LA STORIA DEL CANARO
HA MOLTE VEROSIMIGLIANZE CON LA STORIA DEL CASO TAFURI
DALLA QUALE HO TRATTO DUE LIBRI.
L'OMOSESSUALITA' LATENTE...IL MEMORIALE... IN PARTE BUGIARDO,
LA SEMI FOLLIA...
IL RISCATTO...
L'OCCULTAMENTO DEL CADAVERE ...
LA MUTILAZIONE...
LA RIBELLIONE...
NE PARLERO' NEL MIO PROSSIMO LIBRO
" UNA STORIA DI SESSO, VOYERISMO E FOLLIA OMICIDA..."
La storia vera di Pietro De Negri,
il Canaro della Magliana al quale si ispira il film
di Garrone
di Silvia Artana -
DOGMAN, il nuovo film di Matteo
Garrone, si ispira al brutale omicidio di Giancarlo Ricci compiuto da Pietro De
Negri, il Canaro della Magliana. Ma qual è la storia vera?
Il 19 febbraio 1988, un
allevatore di cavalli al pascolo nella zona del Portuense, a Roma, nota un
sacco fumante con una forma vagamente umana e avvisa la polizia. La scena che
si presenta agli investigatori è agghiacciante. Il fardello è un uomo o per
meglio dire ciò che resta di un uomo. Il corpo è bruciato, ma lo scempio non nasconde
che è stato oggetto di atroci torture. Qualcuno ha seviziato la vittima a morte
e poi le ha dato fuoco, avendo cura di lasciare i polpastrelli intatti per
permettere l'identificazione. In poco tempo, quei resti oltraggiati hanno un
nome e un cognome, quelli di un pregiudicato della zona, l'ex pugile di 27 anni
Giancarlo Ricci. In un primo momento, la modalità dell'omicidio fa pensare a un
regolamento di conti nella malavita. Ma ora dopo ora, il quadro cambia. Dalla
bruma che stagna sui campi della periferia emerge la figura di un uomo, un
toelettatore di cani con un negozio alla Magliana, per questo chiamato "il
Canaro", in romanesco "er Canaro". È stato lui, Pietro De Negri,
32 anni, sposato e con una figlia, a torturare e uccidere Ricci. Ma come?
L'uomo rende una confessione tanto dettagliata quanto spaventosa, ma l'autopsia
lo smentisce. Eppure, De Negri continua a ripetere quel mantra di follia. Lo
mette anche nero su bianco in un memoriale. I contorni della vicenda rimangono
indefiniti, alimentando il mistero e la curiosità su come sono andate davvero
le cose. L'episodio assume la forma di una sorta di mito macabro e nel 2017
Matteo Garrone si ispira liberamente ai fatti e ai protagonisti per realizzare
il suo nuovo film, DOGMAN, in concorso a Cannes 71 e in uscita il 17 maggio
2018.
La storia del Canaro della
Magliana è un puzzle fatto di verbali di polizia, articoli di giornali e di un
memoriale del suo stesso protagonista. Ma è un puzzle imperfetto. Alcune
tessere sforzano a incastrarsi e in certi punti il disegno che compongono
sembra incongruente e incompiuto. La personalità di Pietro De Negri, un uomo
sottomesso e disturbato, il contesto in cui è maturato il delitto e la
convinzione dei familiari della vittima che nella vicenda siano coinvolte altre
persone continuano ad alimentare dubbi sulla ricostruzione dei fatti. L'unica
cosa certa è che Giancarlo Ricci è morto e che il suo corpo mutilato e
oltraggiato è stato abbandonato in una discarica. Secondo la confessione resa
da De Negri al vicequestore Antonio Del Greco e poi ribadita nel proprio
memoriale, l'omicidio è stato compiuto da lui solo ed è stata una vendetta per
le angherie e i soprusi subiti dall'ex pugile. I due si conoscono quando Ricci
porta a lavare il cane nel negozio dell'uomo, ma quella della toeletta è solo
una scusa. In realtà, l'ex pugile vuole utilizzare il locale del Canaro come
base per compiere un furto nel negozio di vestiti adiacente. De Negri si
rifiuta e Ricci lo riempie di botte e se ne va. Quando torna qualche giorno
dopo, il Canaro si guarda bene dall'opporre resistenza. Gli lascia le chiavi e
imbastisce alla bell'e meglio un alibi per la notte del colpo. Ma qualcosa va
storto e finisce in prigione.
