Coronavirus: fase 2 e tracciamento
Il tracciamento di spostamenti e contagi nella “fase 2” contro
il coronavirus: ne parliamo con l’esperto in sicurezza informatica Riccardo
Meggiato
di Mirko Nicolino, 12 Aprile 2020
L’Italia ha prorogato le misure restrittive
per contrastare l’emergenza coronavirus fino al 4 maggio. Da qui ad allora, le
autorità nazionali, di concerto con quelle europee, dovranno lavorare alla
“fase 2”, ovvero alla graduale e ragionata “riapertura” dell’Italia, mantenendo
al contempo il controllo dei contagi. L’ultima parola spetterà inevitabilmente
al comitato scientifico, come ribadito in questi giorni dalla politica, cui
però sono demandate decisioni importanti relative al cosiddetto “tracciamento”,
di cui si sta parlando tanto in queste settimane. Per vederci più chiaro, ne
abbiamo parlato con Riccardo Meggiato, uno dei più accreditati esperti in
sicurezza informatica.
Si parla tanto di tracciamento degli
spostamenti dei cittadini nella cosiddetta “fase 2” della lotta al coronavirus.
Puoi spiegarci in soldoni cosa vogliono fare l’Italia o l’Europa più in
generale?
“Vogliono creare un’app che, una volta
installata, tenga traccia degli spostamenti delle persone positive al virus, in
modo da poter calcolare la quantità e l’area di interazione con altri
individui. In questo modo si potranno tenere sott’occhio i contagiati e
monitorare come il virus rischia di propagarsi anche quando ci troveremo nella
Fase 2, cioè quella successiva a questo lockdown”.
Perché vengono spesso citati da media ed
esperti i modelli di Corea del Sud e Taiwan per efficacia per il tracciamento
rapido dei contatti? Sono replicabili nel nostro contesto?
“Perché si credeva che fossero degli esempi di
efficacia di questa soluzione. Tuttavia, non si tiene conto che questi paesi
sono stati capaci di contrastare il virus per un “pacchetto” di soluzioni
attivate all’unisono. Per esempio, la distribuzione a tutta la popolazione di
mascherine fin dal primo momento, e il lockdown avviato subito e in modo
restrittivo. Può darsi che l’app abbia contribuito al successo di questa
politica, ma nella stessa Corea è stata utilizzata molto dopo. La mia
impressione, ma non sono un epidemiologo, è che alla lotta al virus abbiano
contribuito altri fattori e l’app è solo la ciliegina sulla torta. In Italia,
invece, sembra diventata la panacea di tutti i mali e mi stupisco che alcuni
virologi, che nulla sanno di tecnologia, se ne facciano promotori senza sapere
di cosa parlano. È il motivo per cui io non parlerei mai di virologia. A
prescindere da ciò, va considerato che in quei paesi vigono leggi sulla privacy
molto diverse dalle nostre. Questo è una soluzione da noi meno praticabile e
meno utile, sia dal punto di vista sanitario che, soprattutto, legale”.
L’idea che ci si è fatti in linea generale è
che per tracciare rapidamente spostamenti e contatti in maniera tempestiva, sia
necessario sacrificare una porzione della privacy delle persone. C’è un modello
che consenta di proteggere al contempo le vite e le libertà? In questo senso si
parla tanto dello sfruttamento della
tecnologia bluetooth al posto del Gps, come nel caso del progetto congiunto
presentato da Google ed Apple…
“Questo è il punto essenziale della
questione: esistono soluzioni che possono sposare il rispetto della privacy e,
dopo numerosi appelli da esperti in cyber-security e privacy, pare che la
strada intrapresa sia proprio questa. Molti, tra i quali il sottoscritto, per
esempio, evidenziavano come i dati offerti da Google e Apple fossero più che
sufficienti per ottenere una soluzione efficace e in linea con le rigide norme
europee sulla privacy. Ma mai avrei sperato in una collaborazione tra questi
due giganti: è davvero un’ottima notizia”.
Sono due al momento le app in Italia
candidate per il tracciamento del COVID-19 in Italia, una sviluppata da Bending
Spoons e Centro medico Santagostino, l’altra formulata da un team di esperti e
promossa dall’ex parlamentare Stefano Quintarelli. La decisione ultima spetterà
alla task force nominata dal ministero dell’Innovazione, su quale delle due
punterebbe Riccardo Meggiato?
“Si tratta in entrambi i casi di due ottime
soluzioni ed entrambe rispettano la privacy. Di quella di Bending Spoons e CMS
si sa meno, ma le referenze dell’azienda e del centro medico sono eccellenti.
Della seconda soluzione “ad hoc” è disponibile, invece, perfino il codice
sorgente, e questo è molto positivo. Voci non confermate danno come scelta
preferenziale la prima e posso intuirne le ragioni. Bending Spoons ha già
un’ottima e lunga esperienza nel settore dello sviluppo app, quindi c’è da
aspettarsi forse una maggiore cura a livello di interfaccia, essenziale con
utenti poco avvezzi agli strumenti digitali, mentre il Centro Medico
Santagostino è noto per i processi di digitalizzazione delle sue attività. Inoltre, fattore di primaria importanza,
Bending Spoons fa già parte del progetto PEPP-PT, ossia un protocollo di
tracciamento valido in tutta Europa e sviluppato proprio per questa pandemia.
Visto che lo scenario è quello di un’app valida in tutta Europa, o comunque una
tecnologia unificata per tutti i paesi dell’Unione Europea, la scelta mi pare
abbastanza scontata. Però attenzione: il patto di collaborazione tra Goolge e
Apple potrebbe sparigliare le carte, a meno che non si vogliano adottare
entrambe le soluzioni”.


Nessun commento:
Posta un commento