Travaglista vero,
antimafioso di professione
Pare
che indagasse su Riina (ma aveva dieci anni, allora...) e su Messina Denaro (ma
è ancora libero). L'esultanza di Morra che dice: "mafiosi prigionieri di
guerra". E allora vale la convenzione di Ginevra? Si chiama Roberto
Tartaglia ed è stato indicato da Bonafede come vice del Dap. In realtà sarà lui
il numero 1 perché Basentini, scaricato anche da Unicost (la sua corrente) è
delegittimato. È un magistrato a 5 Stelle al quadrato.
Il
capo del Dap, Francesco Basentini, ormai è delegittimato. Messo alla porta
prima da Renzi, poi da Giletti, poi dai davighiani, poi da Bonafede. Renzi
aveva chiesto che fosse rimosso per via dei 13 morti in carcere durante la
rivolta. È caduto invece per ragioni opposte: hanno scaricato su di lui la
colpa di avere consentito la scarcerazione di due detenuti in fin di vita. Si
sa che i moribondi si tengono in cella, che diamine! 'Sto Basentini deve aver
confuso l'Italia con un Paese civile. Sciò. Non lo hanno ancora sostituito ma
lo hanno commissariato.
La
biografia del commissario, cioè di questo ex Pm Tartaglia, è riassumibile in
poche parole: allievo di Di Matteo. Di Matteo sarebbe quel membro del Csm che
ha accusato la sua collega milanese che aveva scarcerato un detenuto
ottantenne, più o meno, di "intelligenza con la mafia". Cioè di avere
ceduto al ricatto. Diciamo, a occhio, favoreggiamento. Di Matteo è l'ex Pm che
credette al pentito Scarantino, che si era inventato tutto (o era stato
imbeccato) e in quel modo mandò a puttane le indagini sull'uccisione di
Borsellino. Di Matteo è quello che ha dato l'anima per mandare a processo il
generale Mori, cioè uno dei pochi che dopo la morte di Falcone ha proseguito la
sua opera di lotta alla mafia, giungendo, dopo 30 anni di latitanza,
all'arresto del capo della mafia, cioè di Riina.
A
Tartaglia non possono essere addebitate le responsabilità del suo maestro,
ovvio. Ma se volete indovinare la sua dottrina serve conoscere il suo maestro.
È quella squadra lì. E infatti un altro grande eroe dell'antimafia
professionale, Nicola Morra, 5 Stelle doc, ha esultato per la sua nomina,
peraltro avvenuta per decisione del ministro cinquestellissimo, Bonafede.
Per
la verità, nella biografia ufficiale di Roberto Tartaglia, diffusa anche
dall'Ansa, c'è scritto che ha indagato sui corleonesi di Totò Riina e ha svolto
indagini per la cattura di Matteo Messina Denaro. Vabbè: Riina è stato
catturato (dal generale Mori, cioè quello che Tartaglia ha contribuito a
mettere sotto processo) nel gennaio 1993: Tartaglia aveva 10 anni. Quinta
elementare. E Messina Denaro, se non siamo male informati, è ancora libero.
Ecco:
le carceri ora sono in mano a questo qua. Al "piccolo Di Matteo". Chi
di noi mai avrebbe pensato che dopo nemmeno due anni avremmo rimpianto
lacrimando i tempi di Orlando come tempi di ipergarantismo? Quante critiche
ingiuste a quel povero ministro! (Magari, se oggi dicesse qualche parola
liberale anche lui non sarebbe male...).
Oggi
la situazione è questa. I rosso-bruni marciano trionfanti nei palazzi della
politica e in quelli della Giustizia. Sembrano inarrestabili. Avanzano senza
paura di nessuno, e la gran parte di quelli che in passato si era un po'
opposta, ora gli va dietro. Tartaglia negli ultimi tempi ha fatto il consulente
di Morra all'antimafia. Volete che vi parli due minuti di Morra? Beh, basta
dare un'occhiata all'auto-intervista che ha fatto pubblicare ieri dalla Stampa.
In questa auto-intervista ci sono due perle.
La
prima, di tipo squadrista, sono le minacce ai pochi giornalisti, agli avvocati,
e ai pochissimi politici che si sono battuti per l'indulto o per qualche misura
di riduzione del numero dei carcerati (forse nella lista dei nemici Morra ha
segnato anche il Papa e il Presidente della Repubblica).
Minacce
generiche ma pesanti. Sembra di capire che Morra voglia usare l'antimafia per
indagare su di loro (su di noi). Indagare per che cosa? Beh, un concorso
esterno non si nega a nessuno. La seconda perla è clamorosa. Morra dice che i
mafiosi non devono essere scarcerati mai perché sono prigionieri di guerra.
Oddio, prigionieri di guerra? Ma lo sa Morra che se sono prigionieri di guerra
vanno trattati da prigionieri di guerra? Che vuol dire?
Innanzitutto
che è proibito chiedergli informazioni, e dunque tutte le dichiarazioni dei
pentiti dal 1981 a oggi sono illegali e prive di valore e tutti i processi di
mafia vanno annullati. Quelli passati, quelli presenti, quelli futuri. Il
pentitismo è finito. Bisogna tornare a fare indagini e raccogliere prove. Un
vero disastro. Poi che i detenuti per mafia non possono essere isolati, e
quindi salta il 41 bis. Devono essere trattati alla stregua di ufficiali
dell'esercito regolare.
E
sul loro trattamento deve vagliare la Croce Rossa Internazionale. È anche
possibile la richiesta che siano consegnati a uno stato neutrale. Questo povero
Morra, diciamo la verità, di politica e di storia ne sa poco (insegnava
filosofia, credo...), è finito lì in Parlamento un po' per caso nell'andata
degli uno-vale-uno. Ne può combinare di guai. Il problema è che uno degli
aspetti più delicati nella vita di una nazione democratica, e cioè l'aspetto
carcerario - e anche quello della giustizia - sono affidati a lui, a Bonafede,
a Tartaglia e a gente così. Capite?
Fonte /di Piero Sansonetti/ Il Riformista, 29 aprile 2020
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