De Negri sconta 10 mesi e quando
esce di galera va da Ricci a chiedergli la sua parte, la metà del bottino da
110 milioni di lire. Il Canaro non ha parlato e si aspetta gratitudine, ma l'ex
pugile non solo non gli dà nulla, bensì inizia a chiedergli una tangente di
100mila lire alla settimana. Passano i
mesi, De Negri si separa dalla moglie e tra l'assegno di mantenimento e i soldi
che deve a Ricci si ritrova rapidamente in bolletta. Per sopravvivere, si mette
a rubare e finisce a spacciare (e consumare) cocaina. Il piccolo smercio di
droga messo in piedi dal Canaro richiama l'attenzione dell'ex pugile, che un
giorno fa irruzione nel negozio di De Negri mentre non c'è, picchia uno dei
suoi cani e gli bagna il materasso. Per l'uomo è la goccia che fa traboccare il
vaso. De Negri inizia a meditare vendetta, alimentando il suo odio e la sua
furia con la cocaina. E alla fine è proprio la droga a fornirgli l'idea per un
piano.
Il 18 febbraio 1988, il Canaro
attira Ricci nel suo negozio dicendogli che aspetta uno spacciatore siciliano e
che insieme possono sopraffarlo e derubarlo. Per non farsi scoprire e coglierlo
di sorpresa, De Negri dice all'ex pugile di nascondersi in una gabbia. Ma
quando l'uomo entra, il Canaro fa scattare la serratura e lo chiude dentro. A
quel punto, i ruoli si invertono e la vittima diventa l'aguzzino. O almeno,
così racconta De Negri. Nella sua allucinata e allucinante deposizione, il
Canaro dice di avere infierito su Ricci per 7 ore. Prima l'ha stordito a
bastonate, poi gli ha versato benzina addosso e sulla faccia, quindi gli ha
amputato i pollici e gli indici con delle tenaglie. Per non farlo morire
dissanguato, ha cauterizzato le ferite con il fuoco e dopo ha ripreso a
torturalo. All'apice della violenza, gli ha tagliato il naso e le orecchie, gli
ha strappato la lingua e lo ha evirato. Ossessionato dallo sguardo dell'ex
pugile, gli ha conficcato alcune delle sue stesse dita negli occhi, mentre le
altre le ha infilate nell'ano. Poi gli ha messo i genitali in bocca e, quando
Ricci è morto per soffocamento, ha continuato a infierire sul cadavere,
spaccandogli i denti a martellate. Alla fine, gli ha aperto la scatola cranica
e gli ha lavato il cervello con lo shampoo per i cani.
De Negri afferma di essersi
fermato solo per andare a prendere la figlia di 7 anni a scuola e per
"ricaricarsi" con la cocaina e dichiara che inizialmente non pensava
di uccidere Ricci, ma di massacrarlo di botte e di esporlo al pubblico ludibrio
in un posto dove potessero vederlo tutti, con un cartello con la scritta
"Questa è la conclusione delle sue malefatte. A voi il grande
Pugile". Invece, non riesce a fermarsi e si ritrova con un cadavere
orrendamente martoriato.
Per disfarsene inizia a girare in
macchina, in cerca di un posto adatto, e alla fine decide di lasciare l'ex
pugile in una discarica, "il posto più degno della sua vita vissuta".
Quando il corpo viene ritrovato,
il giorno dopo, le indagini prendono la strada del regolamento di conti di
stampo malavitoso. Ma poi salta fuori un testimone, Fabio Beltrano. L'uomo è un
amico di Ricci e racconta alla polizia che il 18 febbraio ha accompagnato l'ex
pugile al negozio del Canaro. Dopo un po', quest'ultimo è uscito dicendogli che
lui e Ricci avevano cercato di rapinare uno spacciatore siciliano, che tra
l'uomo e l'ex pugile era scoppiata una rissa e che i due si erano allontanati.
