparai volontariamente anche altro colpo sempre per intimidire ed infatti diressi la pistola non già verso le scale ma piu in alto”. La Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (Presidente, Giovanni Morfino; Giudice a latere, Guido Tavassi; pubblico ministero,  Gennaro Calabrese), con sentenza del 30 gennaio 1957, condannava  la 23enne Concetta Rea, detenuta a Perugia, accusata di aver ucciso la suocera Filomena Vanzanella e il cognato Giovanni Purcaro e ferito gravemente l’altro cognato,  Vincenzo Purcaro ad anni 27 di reclusione. La Corte di Assise di Appello con sentenza del 27 gennaio del 1961 confermava la condanna. La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 14 gennaio del 1963, rigettava il ricorso. Nei processi furono impegnati gli avvocati: Alfredo De Marsico, Orazio Cicatelli, Carmine Savelli, Leopoldo Terracciano e Ambrogio Del Pennino.  

Fonte: Archivio di Stato di Caserta


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