Il duplice delitto accadde il primo agosto del
1954 nel Podere n°654 dell’O.N.C. in
agro di Cancello e Arnone
DOPO SEI
MESI DAL MATRIMONIO UCCISE SUOCERA E UN COGNATO E FERI’ GRAVEMENTE UN ALTRO COGNATO PER
DISSAPORI
SULLA
SPARTIZIONE DELL’EREDITA’
Sommario:
L’assassina non era andata d’accordo con i familiari del
marito. Ciò perché essa era “linguacciuta” e “litigiosa”, inoltre si era
dimostrata gelosa della cognata Orsola per le attenzioni che costei riceveva
dai suoceri, si era oltremodo risentita,
fino al punto di minacciare minacce di morte, per il diniego opposto dai
suoceri alla sua pretesa che al marito venisse assegnata una quota di terreno
maggiore di quella data agli altri fratelli coniugati che si erano trasferiti
altrove, e non intendeva infine aiutare nel lavoro anche nei terreni assegnati
a detti cognati. Il tutto però era scattato col pretesto di una lite tra
bambini. Dopo il delitto inventò il fatto che il cognato voleva possederla come
amante… la suocera l’accusava di essere giunta… non pura alle nozze….
Cancello
e Arnone – Mi sono occupato di questa vicenda – su queste stesse
colonne – il 10 novembre del 2014, ci ritorno, oggi, con foto e inediti particolari. Una brutta
storia, pregna di sfaccettature e di lati oscuri che spesso, troppo spesso
portano al delitto. La spartizione dell’eredità? Un pretesto. Ma è il lato
pruriginoso sembra più aderente al movente di un simile triplice delitto. Dopo
il delitto inventò il fatto che il cognato voleva possederla come amante… la
suocera l’accusava invece di essere giunta non pura alle nozze.
Il pomeriggio del primo agosto
del 1954 i carabinieri furono informati che nel podere n° 654 dell’Opera
Nazionale Combattenti, in concessione a Luigi Purcaro erano stati commessi due omicidi e un tentato omicidio con arma da
fuoco, si portavano immediatamente in detto podere e rinvenivano in una camera
a pianterreno della casa colonica il cadavere di Filomena Vanzanella, moglie di Luigi
Purcaro, nonché uno dei figli
del Purcaro, Giovanni, agonizzante su di un lettino. Giovanni Purcaro veniva trasportato all’Ospedale di Capua ove decedeva verso le
ore 19,00. Dalle prime indagini risultava che quel giorno verso le 15,30 era
avvenuta una discussione tra Giovanni Purcaro e Concetta Rea, moglie di un altro figlio di Luigi, Mauro Purcaro. Causa della
discussione era stata una lite tra bambini in quanto il fratellino della Rea, Aniello - che era ospite da alcuni giorni nel
podere aveva percosso un figliuolo di Giovanni. La Rea aveva pronunziato parole
sconce verso il cognato, e costui a sua volta aveva chiamato la stessa “schifosella e donna di merda”, era quindi intervenuto Mauro che aveva preso
le parti della moglie e si era azzuffato con il fratello Giovanni sul primo
pianerottolo delle scale che conducono dalla stanza di ingresso a pianterreno
al primo piano del fabbricato. Vincenzo Purcaro, altro figlio di Luigi
Purcaro, che non viveva nel podere ma vi si era recato quel giorno per ragioni
di lavoro – era accorso per dividere i contendenti; mentre ci accingeva a fare
ciò era stato però raggiunto al braccio destro da un colpo di pistola sparato
dalla Concetta Rea che si era portata nella sua camera al primo piano ed era
tornata poi sulle scale con l’arma in pugno. Secondo Luigi Purcaro la donna era
stata incitata ad armarsi dal marito che le aveva detto: “Vai a prendere il revolver”.
Mentre la Rea sparava altri colpi
Vincenzo Purcaro e Orsola Vanzanella,
moglie di Giovanni Purcaro era fuggita dalla casa e Luigi Purcaro in un locale
a pianterreno sito a fianco della stanza d’ingresso per prendere il suo fucile.
Poco dopo i predetti, ritornati in casa avevano rinvenuto nella stanza di
ingresso, sotto il tavolo da pranzo, il cadavere della Filomena Vanzanella e sul primo pianerottolo delle scale
Giovanni Purcaro che giaceva bocconi in grave stato. La Rea e il fratello della
stessa il piccolo Aniello erano intanto fuggiti per i campi e invano si era poi
dato al loro inseguimento Luigi Purcaro. Per quanto riguarda i precedenti del
delitto risultava che la Rea, subito dopo il suo matrimonio con Mauro Purcaro –
avvenuto il 28 febbraio del 1954 – aveva preso alloggio con il marito nel
podere dei suoceri ove abitavano già con costoro Giovanni Purcaro e la moglie
Orsola Vanzanella con i loro tre figli, ma no era andata d’accordo con i
familiari del marito. Ciò perché essa era “linguacciuta” e “litigiosa”, inoltre
si era dimostrata gelosa della cognata Orsola per le attenzioni che costei
riceveva dai suoceri, si era oltremodo
risentita, fino al punto di minacciare minacce di morte, per il diniego opposto
dai suoceri alla sua pretesa che al marito (che intanto aveva continuato a
coltivare, come convenuto prima del matrimonio insieme al fratello Giovanni e
al padre la parte del podere che quest’ultimo non aveva ancora diviso tra i
figli) venisse assegnata una quota di terreno maggiore di quella data agli
altri fratelli coniugati che si erano trasferiti altrove, e non intendeva
infine aiutare nel lavoro anche nei terreni assegnati a detti cognati.