Gli investigatori concentrano la
loro attenzione su De Negri, che ripete la storia raccontata a Beltrano. Ma il
Canaro è sovreccitato e su di lui, nel negozio e nell'auto gli inquirenti
trovano chiare tracce dell'omicidio. Eppure, non molla.
La confessione arriva il 21
febbraio, quando il vicequestore Antonio Del Greco lo punge nella sua
debolezza: l'onore. Il poliziotto ha ricordato quel momento in una intervista
di qualche tempo fa a La Repubblica:
Gli dissi: se sei un uomo, dillo
che sei stato tu. E lui crollò. 'Se sono un uomo? Senta che gli ho fatto a
quell'infame'. E cominciò a raccontare
Pietro De Negri, il Canaro della
Magliana al momento dell'arresto
Per ripercorrere la sua
allucinante storia di vendetta, il Canaro cambia voce. Appare esaltato per la
sua efferatezza e per nulla pentito. Ma il suo racconto è vero solo in parte.
L'autopsia rivela che le mutilazioni sono post mortem. Ricci è morto in un
lasso di tempo di circa 40 minuti, per una emorragia cerebrale causata da una
decina di colpi inferti alla testa con un martello.
Le discrepanze tra la confessione
resa De Negri e i fatti accertati dalle indagini e il comportamento dell'uomo
convincono i magistrati a sottoporre il Canaro a una peripezia psichiatrica. A
De Negri viene diagnosticato un disturbo paranoide e una intossicazione da
cocaina che lo rende incapace di intendere e di volere. Per questa ragione,
l'uomo viene scarcerato dopo 14 mesi di custodia cautelare, perché giudicato
non socialmente pericoloso.
Ma quando torna a casa, è lui a
essere in pericolo. La famiglia e gli amici della vittima gli hanno giurato
vendetta. D'altra parte, il procedimento non è chiuso. Dopo una settimana, il
giudice Olga Capasso cambia la sua decisione e fa internare il Canaro in un
ospedale psichiatrico. In seguito a una nuova perizia, che riconosce a De Negri
una imparziale capacità di intendere e di volere, l'uomo viene condannato a 24
anni e 10 mesi di carcere.
Per la legge, la vicenda è
chiusa. Ma il dubbio che il Canaro non abbia agito da solo si allunga come
un'ombra scura sulla vicenda. Addirittura, c'è chi crede che ancora una volta
Pietro De Negri non sia stato altro che una pedina in un gioco più grande di
lui e abbia semplicemente attirato Giancarlo Ricci in una trappola ordita da
altri. Però non sono che pensieri e voci che rimbalzano tra le case, le strade
e i campi delle vecchie borgate.
Il memoriale di Pietro De Negri
Dopo avere confessato ed essere stato arrestato il 21 febbraio 1988, Pietro De Negri non solo non ritratta, ma mette nero su bianco la sua versione dei fatti in un memoriale di diverse pagine. Nella dichiarazione scritta, che viene fatta pervenire al giudice Olga Capasso il 2 marzo, il Canaro racconta i fatti che lo hanno portato a maturare la sua efferata vendetta nei confronti di Giancarlo Ricci e ricostruisce con dovizia di particolari le torture e le mutilazioni perpetrare all'ex pugile. Ma quello che colpisce davvero nel memoriale è la descrizione che De Negri fa di sé stesso. Pur riconoscendo i propri limiti, il Canaro si dipinge come un uomo per bene, un gran lavoratore e un benefattore:
Non sono uno stinco di santo. Ma
sono leale e onesto, ho un gran rispetto di me stesso e rispetto tutti coloro
che mi circondano, ma pretendo di essere rispettato. Io sono un lavoratore. Ho
la fortuna di avere le mani d'oro. [...] Ho dato tutto me stesso per gli altri,
sempre, non ho mai chiesto nulla in cambio.
