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mercoledì 2 gennaio 2019


Morire per rubare


(di Stelio W. Venceslai)



            Sembra che fra i nuovi provvedimenti che adotterà il Governo per il nuovo anno ci sarà la revisione della normativa in materia di legittima difesa, una questione che è, soprattutto, di buon senso, prima ancora d’essere un problema giuridico.
            Il dibattito è sempre aperto e, in fondo, con motivazioni che pur diverse sono altrettanto degne di considerazione.
            La violazione del proprio domicilio è cosa non accettabile.  La reazione è inevitabile.  La questione è se è proporzionata o meno all’offesa, ma un punto deve essere chiaro: è legittima.

            Chi viola il domicilio altrui sa perfettamente che va incontro a dei rischi. Lo deve preventivare anche se la reazione dell’offeso può essere imprevedibile.
            In tempi piuttosto calamitosi come questi, quando la gente comune è ossessionata dai furti, dall’impotenza delle Istituzioni, dalla sostanziale inefficacia delle norme penali e dall’applicazione opinabile che di queste fanno molti giudici, la tentazione di farsi giustizia da soli è molto forte. Arresti domiciliari, scarcerazioni spesso quasi immediate, sentenze che fanno a pugni con il comune buon senso non aiutano il cittadino a difendersi con saggezza e cautela e, soprattutto, alimentano il timore dell’insicurezza.
            L’uso indiscriminato delle armi da noi non è consentito come, ad esempio (ed è un triste esempio) negli Stati Uniti. Ma ciò non significa un obbligo di acquiescenza alla violenza altrui.
            Casi dove il ladro ferito viene assistito, curato e rimborsato a spese dell’”aggressore”, che invece è l’aggredito, gridano vendetta, perché sono contro ogni logica accettabile dal buon senso comune. Qualunque motivazione umanitaria non può giustificare la violazione della privacy a difesa di chi entra con intenzioni malevoli in una proprietà qualunque. Al limite, non è neppure rilevante la motivazione del bisogno che spinge taluni a impossessarsi dei beni di un altro.


            La proporzionalità tra l’offesa e la reazione è un tema elegante per chi si diletta si sofismi, ma non vive la rabbia e la paura di chi sente un intruso in casa e che difficilmente è in grado di reagire con un’arma, calibrando il bersaglio. Peggio ancora, se non avesse un’arma, potrebbe reagire in altro modo altrettanto letale.
            La legislazione attuale che consente solo dopo il calar del sole una reazione da parte di chi avverte l’intrusione è il risultato di un compromesso politico fra gli “sparatori” su tutto e su tutti e i buonisti tolleranti ad ogni costo, ma è un a soluzione stupida.
            In realtà, diciamolo pure, è una soluzione che non funziona affatto e il Parlamento dovrà trovare una normativa precisa e non suscettibile d’interpretazioni discrezionali da parte di un qualunque magistrato.
            L’automatismo legittimo della reazione rappresenta la soluzione migliore. Chi si difende da un aggressore deve essere legittimato a farlo. Il ladro, il rapinatore, il sequestratore, deve avere la certezza del rischio delle sue azioni. Di per sé, questo è già un deterrente.
            La proporzionalità della difesa dall’aggressore può essere un elemento da considerare, fermo però restando il diritto dell’offeso di difendersi.
            Il Parlamento dovrà orientarsi in un certo modo, riformulando la legislazione esistente, perché inefficace e scarsamente attuabile.
            Si parla molto di sicurezza in termini collettivi, ma non di quella individuale che, invece, va tutelata e garantita dallo Stato e se non è possibile, diversamente affidata all’interessato.
            Sono sempre più frequenti i casi in cui una persona sola o una famiglia isolata sono fatte oggetto di aggressioni, con minacce, botte e sevizie varie. C’è un senso d’impunità che aleggia nel Paese e rende possibile il moltiplicarsi del crimine e delle varie bande che si aggirano nei dintorni degli agglomerati urbani.
            La ferocia con la quale si accaniscono su persone indifese non trova riscontro in punizioni esemplari. D’altro canto, le forze dell’ordine non possono essere presenti dappertutto, a qualunque ora, né possono presidiare ogni edificio, specie se isolato.
            Il cittadino ha il diritto di proteggersi e di difendersi. La civiltà non consiste nel perdonare i cattivi ma nel garantire a ognuno la propria libertà personale.
            Se prendiamo, poi, il caso delle occupazioni abusive, sempre più frequenti, la legittima difesa, invece, non può non essere affidata allo Stato. Permangono, però, gravissime distorsioni.
            Uno esce da casa, al mattino, e quando torna trova la casa occupata da una bella famigliola, possibilmente arricchita di un infante.
            Il proprietario, bussa, urla, chiama i vicini, si dispera, si rivolge alla polizia o ai carabinieri. Niente da fare. Ci vuole il magistrato. Per la sera, può dormire in macchina se qualcuno, nel frattempo, non gliel’ha rubata. La decisione del magistrato arriverà, prima o poi, ma la famigliola non si può cacciare da una casa non sua. C’è un infante. La legge protegge i minori. Siamo un Paese civile. E da noi la legge protegge il minore a casa d’altri, non prima, quando era senza fissa dimora.
            Anche queste situazioni kafkiane devono essere risolte, come un caso improprio di legittima difesa.
            La sicurezza del cittadino deve essere tutelata. Non è una questione politica, ma la salvaguardia di un principio fondamentale di convivenza.


Roma, 28/12/2018

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