Si erano verificati diversi litigi in
famiglia. Anzi nel giugno – dopo una lite tra le due cognate Concetta Rea e la Orsola Vanzanella erano
giunti nel podere i genitori della Rea ed un fratello della stessa, Vincenzo,
che aveva minacciato di “bruciare tutto” se i Purcaro non avessero lasciato in
pace la sorella. E successivamente la Rea aveva pronunziato anch’essa nuove
minacce verso i familiari del marito,
specialmente verso la suocera ed aveva anche mostrato ad Angela Nocerino, altra cognata,
un coltello che a suo dire aveva ricevuto con altre armi dal padre. Nel
corso delle indagini veniva rinvenuta lungo l’argine di un canale, a circa un
chilometro dal podere dei Purcaro – l’arma adoprata per il delitto, una pistola
a rotazione calibro 10,45 contenente cinque bossoli ed una cartuccia completa.
Contro Mauro Purcaro e Concetta Rea veniva emesso mandato di cattura. La Rea,
tratta in arresto il 3 agosto ad Acerra (mentre si nascondeva tra i covoni di
grano) dichiarava che il cognato Giovanni le aveva proposto di avere con lui
rapporti illeciti e perciò essa desiderava di andare via dal podere ed Aveva
spinto il marito a chiedere al padre la assegnazione di una quota di terreno da
coltivare a suo piacimento. Raccontava inoltre che, dopo la divisione del grano
raccolto sulla parte del podere che era
coltivato in comune dal marito, dal fratello Giovanni e dal padre, essa aveva
iniziato a far cucina separata il che era molto dispiaciuto ai Purcaro,
specialmente al vecchio suocero Luigi che, parlando con tale Michelengelo Di Fiore, aveva osservato che se fosse entrato qualcuno
in casa all’ora del pranzo avrebbe
notato certamente che Mauro e la moglie non mangiavano con gli altri,
pur essendo membri della famiglia. Il 31 luglio vi era stata una questione –
che aveva preceduto il duplice delitto – tra lei e Giovanni in ordine alla raccolta dei fagioli.
Il cognato l’aveva ingiuriata e poichè essa aveva riferito la cosa al marito
costui si era azzuffato con il fratello. Anche il giorno dopo vi era stata una
discussione per il Giovanni aveva accusato il suo fratellino di aver compiuto
atti di libidine con una sua bambina. Giovanni l’aveva nuovamente ingiuriata ed
allora intervenne il marito in sua difesa che però era stato a sua volta
aggredito da tutti i familiari. A questo
punto essa, presa nella propria camera
una pistola – che il marito aveva acquistato mesi prima per difesa personale –
aveva sparato da brevissima distanza (70 cm.) alcuni colpi contro Giovanni, che
intanto era caduto a terra nelle scale, decisa a finirlo ma una dei colpi aveva
anche attinto per caso l’altro cognato Vincenzo. Poi mentre essa si dava alla
fuga si era trovata dinanzi la suocera che aveva tentato di trattenerla si era
svincolata ma contemporaneamente dalla pistola era partito un altro colpo che
aveva raggiunto Filomena Vanzanella. In un successivo interrogatorio la Rea
precisava che sparando contro Giovanni si era ferita ad un piede e aggiungeva
che la suocera sospettava che essa non fosse giunta vergine al matrimonio in
quanto aveva avuto la mestruazione il giorno delle nozze e quindi non era stato
possibile constatare la mattina successiva dalla sua camicia nuziale la
avvenuta deflorazione.