De Negri spiega di essere un
grande appassionato di psicologia, che usa per capire e aiutare le persone, e
di avere sempre cercato di "inculturirsi", a dispetto del fatto di
avere la terza media.
L'uomo ripete le parole
"lealtà"e "rispetto" come un mantra e contrappone la
propria figura di uomo buono, condotto all'esasperazione dalla violenza e dalla
sopraffazione, a quella del "meschino bastardo" di Ricci. Ma
l'intento autocelebrativo va oltre e sfocia in uno sfoggio di potere, forza e
crudeltà nei confronti dell'ex pugile che probabilmente è la vera chiave di
lettura della vicenda.
DOGMAN: Marcello, il personaggio
ispirato a Pietro De Negri, il Canaro della Magliana
Il Canaro cercava riscatto e
affermazione e ha provato a ottenerli diventando un sodale di Ricci. Non solo
ha miseramente fallito, ma è stato umiliato e spinto ancora in più basso.
Quando ha trovato il coraggio di ribellarsi, con il suo resoconto grondante violenza
e efferatezza ha ritagliato uno spazio per sé nella storia. Nella storia del
male, ma nella storia. Però le sue parole sono un bluff. Ulteriori indagini
hanno accertato che le sevizie sono state perpetrare su un cadavere e non su un
uomo vivo, che i segni di cauterizzazione sono molti meno e molto meno evidenti
di quelli descritti da De Negri e che il cervello di Ricci non è mai stato
lavato con lo shampoo per cani. Chissà se anche il resto della storia - la
trappola e l'omicidio - è l'iperbole della mente di un uomo malato e
disperatamente in cerca del rispetto della società? Chissà se davvero il Canaro
della Magliana ha fatto tutto da solo?
Il Canaro della Magliana oggi
Quando le porte del carcere si
chiudono dietro Pietro De Negri, le luci della ribalta sul Canaro della
Magliana si spengono. Ma l'uomo e la sua storia si depositano nella memoria
collettiva e lì restano in attesa di tornare d'attualità. Il momento arriva a
inizio ottobre 2005. Grazie a una condotta modello e all'aiuto prestato ai detenuti
extracomunitari e malati di AIDS, De Negri esce di prigione dopo avere scontato
17 dei 24 anni previsti dalla pena e torna a casa dalla moglie e dalla figlia.
Il Canaro si trasferisce in un
nuovo quartiere, ma sfuggire al passato è impossibile. Subito dopo la
scarcerazione, i giornalisti si appostano sotto le finestre della sua
abitazione al Quartaccio e cercano di carpirgli una dichiarazione. Ma come
riporta La Repubblica in un articolo dell'epoca, le uniche parole di De Negri
sono un invito a essere lasciato in pace:
Voglio essere dimenticato. Tutto
questo clamore che ha suscitato la mia scarcerazione mi fa male. Io il mio
conto con la giustizia l'ho pagato. Chiedo di essere lasciato in pace, anche per
mia moglie e per mia figlia.Un po' alla volta, la curiosità dei media svanisce
e il Canaro riesce a scivolare in quell'anonimato che invoca. Le ultime notizie
sul suo conto sono quelle riportate in un articolo de La Stampa del 2007. Al
mattino, De Negri fa il fattorino per uno studio di commercialisti del
quartiere Prati. Al pomeriggio, realizza piccoli lavoretti da fabbro nel suo
garage. Nel tempo libero, aiuta i vicini. Tutti sanno chi è e cosa fatto, ma
nessuno sembra interessato. Anzi, qualcuno si ferma a un passo dal dire che ha
fatto bene. Invece lui, il Canaro della Magliana, i conti con sé stesso
continua a farli. Non vuole più parlare del passato, non vuole fare soffrire la
famiglia di Giancarlo Ricci né la propria.
Vuole solo essere dimenticato.
