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mercoledì 29 aprile 2020


Travaglista vero, antimafioso di professione






Pare che indagasse su Riina (ma aveva dieci anni, allora...) e su Messina Denaro (ma è ancora libero). L'esultanza di Morra che dice: "mafiosi prigionieri di guerra". E allora vale la convenzione di Ginevra? Si chiama Roberto Tartaglia ed è stato indicato da Bonafede come vice del Dap. In realtà sarà lui il numero 1 perché Basentini, scaricato anche da Unicost (la sua corrente) è delegittimato. È un magistrato a 5 Stelle al quadrato.

Il capo del Dap, Francesco Basentini, ormai è delegittimato. Messo alla porta prima da Renzi, poi da Giletti, poi dai davighiani, poi da Bonafede. Renzi aveva chiesto che fosse rimosso per via dei 13 morti in carcere durante la rivolta. È caduto invece per ragioni opposte: hanno scaricato su di lui la colpa di avere consentito la scarcerazione di due detenuti in fin di vita. Si sa che i moribondi si tengono in cella, che diamine! 'Sto Basentini deve aver confuso l'Italia con un Paese civile. Sciò. Non lo hanno ancora sostituito ma lo hanno commissariato.

La biografia del commissario, cioè di questo ex Pm Tartaglia, è riassumibile in poche parole: allievo di Di Matteo. Di Matteo sarebbe quel membro del Csm che ha accusato la sua collega milanese che aveva scarcerato un detenuto ottantenne, più o meno, di "intelligenza con la mafia". Cioè di avere ceduto al ricatto. Diciamo, a occhio, favoreggiamento. Di Matteo è l'ex Pm che credette al pentito Scarantino, che si era inventato tutto (o era stato imbeccato) e in quel modo mandò a puttane le indagini sull'uccisione di Borsellino. Di Matteo è quello che ha dato l'anima per mandare a processo il generale Mori, cioè uno dei pochi che dopo la morte di Falcone ha proseguito la sua opera di lotta alla mafia, giungendo, dopo 30 anni di latitanza, all'arresto del capo della mafia, cioè di Riina.

A Tartaglia non possono essere addebitate le responsabilità del suo maestro, ovvio. Ma se volete indovinare la sua dottrina serve conoscere il suo maestro. È quella squadra lì. E infatti un altro grande eroe dell'antimafia professionale, Nicola Morra, 5 Stelle doc, ha esultato per la sua nomina, peraltro avvenuta per decisione del ministro cinquestellissimo, Bonafede.

Per la verità, nella biografia ufficiale di Roberto Tartaglia, diffusa anche dall'Ansa, c'è scritto che ha indagato sui corleonesi di Totò Riina e ha svolto indagini per la cattura di Matteo Messina Denaro. Vabbè: Riina è stato catturato (dal generale Mori, cioè quello che Tartaglia ha contribuito a mettere sotto processo) nel gennaio 1993: Tartaglia aveva 10 anni. Quinta elementare. E Messina Denaro, se non siamo male informati, è ancora libero.

Ecco: le carceri ora sono in mano a questo qua. Al "piccolo Di Matteo". Chi di noi mai avrebbe pensato che dopo nemmeno due anni avremmo rimpianto lacrimando i tempi di Orlando come tempi di ipergarantismo? Quante critiche ingiuste a quel povero ministro! (Magari, se oggi dicesse qualche parola liberale anche lui non sarebbe male...).

Oggi la situazione è questa. I rosso-bruni marciano trionfanti nei palazzi della politica e in quelli della Giustizia. Sembrano inarrestabili. Avanzano senza paura di nessuno, e la gran parte di quelli che in passato si era un po' opposta, ora gli va dietro. Tartaglia negli ultimi tempi ha fatto il consulente di Morra all'antimafia. Volete che vi parli due minuti di Morra? Beh, basta dare un'occhiata all'auto-intervista che ha fatto pubblicare ieri dalla Stampa. In questa auto-intervista ci sono due perle.

La prima, di tipo squadrista, sono le minacce ai pochi giornalisti, agli avvocati, e ai pochissimi politici che si sono battuti per l'indulto o per qualche misura di riduzione del numero dei carcerati (forse nella lista dei nemici Morra ha segnato anche il Papa e il Presidente della Repubblica).

Minacce generiche ma pesanti. Sembra di capire che Morra voglia usare l'antimafia per indagare su di loro (su di noi). Indagare per che cosa? Beh, un concorso esterno non si nega a nessuno. La seconda perla è clamorosa. Morra dice che i mafiosi non devono essere scarcerati mai perché sono prigionieri di guerra. Oddio, prigionieri di guerra? Ma lo sa Morra che se sono prigionieri di guerra vanno trattati da prigionieri di guerra? Che vuol dire?

Innanzitutto che è proibito chiedergli informazioni, e dunque tutte le dichiarazioni dei pentiti dal 1981 a oggi sono illegali e prive di valore e tutti i processi di mafia vanno annullati. Quelli passati, quelli presenti, quelli futuri. Il pentitismo è finito. Bisogna tornare a fare indagini e raccogliere prove. Un vero disastro. Poi che i detenuti per mafia non possono essere isolati, e quindi salta il 41 bis. Devono essere trattati alla stregua di ufficiali dell'esercito regolare.

E sul loro trattamento deve vagliare la Croce Rossa Internazionale. È anche possibile la richiesta che siano consegnati a uno stato neutrale. Questo povero Morra, diciamo la verità, di politica e di storia ne sa poco (insegnava filosofia, credo...), è finito lì in Parlamento un po' per caso nell'andata degli uno-vale-uno. Ne può combinare di guai. Il problema è che uno degli aspetti più delicati nella vita di una nazione democratica, e cioè l'aspetto carcerario - e anche quello della giustizia - sono affidati a lui, a Bonafede, a Tartaglia e a gente così. Capite?






Fonte /di Piero Sansonetti/  Il Riformista, 29 aprile 2020

  




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