Secondo alcuni testimoni però la cosa era molto
sospetta, infatti il giorno delle nozze si appalesò l’incidente che avrebbe poi
determinato la tragedia. Benché durante il banchetto nuziale fosse stata resa nota la sua
“indisposizione”, Mauro Purcaro (da molti ritenuto un vero allocco) volle
coricarsi con lei fin dalla prima notte. Senonché l’indomani quando la suocera – (in ottemperanza ad una usanza acerrana e
non solo, ma una consuetudine ancora oggi in uso specie nelle campagne)ispezionò
la camicia della ragazza non potette evidentemente rilevare prove convincenti
della avvenuta deflorazione ed esternò il sospetto che la nuora non fosse
giunta vergine al matrimonio. Dal canto
suo il marito Mauro Purcaro, arrestato il 12 agosto negava di aver detto alla
moglie di prendere la pistola, confermava quanto affermato da costei e
dichiarava inoltre che se in famiglia vi erano state questioni ciò era dovuto
al fatto che sia la Filomena Vanzanella che il Giovanni Purcaro ingiuriavano la
Rea ritenendo che non fosse giunta integra al matrimonio. Varie furono le
sfaccettature nella ricostruzione del carattere della donna che aveva commesso
due omicidi e un tentato omicidio in famiglia. Raffaele Purcaro (figlio di
Luigi), Angela Nocerino, Gennaro Nuzzo, Iolanda Buonauro, Giovanna Montano
(madre della Rea) deponevano che durante la celebrazione del matrimonio la Rea
aveva fatto presente che aveva la mestruazione. Teresa Bovienzo e Michelangelo
Di Fiore confermavano che la Rea è donna “linguacciuta”; mentre Tommaso Marzullo riferiva circa il
litigio avvenuto tra la imputata e la cognata Orsola, a seguito del quale i
genitori e il fratello della Rea si erano recati nel podere per chiedere
spiegazioni e minacciare i Purcaro. Orsola e Raffaele Vanzanella, Luigi e
Vincenzo Purcaro confermavano quanto era emerso in ordine alle modalità
degli omicidi e precisavano di aver sentito il figlio Mauro di dire alla moglie
– mentre colluttava con il fratello – soltanto la parola “corri” e il Vincenzo di essere stato colpito al braccio
destro mentre poneva il braccio introno al collo di Giovanni per separare i due
fratelli che colluttavano, in piedi, sul pianerottolo delle scale.
LUNEDI’
13 MARZO 2017
VERRÀ PUBBLICATO IL DELITTO CHE ACCADDE
il primo agosto
del 1954 nel Podere n°654 dell’O.N.C. in
agro di Cancello e Arnone
DOPO SEI MESI
DAL MATRIMONIO UCCISE SUOCERA E UN COGNATO E FERI’ GRAVEMENTE UN ALTRO COGNATO PER
DISSAPORI
SULLA
SPARTIZIONE DELL’EREDITA’
L’assassina
non era andata d’accordo con i familiari
del marito. Ciò perché essa era “linguacciuta” e “litigiosa”, inoltre si era
dimostrata gelosa della cognata Orsola per le attenzioni che costei riceveva
dai suoceri, si era oltremodo risentita,
fino al punto di minacciare minacce di morte, per il diniego opposto dai
suoceri alla sua pretesa che al marito venisse assegnata una quota di terreno
maggiore di quella data agli altri fratelli coniugati che si erano trasferiti
altrove, e non intendeva infine aiutare nel lavoro anche nei terreni assegnati
a detti cognati. Il tutto però era scattato col pretesto di una lite tra
bambini. Dopo il delitto inventò il fatto che il cognato voleva possederla come
amante… la suocera l’accusava di essere giunta… non pura alle nozze….
LA CONDANNA FU A 27 ANNI DI RECLUSIONE PER OMICIDIO VOLONTARIO
CONTINUATO
LA CONDANNA FU A 27
ANNI DI RECLUSIONE PER OMICIDIO VOLONTARIO CONTINUATO
Il Giudice Istruttore, con sentenza del 22 giugno del 1955,
sulle conformi conclusioni del pubblico ministero ordinava il rinvio della Rea
e Mauro Purcaro al giudizio della Corte.
In dibattimento la donna si difese aggiungendo a quanto aveva già dichiarato
che “Quando Giovanni Purcaro – mentre cercavo di togliergli di sotto mio marito
– mi dette due schiaffi mentre la moglie da dietro mi tirava i capelli. In qual
momento vedendo mio marito di sotto a tante botte e ferito all’orecchio e con
il sangue al naso non ci vidi più e corsi nella mia camera, dove presi la pistola che era già carica.
Ritenendo che la pistola avesse la sicura ed avendo sentito dire che quando si
fa un omicidio occorre togliere la sicura, tirai quel ferro che sta sotto la pistola, ritenendo che
apponesse la sicura. Io intendevo sparare per intimidire coloro che
percuotevano mio marito ma io ero così agitata che nel togliere il ferro partì
un colpo che mi ferì al piede. Sparai volontariamente anche altro colpo sempre
per intimidire ed infatti diressi la pistola non già verso le scale ma piu in
alto”. La Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (Presidente, Giovanni
Morfino; Giudice a latere, Guido Tavassi; pubblico ministero, Gennaro Calabrese), con sentenza del 30
gennaio 1957, condannava la 23enne
Concetta Rea, detenuta a Perugia, accusata di aver ucciso la suocera Filomena
Vanzanella e il cognato Giovanni Purcaro e ferito gravemente l’altro
cognato, Vincenzo Purcaro ad anni 27 di
reclusione. La Corte di Assise di Appello con sentenza del 27 gennaio del 1961
confermava la condanna. La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 14
gennaio del 1963, rigettava il ricorso. Nei processi furono impegnati gli
avvocati: Alfredo De Marsico, Orazio Cicatelli, Carmine Savelli, Leopoldo
Terracciano e Ambrogio Del Pennino.
Fonte: Archivio di Stato di Caserta
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