La drammatica vicenda del Canaro
della Magliana è lo spunto da cui prende le mosse il nuovo film di Matteo
Garrone, DOGMAN. La pellicola racconta la vicenda del toelettatore di cani
Marcello, un uomo piccolo e mite che si divide tra l'amore per la figlia Sofia,
la passione per il proprio lavoro e una malsano rapporto con Simoncino, un ex
pugile che terrorizza il quartiere. Tuttavia, nella sinossi ufficiale c'è un
disclaimer che rivendica la natura creativa e artistica del progetto e mette in
guardia lo spettatore da paragoni azzardati:
DOGMAN è un film che si ispira liberamente a un fatto di
cronaca nera accaduto trent'anni fa, ma che non vuole in alcun modo ricostruire
i fatti come si dice che siano avvenuti. La storia ruota intorno alla figura di
Marcello, un debole, un oppresso, che a un certo punto trova la forza di
ribellarsi al proprio destino. Non solo per sé stesso, ma per tutti coloro che
gli stanno vicino e per l'umanità intera. Ma l'esito è incerto e il fato guarda
beffardo.
A spiegarlo è stato lo stesso
regista:
[Marcello è, n.d.r.] un uomo che
tenta di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni e si illude di aver liberato
sé stesso e il suo quartiere e forse persino il mondo. L'alter ego
cinematografico di Pietro De Negri è interpretato da Marcello Fonte, mentre nei
panni di Simoncino, personaggio liberamente ispirato a Giancarlo Ricci, c'è
Edoardo Pesce. Il cast è completato da Nunzia Schiano, Adamo Dionisi e
Francesco Acquaroli. Sarà possibile non sovrapporre la realtà del Canaro della
Magliana a quella della finzione di DOGMAN? Per saperlo, non resta che
attendere l'uscita del film. L'appuntamento è per il 17 maggio 2018.
Il trailer si sofferma subito sul tema
centrale del film, vale a dire il rapporto di sudditanza esistente tra Marcello
(Marcello Fonte) e Simoncino (Edoardo Pesce). In fondo, i due uomini sono
diversissimi. Marcello vive del suo modesto lavoro di toilettatore e nutre un
profondo amore per i cani e per la sua unica figlia Sofia, mentre Simoncino è
un ex pugile abituato a terrorizzare la gente del suo quartiere.
Il film è ispirato a uno dei casi
di cronaca più efferati della fine degli anni ‘80, noto come il delitto del
canaro della Magliana. Come ha chiarito Matteo Garrone, non si tratta di una
ricostruzione dei fatti ma di una libera ispirazione che gli ha permesso di
raccontare la sua storia nella storia. I fatti reali infatti sono accaduti nel
1988, mentre il film è ambientato ai giorni nostri.
Nel lontano 1988 il toelettatore
(canaro) Pietro De Negri fu accusato del tremendo omicidio di Giancarlo Ricci,
ex pugile dilettante e delinquente di quartiere. Negri attirò l’uomo nel suo
negozio e lo torturò per ore rinchiudendolo nella gabbia dei cani. Ricci era
colpevole agli occhi del suo assassino di averlo vessato con maltrattamenti ed
estorsioni di denaro, soprattutto a seguito di una rapina di cui erano stati
complici.
Durante il processo, Negri fu
giudicato affetto da disturbo paranoide e incapace di intendere e di volere a
causa dell’intossicazione acuta da cocaina. Nonostante la perizia psichiatrica,
l’uomo fu condannato ed è uscito dal carcere nel 2005. È questa la storia che
ha colpito Garrone e a cui ha cominciato a lavorare 12 anni fa. Lui stesso ha
dichiarato di averla ripresa più volte senza portarla mai a termine e di aver
finalmente trovato la strada giusta dopo l'incontro con l’attore Marcello
Fonte: La sua umanità mi ha permesso di capire come affrontare una materia così
cupa e violenta e il personaggio che volevo raccontare: un uomo che tenta di
riscattarsi dopo una vita di umiliazioni e si illude di aver liberato se stesso
e il suo quartiere e forse persino il mondo. La sinossi di DOGMAN racconta,
infatti, di un tentativo di riscatto da parte di Marcello e di un piano di
vendetta messo in atto dopo l’ennesima sopraffazione da parte di Simoncino.
Fonte: Wikipedia, Google News, Ansa, Fox News
Fonte: Wikipedia, Google News, Ansa, Fox News
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